Nonostante il menu degustazione interamente vegetale al Reale di Niko Romito sia stato un successo, lo chef abruzzese ha deciso di inserire nell'attuale menu ben tre piatti di proteine animali. Un passo indietro? «Ho sempre detto che il menu totalmente vegetale non era solo frutto di una scelta etica ma principalmente di una scelta creativa, mi sono reso conto che 12 portate vegetali avevano un senso gastronomico».
È stato tra i precursori in Italia di un degustazione interamente vegetale. Perché cambiare?
Come dicevo, il motivo è creativo. Negli ultimi anni ho lavorato tanto sul vegetale e ho compreso che questo lavoro poteva dar vita a un nuovo approccio sulle proteine animali. Ad ogni modo la componente vegetale rimane predominante.
Il menu interamente vegetale è solo un ricordo?
No. Ormai non faccio più distinzione tra vegetale e carne, un piatto mi deve semplicemente piacere: se ho un agnello che mi convince tantissimo, lo metto in carta. Così è stato con il menu vegetale - un vegetale lavorato in un certo modo può dare grandi soddisfazione e far sì che non si rimpianga la carne - che non è detto non ritorni.
Ci tranquillizza. Il vegetale rimane la rotta verso cui deve tendere l'alta cucina?
Per un cuoco come me, che cerca sempre di battere nuove strade, il tema vegetale apre effettivamente a nuove soluzioni e consente di fare tantissima ricerca. Penso alla verza, al cavolfiore o addirittura al carciofo: Carciofo arrosto e rosmarino è presente nel menu dal 2013.
A proposito di ricerca, c'è un piatto che le ha dato più soddisfazioni di altri?
Non un singolo piatto ma il lavoro sulle foglie, sul vegetale a foglia, che mi ha consentito di creare dei fondi e delle salse solo con fibra e acqua, a volte aggiungendo dell'olio extravergine d'oliva. È un lavoro completamente nuovo che mi ha aperto nuovo strade.
Dopo l'esperimento del degustazione a 150 euro con 15 piatti “storici” ha aumentato il prezzo. Non era sostenibile economicamente?
È stato un modo per avvicinare il pubblico di prossimità, sapevo che la leva del prezzo era fondamentale in quel periodo storico (luglio 2020: si era appena usciti dal lockdown con tutta l'incertezza del caso, ndr). Poi c'era la voglia di raccontare il nostro percorso di vent'anni. La risposta è stata incredibile: non appena lo abbiamo comunicato siamo andati in over booking per settimane. Effettivamente con il menu 20REALE20 abbiamo avvicinato un pubblico curioso, di ragazzi e adulti, che dopo aver “rotto il ghiaccio” è rimasto fedele e minimo una volta l'anno viene a trovarci nonostante sia aumentato il prezzo (l'attuale menu degustazione è a 210 euro per 15 piatti, ndr).
Ritorniamo alla domanda di prima: perché avete aumentato il prezzo?
Premessa: il locale era sempre pieno e con un'economia di scala quell'esperimento si è rivelato essere sostenibile economicamente. Ciò nonostante abbiamo deciso di aumentare il prezzo per una serie di fattori, in primis per attribuire un effettivo valore al “valore aggiunto della cucina”.
Ce lo spieghi.
Quel menu raccontava il percorso fatto fino ad allora, dunque non c'era un lavoro di ricerca ad hoc, lavoro che necessita di tempo ed è il vero valore aggiunto che la cucina apporta alla materia prima. Subito dopo il 20REALE20 siamo usciti con il menu vegetale: spesso si pensa che la materia prima vegetale costi di meno delle proteine animali, senza tener conto di quello che c'è dietro (sono considerazioni che i clienti giovani non fanno, le fanno le generazioni più adulte). Ecco questo lavoro è il valore aggiunto della cucina.
Un esempio concreto?
Per la foglia di broccolo quante riflessioni, quanto studio, quanto ricerca c'è dietro, quante estrazioni fatte, quanta tecnologia utilizzata, quante persone impiegate per arrivare al risultato. Tutto questo se lo andassi a quotare in termini di produttività sicuramente avrebbe un costo uguale o superiore a quello di un filetto arrostito con le verdurine affianco. La ricerca è il costo più alto dell'alta ristorazione: al Reale ci sono 20 persone in cucina e 8 in sala per 25 coperti. In più ho un menu alla carta.
