Alert ristoranti: come riconoscere le fregature

17 Giu 2024, 16:21 | a cura di
È successo a tutti di prendere una fregatura al ristorante, sono cose che capitano, ma che si possono evitare facendo attenzione ad alcuni campanelli d'allarme

È successo a tutti di rimanere delusi da un ristorante, e spesso la colpa è nostra, rei di aspettative troppo alte o inadeguate al tipo di locale prescelto, o di aver ignorato i molti segnali che avrebbero potuto evitarci una la fregatura. Perché – ebbene sì – ci sono delle red flag che possono metterci in allerta. Sta a noi coglierle.

I consigli della redazione per evitare le fregature (ma ogni tanto è bene rischiare)

Il nostro non è un manuale infallibile, perché si tratta di consigli basati sulle esperienze personali e che talvolta vengono smentiti da altre esperienze personali: quanti ristoranti bruttarelli, con neon accecanti e menu improbabili hanno riservato al momento giusto qualche chicca incredibile? Spesso si tratta di locali meno scafati, di quelli che peccano un po' di ingenuità ma che offrono una cucina solida, due o tre piatti che valgono il ritorno, un'atmosfera o una cantina tali da far dimenticare il resto. E poi, diciamocelo, molte delle migliori esperienze sono proprio quelle inaspettate, che contro ogni previsione hanno regalato delle cene memorabili. Per questo insieme aggiungiamo un altro consiglio oltre a quelli che trovate di seguito: ed è di buttarsi e correre qualche rischio ogni tanto. Alla peggio, nessuna delusione: eravamo già preparati.

menu ristorante

Occhio al menu: dicono più di quanto si creda

«Per la mia esperienza se mi imbatto in un menu con refusi e/o piatti improbabili di solito non promette nulla di buono».
Clara Barra

No smoking area

«Comportamenti scortesi, offensivi, irridenti del proprietario o dello chef, nel mondo reale o in quello virtuale, sono un ostacolo insormontabile, e mi mette in cattiva disposizione d'animo anche trovare il personale fuori dal locale a fumare nel bel mezzo del servizio o appena prima, già in divisa (capita, capita, soprattutto in locali più rustici): non posso non pensare all'odore delle sigarette che rimane loro addosso, una volta rientrati. Segnali di trascuratezza, sporcizia, cattive pratiche, ma anche mondanità sfrenata mi allontanano. Per quanto riguarda la cucina, poi, la rete è disseminata di indizi che cerco con caparbietà, mi piace trovare se non l'elenco preciso di tutti i piatti, almeno un'idea abbastanza fedele, anche perché sono molto lenta a ordinare, e cerco di evitare al tavolo e al personale di sala lo strazio della mia indecisione. Non mi piacciono i menu infiniti, i piatti ostentatamente fuori stagione, il famolo strano, gli ammiccamenti, le pesantate, ma sono disposta a pescare qua e là, sbirciando anche ai tavoli accanto, cercando con pervicacia qualcosa che possa andare, soprattutto se non ho scelto io il ristorante».
Antonella De Santis

In Spagna, insegna di cattivo gusto

Il buongiorno si vede dall'insegna

«Un buon motivo per non entrare in un locale è l’insegna, dubito di quelli che hanno nomi tipo Rimpinzamose (esiste davvero). Poi l’illuminazione, quasi sempre inadeguata, troppa o troppo poca. Passi quella al neon, ma solo nel caso di trattoria semplice dove si sta strabene, si mangia meglio e costa il giusto. Se il personale o i titolari sono scortesi, non ci vado più neanche sotto tortura. Idem per bagni sporchi e ovviamente se mangio male o in caso di cibi e piatti avariati».
Mara Nocilla

Beliked

Ristoratori: comportatevi bene!

«Prima di prenotare in un posto nuovo io ne cerco i riferimenti su internet per dare un'occhiata alla proposta, quindi pagine social, siti web (che sono ormai sempre più rari) e recensioni online. Sui social il primo alert: se la pagina ha contenuti livorosi, razzisti, complottisti più adatti a un profilo personale che alla pagina di un pubblico esercizio, per me l'esperienza si chiude qui. Secondo segnale di allarme che colgo è nel comportamento digitale dei titolari dei ristoranti sulle piattaforme di recensioni: se le risposte che i ristoratori danno ai clienti, anche quando questi ultimi muovono critiche assurde, sono maleducate, derisorie o violente, chiudo e passo direttamente altrove. Fondamentale il menu online, sia per i prezzi che per capire la tipologia di cucina e qui altro alert per me importantissimo: se il menu è sterminato, non compatibile con una cucina espressa e l'approvvigionamento di materie prime fresche, non si tratta sicuramente di un'insegna che mi interessa. Quando il menu, invece, ha dimensioni "umane" proseguo nell'analisi della proposta: fragole, zucchine e melanzane a dicembre? Carciofi tutto l'anno? Questa cucina non fa per me».
Pina Sozio

La sorpresa nascosta tra menu turistici e fregature palesi

«Sarà un'ovvietà, ma non c'è effetto più respingente di quello esercitato dai menu plastificati esposti fuori dai locali. Urticante se lunghissimo e corredato di servizio fotografico, tossico se dichiarato "turistico", quasi peggio dei (poveri) "buttadentro" che non aspettano altro che incrociare uno sguardo smarrito per fagocitarne il titolare nel presumibile mangificio che li ha ingaggiati in un ruolo così ingrato. Però: se il buon senso impone di non fare di tutt'erba un fascio, l'esperienza pure insegna che, ogni tanto, se ce la raccontiamo come un'eroica esplorazione del mondo, buttarsi a kamikaze nella fregatura lampante è un esercizio dell'intelletto che, una su un milione, ripaga anche sul piano pratico. Magari con lo spaghetto alle vongole migliore, se non della tua vita, delle ultime settimane, o di tante cene a casa di amici. Di certo quello che non ti saresti mai aspettato in quel posto. E non è poco».
Valentina Marino

gamberi

Girare al largo da mode, ingredienti e piatti wannabe

«Tra le mie red flag ci sono: i prodotti fuori stagione; i classici di altre regioni in menu, a meno che non sia un ristorante dichiaratamente regionale; il rischio wannabe: piatti con troppi ingredienti, perlopiù decontestualizzati con l’utilizzo di ingredienti “modaioli” o troppo piacioni (stracciatella, gamberi crudi, foie gras…). E poi la carta dei vini: non hanno vini del territorio o solo vini del territorio, insomma gli estremi non vanno bene».
Annalisa Zordan

 

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