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Andrea Aprea
Corso Venezia 52. Segnatevi questo indirizzo. È qui che Andrea Aprea tornerà a incrociare coltelli e tegami per la sua nuova avventura meneghina che prenderà il via all'inizio del nuovo anno. Poco più di 6 mesi dopo aver lasciato il Park Hyatt dove aveva messo a punto una cucina di chiara impronta italiana - ma con accenti campani, espressione delle sue origini - raffinatissima e di gran carattere. Frutto di 10 anni di lavoro in sincronia con una squadra con cui ha costruito identità, cuore e anima del Vun, il ristorante che, con una crescita lenta ma costante, si è imposto nel panorama nostrano, conquistando sempre più il cuore dei clienti e i favori della critica: che splendide Tre Forchette le sue! E che lucidità nel perseguire un lavoro certosino, fatto di crescita continua. Una crescita che oggi sposta il suo traguardo altrove, a Palazzo Bocconi-Rizzoli-Carraro, sede Museo di Arte Etrusca voluto dalla Fondazione Luigi Rovati: 5 piani firmati dal team di Mario Cucinella Architects. È l'avvio di un nuovo progetto, “una straordinaria sfida personale e professionale” dichiara Aprea.
Andrea Aprea: ristorante e Bar-Bistrot nella Fondazione Rovati
210 metri quadrati e 32 coperti nell'ultimo piano dell'edificio dell'800, con la grande vetrata panoramica che affaccia sul parco di Porta Venezia. Ma il progetto è su più piani: se nel roof c'è il main restaurant che porta il nome dello chef, al piano terra si raddoppia con il Bar-Bistrot, vera novità per lo chef di origini campane. Entrambi gli spazi sono firmati dall’architetto Flaviano Capriotti, che tesse un fil rouge tra la tradizione milanese e gli spunti contemporanei di opere d'arte site specific realizzate da giovani artisti.
La connessione tra ristorante e location – frutto di una profonda condivisione di obiettivi e valori tra Aprea e la famiglia Rovati - del resto è strettissima, e l'apertura regalerà a Milano un luogo che Aprea difinisce “una nuova destinazione per l’arte, la cultura, l’educazione e la scoperta di inediti percorsi gastronomici”. E in questo luogo lo chef rappresenta un asso nella manica: “che darà un valore aggiuntivo importante al museo che si muoverà, intorno alla propria offerta culturale, con una strategia nuova, per Milano e il Paese, di multifunzionalità e di pluralità di servizi” afferma Giovanna Forlanelli, Vicepresidente della Fondazione Rovati.
La cucina di Andrea Aprea
“Mi interessava fare una cucina italiana contemporanea” ci diceva qualche mese fa, e oggi quella definizione si rivela quanto più attuale tanto più interpretiamo “contemporaneo” come "in grado di leggere il presente", quale che sia. E il presente – ne abbiamo avuto prova in quest’ultimo anno e mezzo – è mutevole e imprevedibile. Ben lo sa uno come Aprea, che ci spiegava che il suo approccio si basa su continui aggiustamenti, riflessioni, analisi dell'andamento quotidiano. Un metodo scientifico che fa tesoro di esperienze, successi e fallimenti per avere sempre una visione attenta e precisa sul ristorante nel suo complesso, convinto che il cibo sia il tassello di un progetto più articolato. Che dalla cucina trae nutrimento e direzione. A indicare la strada sono quei sapori fortemente evocativi, riconoscibili eppure nuovi, con un gusto deciso che pare volersi infilare nella testa, dopo esser passato per il palato. Perché Aprea, l'evoluzione della cucina della memoria la vede tutta lì, in quel sapore dritto e potente che arriva in tavola come una compressione pronta a esplodere al primo assaggio. “Una dinamite” ci diceva a proposito della Patata in stagnola all'amatriciana, uno dei signature come pure la Caprese dolce-salata, divertente trompe l'oeil sintesi di un percorso di andata e ritorno tra Napoli e Milano, o il Ri-sotto-marino, uno degli ultimi nati. Esempi di una cucina che sa rileggere i sapori familiari con grinta e grande stile. Quella cucina che oggi trova casa in uno spazio tutto nuovo.
a cura di Antonella De Santis
Foto: Daniele Portanome per Fondazione Luigi Rovati