Chi è Jonathan Trombini
“Con le consulenze ho percorso 300.000 km in due anni e mezzo poi è arrivato Bruno, il mio bimbo, e mi son detto: facciamo che ci voglio stare con il mio figliolo”. A parlare è Jonathan Trombini, faentino, uno dei giovani maestri della panificazione moderna. Vent’anni di esperienza nel campo dell’arte bianca, si è fatto apprezzare e conoscere dal pubblico e dalla critica per il suo lavoro in alcune importanti imprese romagnole (con l’apice di O Fiore Mio Hub di Davide Fiorentini a Faenza) e poi, dal 2020, si è messo in gioco nella libera professione, come docente presso diverse scuole del settore e come consulente, sia per attività private che per aziende affermate.
Gli Allocchi a Marradi
Trombini da tempo covava il sogno di aprire una sua pizzeria, incentrata sulla semplicità. Lo ha fatto lo scorso marzo, a Marradi, la patria di Dino Campana, chiamandola Gli Allocchi (come il poggio, la galleria e l’acquedotto che ha permesso il rifornimento idrico della zona da fine ‘800). “Io mia moglie potevamo scegliere di abitare insieme a Faenza o a Marradi (che è il suo paese). Abbiamo scelto Marradi per i tempi: i tempi della vita e anche i tempi della natura. Il passaggio delle stagioni qui lo vedi chiaramente. Per dire, in città ti accorgi che è arrivato l’autunno solo quando noti tutte le foglie per terra. Abbiamo scelto la collina, l’Appennino, non c’è paragone”.
Sul versante romagnolo dell’Appennino Tosco-Romagnolo – però in provincia di Firenze - Marradi è un paesino di 2900 abitanti, un borgo dove la vita scorre tranquilla, apparentemente immutabile. Zona di boschi di castagno, situata in una gola aperta dal fiume Lamone, territorio di colline e sentieri, paradiso per gli escursionisti, non è proprio a portata di mano: 1 h e 40 da Firenze (in mezzo c’è il Mugello, con la cesura del passo della Colla), 50 minuti da Faenza, che è il grande centro più vicino, anche culturalmente. Questo è il luogo che Trombini ha scelto per vivere e lavorare. Con l’hashtag #statecivoiincittá sui social gioca sulla sua decisione: “È stata una scelta azzardata, perché stavo vivendo un periodo decisamente florido della mia vita, ho fatto il consulente per tre anni, una cosa molto costruttiva, bella e anche vantaggiosa a livello economico. Mi hanno detto tutti che ero matto ad aprire una pizzeria”.
A marzo 2023 ha rilevato in paese un locale che da vent’anni apriva solo il venerdì, il sabato e la domenica: “Qui non c’è l’abitudine a mangiare una pizza che abbia un certo tipo di ricerca alla base. E io non faccio niente di straordinario, sono molto lontano dal gourmet. Faccio una pizza tonda al piatto con pasta di riporto, però ovviamente la lavoro per benino”: il salto è stato enorme rispetto alla concezione di pizza cui si è abituati nei piccoli centri. “Son convinto che qui si può far bene. Mi dicono: la tua pizza è buonissima, la notte non bevo, è digeribile, leggera. Per me dovrebbe essere la normalità, è quello che in questi anni ho comunicato e insegnato a centinaia di persone”.
Gli Allocchi: una pizzeria normale
La normalità per un professionista del calibro di Trombini presuppone ovviamente una tecnica, una cura dell’ingrediente e un controllo di tutti i processi che stanno alla base del prodotto sfornato che non sono poi così scontati. “Le verdure non le butto sulla pizza e basta. Il pomodorino lo asciugo, la cipolla la faccio stufata, il radicchio lo cuocio in forno. Per la Tonno e Cipolla, ad esempio, lavoro dei filetti di tonno da 1 kg, abbinandoli alla cipolla stufata: è diventata una delle pizze più vendute”: come trasformare un abbinamento bistrattato in una pizza di valore. “A me interessa fare le cose per bene, non dare definizioni altisonanti. Alle pizze speciali in menu ho dato i nomi dei luoghi caratteristici di Marradi: c’è un castellone abbandonato e in menu ho la pizza Castellone, ci sono gli Archiroli, che è una via molto pittoresca del paese”: la Castellone, ad esempio, è una pizza con pomodoro, provola affumicata, radicchio al forno, prosciutto cotto e ricotta salata, mentre Archiroli è un calzone ripieno con fiordilatte, Parmigiano Reggiano, ricotta, gambuccio e pepe. “Ho 6 o 7 opzioni un po’ più strane, per il resto sono pizze normali. Però, per dire, una Margherita fatta bene, con la mozzarella vera, di qualità, qui forse non si era mai vista, quindi la risposta è positivissima. Era ed è una pizzeria di paese, con una concezione un pochino più consapevole del mestiere”.
I fornitori di Jonathan Trombini
Nonostante Trombini ci tenga più volte a ribadire che non è sua intenzione fare pizza “gourmet”, la ricerca sulle materie prime c’è ed è attenta: “Io faccio le pizze nel modo migliore che posso, cercando di utilizzare i migliori ingredienti che i prezzi che devo mantenere in menu mi consentono”. Il nodo di una pizzeria che vuole essere un riferimento quotidiano, normale, popolare, ma con coscienza, sta tutto qui: non si può superare un certo livello di prezzi, ma non si deve scendere a compromessi con la qualità e la salubrità dei prodotti serviti ai clienti. “A parte mozzarella e provola, che arrivano direttamente dalla Campania, pesco dal territorio. Qui a Marradi ci sono diversi caseifici e poi c’è la Macelleria Di Sasso, che lavora molto bene, con allevamento proprio, e mi fornisce ciò di cui ho bisogno; di agricoltura in collina non c’è molto, alcuni ortaggi li produco in prima persona nel mio orto, il resto lo reperisco nelle zone vocate”.
