Chef che chiudono per sempre
Alla fine del 2019 il Fäviken chiuderà. Per sempre. E la notizia, che rimbalza dalla Svezia in tutto il mondo gastronomico, non arriva certo come un fulmine a ciel sereno, considerato il numero crescente di defezioni alla causa dell'alta ristorazione registrato negli ultimi anni. Partendo proprio dall'Europa, è toccato prima a Kobe Desramaults (nel frattempo rientrato in cucina a Gand, con Chambre Séparée), poi, sempre in Belgio, a Gert De Mangeleer, che a dicembre 2018 ha concluso il progetto Hertog Jan, con l'intenzione di perfezionare nuovi progetti, più informali, come più di recente ha scelto di fare il neotristellato Dani Garcia (proprio all’indomani della conquista della terza stella), in Spagna. Ma anche dall'altra parte del mondo si segnalano casi di chiusure eccellenti. Gaggan Anand, per esempio, ha annunciato per tempo il desiderio di chiudere il suo ristorante a Bangkok fintanto che è all'apice del successo; e Gaggan servirà gli ultimi ospiti alla fine dell'anno, prima che la chef star indiana possa lanciarsi in nuovi progetti di ristorazione. Mentre più repentino è stato l'addio di Andre Chiang, che nell'inverno 2018 ha scritto la parola fine sulla fortunata esperienze di Andrè, probabilmente la meta gastronomica più ambita di Singapore. Ora tocca a Magnus Nilsson, che il suo ristorante l’ha ideato e condotto per 11 anni in una delle terre più remote (e inospitali) del pianeta, circa 600 chilometri a nord di Stoccolma, nella contea dello Jamtland.
Magnus Nilsson chiude Fäviken. Non c’è più emozione
Tra le nevi di Jarpen il pensiero gastronomico del giovane Nilsson, che all’epoca dell’apertura aveva appena 24 anni (“tutto quello che volevo fare era cucinare il mio cibo, nel mio ristorante”), ha saputo maturare in simbiosi con un territorio che ineluttabilmente influenza i tempi di produzione e consumo della materia prima, al servizio di “un tipo di ristorante che non esisteva prima e probabilmente non esisterà più dopo il Fäviken”, racconta lo chef nel video di commiato pubblicato dal Los Angeles Times. E proprio sull’emozione di vivere e lavorare in un contesto così peculiare ha fatto affidamento in tutti questi anni Nillson, capace di fare del Fäviken una delle mete gastronomiche più ambite dei viaggiatori gourmet di tutto il mondo (probabilmente anche per la sfida di raggiungerlo). Ma, continua Nilsson nella sua confessione a favore di camera, “qualche tempo fa mi sono alzato dal letto e, per la prima volta in vita mia, non ho sentito l’emozione di andare a lavorare. Ho iniziato a capire che per Faviken era arrivata la fine”. E, prosegue, “non volevo offrire un’esperienza finta, fare qualcosa che non fosse all’altezza di ciò che ho fatto per 11 anni”.
Gli ultimi 6 mesi del ristorante
Non una decisione repentina, e anzi ponderata per evitare disagi alla squadra che del Fäviken è stata il motore – “ho dato loro il tempo per rifarsi una vita” – ma pure per evitare corse alla prenotazione dell’ultimo tavolo (e questa non è una buona notizia per quanti speravano di rimediare in extremis): “Non volevo che la gente venisse solo dopo aver saputo che avremmo chiuso per sempre. Per questo ho aspettato ad annunciare la chiusura finché non ho avuto la garanzia di aver ‘venduto’ tutti i posti a disposizione sul libro delle prenotazioni”. Dunque cominciano così gli ultimi sei mesi del Fäviken, che chiuderà alla fine di dicembre 2019, prima dell’addio: “Voglio che siano i sei mesi migliori di sempre, lavorando come se tutto fosse normale”.
Un po’ di riposo
Progetti per il futuro? Nel 2018 Nilsson – che è protagonista anche di una puntata della serie Chef’s Table – aveva avviato una serie di progetti collaterali improntati a un approccio più informale, per tutte le ore della giornata. Difficile pensare che l’esperienza possa continuare oltre il ristorante (ma resteranno aperti la rivendita di salumi e il negozio di Undersaker). E del resto, le conclusioni cui giunge lo chef sono chiare: “Non ho in mente altri progetti. Passerò il mio tempo con la famiglia, riposerò e mi manterrò in forma, fisica e mentale. Non voglio mentire, sono un po’ stanco”. Proprio questa riflessione solleva ancora una volta la questione sulla necessità di ripensare i ritmi serrati delle cucine, posizione che sempre più chef iniziano a sposare. Mentre per Magnus già arrivano le parole di stima di René Redzepi, rattristato dalla chiusura del Faviken, “uno dei pasti più memorabili di sempre”: “Buona fortuna Magnus! Non vediamo l’ora di sapere cosa succederà dopo”. Aspettativa condivisa da molti.
a cura di Livia Montagnoli