Avere un menu alla carta implica maggiori costi?
Sì. Quando abbiamo lanciato il menu 20REALE20 non c'era un menu alla carta e di fatto stavo imponendo il degustazione, togliendo la libertà di scelta al cliente. Quel vantaggio che avevo, tra costi di gestione, di materia prima e del personale inferiori, volevo condividerlo con i clienti, istaurando così un rapporto di equità e correttezza.
La fascia media dei fine dining è destinata a scomparire?
Ci sarà sempre una fascia media dei fine dining: è un percorso che abbiamo fatto tutti. Inoltre ho fiducia nei giovani, c'è una risposta interessante sui nuovi contenuti da parte dei giovani clienti che comprendono quanto alcuni temi affrontati dai fine dining siano centrali. Dire e scrivere che il fine ding è morto non corrisponde al vero.
Frecciatina a noi comunicatori?
Sento spesso dire che il fine dining non è sostenibile economicamente: Casadonna Reale ha una sua sostenibilità, a prescindere dagli altri progetti che seguo. Dopodiché si dovrebbe cominciare a pensare l'alta cucina come la Formula 1, ovvero come fucina di ricerca e nuovi risultati necessari e utili per tutta la ristorazione.
Giulio Terrinoni in un'intervista ha detto che la settimana corta è una cavolata. È una cavolata?
Non generalizzerei, dipende dalla persona e dalle sue ambizioni. Se penso a un giocatore di tennis so per certo che si allena anche 15 ore al giorno per diventare un professionista, così come non sarei diventato quello che sono oggi senza aver lavorato sette giorni su sette. Certo è che se sei un imprenditore devi rispettare il contratto collettivo senza pretendere che i ragazzi lavorino più del dovuto.
Per inciso, Terrinoni è imprenditore illuminato tanto che in alcuni casi si fa carico dell'alloggio degli stagisti. “Ragazzi” e lavoro: che pensa della narrazione che li vede meno disposti ai sacrifici?
Non è quello che vedo da Casadonna. È vero che il numero di iscritti alla scuola (Accademia Niko Romito, ndr) è diminuito dal pre covid, ma è altrettanto vero che chi si iscrive sembra più motivato.
Che ne pensa dei prezzi dinamici applicati alla ristorazione?
Tantissimi anni fa Davide Scabin fece questa proposta. Bisognerebbe capire l'impatto sul pubblico ma è una proposta dalle ragioni fondate.
In collaborazione con il Bulgari ha tre ristoranti in Asia e uno a Dubai. Quali sono le tendenze all'estero?
A proposito di crisi del fine dining, all'estero non è proprio tema di dibattito. In Italia, invece, il fine dining subisce attacchi ingiustificati.
Quali le tendenze in Italia?
A livello gastronomico l'Italia è in salute, c'è una grande identità e l'alta ristorazione sta svolgendo un lavoro straordinario. Tra le tendenze, vedo che la regionalità sta entrando nell'alta cucina. C'è una fascia di ristoranti dove tecnica, maturità, contemporaneità sono funzionali a ingredienti e gusti regionali. Forse vent'anni fa questo non c'era, un tempo eravamo più legati a un utilizzo di ingredienti più convenzionali, che poco si differenziavano dai ristoranti nel resto del mondo.
La ricerca dell'ingrediente regionale da parte dell'alta cucina può essere letto come un avvicinamento alla cucina di tradizione?
Alta cucina e cucina regionale sono due facce della stessa medaglia, sono due strade percorribili in Italia. È questa la forza della gastronomia italiana. Un piatto tradizionale ben eseguito e un piatto creativo li metto nello stesso livello.
Come sta andando il progetto Alt?
Bene, continua la crescita con aperture da Roma in su e all'estero, a Berlino e Vienna. Mi piace molto come progetto e comunque parte dall'alta ristorazione pure questo.