Sul versante bere, oltre a un paio di opzioni di vino da battaglia, è la birra de La Mata a prendere la scena. “È un birrificio artigianale di Solarolo, paesino nelle campagne di Faenza. Erano fornitori anche da O’ Fiore Mio, sono amici, li conosco da anni, ho scelto loro perché coltivano in proprio l’orzo: il loro slogan è ‘Coltiviamo Birra’, partono dal campo e poi chiudono il ciclo con il birrificio. Ho la proposta alla spina da battaglia e sei proposte in lattina, in più ad ottobre – quando a Marradi ci sarà la sagra delle castagne che attira migliaia di persone - introdurrò anche la birra alle castagne”.
Le farine Mariani e Giuliano Pediconi
Discorso a sé la scelta delle farine, che chiama in causa il rapporto professionale e affettivo che Trombini ha da un decennio con il Molino Paolo Mariani di Barbara (AN). Non potevano che essere i grani prodotti da Giuliano Pediconi i protagonisti della sua pizzeria. “Per tanti anni sono stato al fianco di Giuliano, è il mio maestro di pane, un padre putativo per me, in un certo senso. È una presenza meravigliosa nella mia vita”. Trombini ha cominciato a lavorare con Pediconi nel 2013 e, come allievo prediletto, davanti a lui con il Molino Mariani si aperto un mondo nuovo nella concezione del pane e della pizza. Insieme hanno avviato i QBio di Forlì e di Cesena, i QCorner di Forlì e di Faenza e, dopo la parentesi di O’ Fiore Mio Pizzeria, per Trombini è arrivato O’ Fiore Mio Hub, la consacrazione di un percorso professionale. “Quello lì ero io a 360 gradi. Poi l’evoluzione naturale è stata quella di rilevare una pizzeria nel paese dove mi piace stare. Perché voglio stare con mio figlio, perché adoro abitare lì. Se avessi aperto a Faenza, non ci sarei stato a casa, anche se lì avevo offerte di finanziatori, però la conclusione sarebbe stata che non avrei cresciuto mio figlio e non sarei stato nel posto che amo. Quindi ho deciso di fare questa cosa qua. Fra una decina d’anni saprò dire se ho avuto ragione”.
La proposta a Gli Allocchi
“Ho voluto aprire una pizzeria normale, con le cose fatte bene, senza snaturare il mestiere del pizzaiolo. Sembra quasi che oggi non si possa fare pizza senza fare voli da gourmet, ma penso che non è obbligatorio farlo”. Sottolineando più volte il concetto di pizzeria “normale”, Jonathan Trombini ci tiene a non rendersi protagonista al posto del cibo servito in tavola, anche se, con un tecnico come lui, è impossibile non scendere nei dettagli degli impasti. Le farine Mariani qui a Gli Allocchi sono interpretate in un impasto classico: “Lo lavoro con 50% di prefermento di tipo 1, poi ci vado sopra con una farina 0. Si fa 24 ore di prefermento, 24 ore la pallina e poi viene utilizzato. Un paio di giorni prima dell’alluvione avevo tirato fuori l’impasto integrale, sempre con il monocultivar dell’azienda, 100% integrale. È una bomba. Pian pianino inserisco le novità per mantenere l’offerta dinamica”. Oltre alla pizza, Jonathan cura in casa tutta l’offerta, dai fritti – supplì, crocchette di patate, fegatini in carrozza - ai dolci. Una linea di pasticceria semplice, con profiteroles, meringhe, tartufo bianco e tartufo nero. E qui arriviamo al nodo del personale: “Ho con me una persona (la ex titolare della pizzeria che ho rilevato) che segue il servizio, ma in cucina sono da solo. Sto avendo difficoltà, ovviamente, a reperire personale: uno dei punti critici di avere l’attività in un paesino è trovare persone, dato che la maggior parte dei marradesi lavora fuori, soprattutto a Faenza. Comunque, nonostante gli ostacoli, non mollo. Continuando a cercare un pizzaiolo, perché facendo da zero tutte le preparazioni il tempo mi vola via”.
I danni dell’alluvione
Gli Allocchi ha aperto i battenti a marzo e a metà maggio è arrivata l’alluvione a devastare tanta parte della Romagna. “Qui non ha inciso tanto per i danni fisici, l’acqua è andata giù, i disastri li ha fatti a Faenza, penso a Davide Fiorentini e a O’ Fiore Mio, un dolore (Questo il link del crowdfunding per la campagna “Vogliamo far rinascere 'O fiore mio hub!”). Il problema, invece, è che da noi sono franate tutte le strade. Ne hanno subito riaperta una, una sorta di sentiero, praticamente, che ci ha permesso, con non poche difficoltà, di muoverci. All’inverso, però, una persona, per venire a mangiare una pizza, non si fa da Faenza 50 km in un sentiero. E quindi io dal giorno dell’alluvione ho subìto un calo del 50% dei clienti”: a due mesi dall’apertura certo non una passeggiata da affrontare. La notizia positiva delle ultime ore è che la frana di San Cassiano non ostacola più la viabilità e la provinciale da Brisighella è finalmente riaperta da lunedì 19 giugno. Del resto, nonostante amministrativamente Marradi si trovi in Toscana, per motivi geografici è la Romagna il riferimento territoriale e culturale: “Io sono romagnolo, il mio percorso professionale l’ho fatto lì, le persone conoscono il mio lavoro e da lì venivano a mangiare in massa qui da noi”.