Se passi dal suo ristorante fuori dall’orario di servizio puoi trovarlo testa bassa e mani a terra a raccogliere pomodori in quantità, zucchine gialle e verdi, peperoni, cipolle o peperoncini che diventeranno parte integrante dei suoi piatti. Un orto enorme, in continua evoluzione e pieno di vita, creato in pieno lockdown nel parco di Villa Zarri a Castel Maggiore, alle porte di Bologna, dove ha il ristorante lo chef Agostino Iacobucci, Due Forchette per il Gambero Rosso e una Stella Michelin, che lì passa buona parte del tempo libero assieme alla sua brigata, folgorato sulla via della campagna come prima di lui Enrico Crippa e, tra gli ultimi in ordine di tempo, Carlo Cracco con l'azienda agricola di Santarcangelo di Romagna.
Il lockdown e la nascita dell'orto di Agostino Iacobucci
“Ho chiuso l’8 di marzo” racconta Iacobucci che dal 2019 gestisce questo spazio di trenta coperti all’interno di una villa del 1500 “e ho riaperto il primo giugno, ma non sono stato fermo un giorno. Finalmente ho dato vita al progetto che avevo nel cassetto da tempo, quello di un orto a due passi dalla cucina del ristorante da cui attingere ogni giorno verdure e aromi per rendere la mia cucina ancora più sostenibile”.
E “sostenibilità”, intesa come ritorno alla naturalezza, è il termine che più di tutti esprime la cucina di Iacobucci in questo momento: “l’orto rappresenta pienamente il nostro progetto di dedizione al lavoro. Coltivare la terra ci fa capire il valore di un prodotto a 360° e anche il risultato finale è valorizzato da tutta la vita dell’alimento che passa fra le nostre mani ”.
La riapertura del ristorante
“Il lavoro prima della chiusura stava andando piuttosto bene” racconta Iacobucci “avevamo fidelizzato la clientela, grazie anche ai riconoscimenti ricevuti, e stavamo facendo un lavoro di ricerca sui piatti. Poi Il Covid -19. Ma abbiamo atteso fiduciosi, riaperto appena possibile senza nessun cambiamento di prezzo ma con la novità dell’orto, un vero segno di rinascita e positività. E i clienti ritornano”.
La riapertura del ristorante, dopo la chiusura forzata e la santificazione necessaria, è l’occasione per gustare i primi frutti del suo orto, trasformati con grande tecnica e passione in una vera propria esplosione di gusto. Si possono scegliere diversi percorsi gustativi, come quello “Campania” sua terra d’origine, “Emilia” suo luogo di adozione, un menu interamente vegetale o il percorso consigliato dallo chef. In tutti,i vegetali rivestono un ruolo fondamentale per la piena riuscita del piatto.
Il lavoro sui vegetali e i piatti di Agostino Iacobucci
Come nell’insalata dell’orto dove lunghi nastri di zucchina verde, gialla e cetrioli avvolgono delicatamente punte di asparagi e carote, condite con una salsa di agrumi, erbe profumatissime sempre dell’orto, e piccoli fiori blu, il tutto con una consistenza che sorprende il palato. “Le verdure vengono cotte con una tecnica particolare che utilizza il ghiaccio e il sale” spiega Iacobucci “che le mantiene croccanti conservando la loro natura vegetale”.
Stessa cosa accade con il sedano rapa che viene cotto a bassa temperatura in una grossa crosta di sale. Una volta liberato dal guscio viene affettato sottilissimo, quasi impalpabile e molto croccante, servito con mandorle e contrastato con uova di trota e olio al rosmarino.
E i pomodori che coltiva in almeno cinque diverse varietà e che raccoglie ogni giorno? Vengono riempiti di mozzarella di bufala campana, accompagnati da sfere di anguria e melone e bagnati da un brodo estratto a freddo di mela verde, cetriolo e finocchio a cui si affianca un gelato di pomodoro verde e arancia che chiude magistralmente il piatto.
La melanzana diventa una piccola sfera lucidissima che viene presentata a tavola come benvenuto e che esplode in bocca al gusto netto di parmigiana, mentre il ravanello viene fermentato e servito con maionese d’ostrica e fiori di nasturzio. La stessa melanzana dell’orto si trasforma ancora diventando, dopo molto studio, un misterioso brodo affumicato e pieno di sapore che accoglie cubi di pane tostato, mozzarella campana e ricci di mare sovrastati da foglie di basilico rosso e verde. “Io vengo da un mondo contadino, dove l’orto faceva parte della vita quotidiana. Averne oggi uno tutto mio è una cosa bellissima” dice orgoglioso Iacobucci “un viaggio sensoriale molto emozionante che mi fa scoprire cose nuove ogni giorno”.
Rimangono naturalmente in menu i piatti iconici che hanno costruito l’identità e il valore di Iacobucci come i suoi ravioli tra Napoli e l’Emilia, il piccione con ciliegie e foie gras, la fassona piemontese e il mitico babà, solo per citarne alcuni.
La grande sala luminosa è molto accogliente, composta da dieci tavoli tondi ben distanziati per un totale di circa trenta coperti ed è affidata a Fabio Valente e Jacopo Gelussi (che cura la carta dei vini) che si muovono con professionalità ed eleganza fra i tavoli, raccontando in modo puntuale i piatti pensati dallo chef e suggerendo abbinamenti con i vini in carta. Agostino Iacobucci? Lo trovate in cucina, sempre che non sia fuggito nell’orto a raccogliere l’ultimo frutto.
Agostino Iacobucci - c/o Villa Zarri - Castel Maggiore (BO) - Via Ronco, 1 - 051 4599887 - www.agostinoiacobucci.it
a cura di Tommaso Costa