Non cedere alla disobbedienza civile
Mentre si attende il verdetto sulle nuove, annunciate restrizioni che interesseranno l’Italia almeno per un mese (ma il Dpcm che entrerà in vigore il 16 gennaio potrebbe protrarre i suoi effetti per 45 giorni, stando a rumors non confermati) come del resto sta accadendo in tutta Europa purtroppo, il settore della ristorazione si ritrova, ancora una volta, in balia degli eventi. Ma il malumore, diffuso e generalizzato, rischia di trasformarsi in uno sterile appello a trasgredire le regole, anziché cercare di far valere la propria voce attraverso azioni condivise e legali. L’allarme arriva dalla Fipe, che nelle ultime ore ha ravvisato la diffusione a mezzo social di un invito alla disobbedienza civile molto pericoloso. In poche parole, c’è chi sta incitando ristoratori e baristi ad aprire comunque nel weekend (quando, stando alle anticipazioni, tutta Italia dovrebbe trovarsi in zona arancione), in barba alle restrizioni, promettendo azione legale gratuita a chi riceverà sanzioni per aver contravvenuto alle regole. Fipe, pur capendo la disperazione e l’esasperazione cui il governo sta portando al categoria, condanna questo atteggiamento: “Queste manifestazioni - certamente risultato di politiche improvvisate e programmazioni inesistenti, unite alla disperazione di una categoria senza più ossigeno - lasciano il tempo che trovano e, in più, vanno contro normative a cui nessun legale può opporsi” spiega Matteo Musacci, presidente regionale Fipe Emilia Romagna (e Vicepresidente nazionale): “Si tratta di gesti radicali e inconsulti, che non possiamo appoggiare. Ecco perché Fipe ribadisce a gran voce di non aprire, perché poi le sanzioni vanno pagate, e contravvenire alle regole comporterebbe anche l’imposizione di chiusura”. Ci si riferisce all'ampio movimento che si sta coagulando attorno all'idea di boicottare il Dpcm e di aprire i ristoranti a dispetto di ogni regola dal 15 gennaio in poi.
Fipe chiede spiegazioni al governo
Dunque la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi si oppone con fermezza alla protesta di pancia, pur ribadendo il suo dissenso per quanto sta succedendo: “Credo che il governo farebbe bene a controllare il territorio, invece di massacrare un settore che invece è già di suo massacrato. È il caso di dire 'Basta', la misura è colma. Nessuno ci coinvolge e la mattina ci vediamo le notizie sui giornali", ribadisce Roberto Calugi, direttore generale di Fipe, stigmatizzando l'ipotesi al vaglio del governo circa lo stop all'asporto dopo le 18 per i pubblici esercizi. “Il problema è l'asporto dei bar e dei ristoranti dopo le 18? Mi viene da ridere... La questione è che se ci sono dei bar e dei ristoranti, come anche dei supermercati, che sbagliano e non applicano le regole, allora solo quelli devono essere chiusi. Chi sbaglia paga ma non si può giocare sulla pelle delle persone, con annunci di questo genere che gettano centinaia di migliaia di persone nello sconforto”.
I ristori non bastano mai
Nel frattempo, la Federazione chiede anche di intervenire sui ristori: “Si intervenga subito con uno scostamento di bilancio e si mettano in sicurezza quante più imprese possibili. L'anno scorso sui ristori è stata messa una cifra di 2 miliardi 490 milioni di euro per 300mila imprese. Bisogna perlomeno raddoppiare questa cifra", continua Calugi. Che insiste anche sulla questione affitti – “Bisogna intervenire sugli affitti, è necessario. Sarebbe un'operazione sostanzialmente a costo zero per lo Stato, si tratterebbe di dare degli incentivi fiscali ai proprietari delle mura che accettano di ridurre gli affitti di almeno il 30%” – come pure sul necessario prolungamento della cassa integrazione. “Siamo di fronte a una pandemia tragica” conclude “e i pubblici esercizi stanno svolgendo un lavoro di grandissima responsabilità". Proprio per questo è necessario non cedere a proteste di pancia, che finirebbero per danneggiare in primo luogo gli insubordinati.