New York non dorme mai
Sulla mappa delle costellazioni Michelin, New York avrà pure rischiato di perdere il suo primato stellato a vantaggio della West Coast – con San Francisco punta di diamante della cucina d'autore statunitense – ma in città la ristorazione che conta continua a muovere freneticamente le proprie pedine sullo schacchiere. Un tritacarne che mette a dura prova persino i veterani del settore quello dell'imprenditoria gastronomica newyorkese, dove macinare numeri con l'idea giusta è fondamentale per non soccombere alla concorrenza e agli affitti elevati. Persino il leggendario Le Cirque, prostrato dai debiti, sembra destinato a chiudere battenti alla fine dell'anno, mentre David Chang, abituato a non sbagliare un colpo, è stato costretto a ripensare la formula di Nishi, anello più debole della catena Momofuku. E invece ricomincia in grande stile il percorso lastricato di successi dell'Eleven Madison Park, tornato operativo da qualche settimana dopo un profondo restyling. Poi ci sono i grandi nomi all'esordio in città, come Grant Achatz, con i cocktail firmati The Aviary approdati al Mandarin Oriental, e gli chef blasonati che si mettono in gioco su terreni nuovi, Mark Ladner in testa, con Pasta Flyer (ma da quasi un anno pure il team Humm-Guidara presidia il segmento fast food con Made Nice).
Bouley at Home
Le ultimissime novità newyorkesi, però chiamano in causa altri celebri chef imprenditori molto apprezzati in città. David Bouley, classe 1953, è davvero uno dei più longevi protagonisti della scena gastronomica americana. Seguace della scuola francese, nel 1987 apriva a TriBeCa l'insegna più nota, Bouley, che nei decenni a seguire avrebbe moltiplicato in un gran numero di formule alternative, dalla Bouley Bakery al caffè Danube, al suggestivo Bouley Botanical. Circa un anno fa, ormai superati i 60, l'annuncio di un nuovo step: il periodo sabbatico, il trasloco di Bouley in uno spazio più raccolto, sempre a TriBeCa, con l'idea di dedicarsi principalmente alla cucina salutare. Originariamente prevista per la metà del 2017, la riapertura di Bouley nel nuovo locale di Harrison street è stata rinviata più volte, e probabilmente non si concretizzerà prima della primavera 2019. Nel frattempo lo chef ha battezzato l'ennesimo concept alternativo, Bouley at Home, al Flatiron District: “Non un semplice ristorante, ma una comunità orientata alla salute e alla nutrizione”. Un vecchio pallino di Bouley, quello della cucina consapevole del proprio ruolo educativo, che nel nuovo spazio polifunzionale trova espressione in più contesti: si può mangiare al bancone - tre che attraversano la dining room (24 coperti, per un menu degustazione da 10 portate, a 225 dollari), con vista sulla cucina super accessoriata - partecipare alle lezioni della scuola di cucina, comprare il pane prodotto in laboratorio. Sotto lo stesso tetto anche un centro di ricerca alimentare e la base logistica per un servizio di catering d'autore. L'idea è quella di condividere il più possibile il lavoro di cucina con gli ospiti della struttura, in uno spazio piuttosto fluido, interattivo, con display ben visibili alle pareti, pensato per essere esplorato. Niente camerieri: le posate sono nel cassetto, davanti a ogni postazione.
The Lobster Club al Seagram Building
Intanto al Seagram Building inaugura The Lobster Club. Il nome inganna, ma l'ultima impresa del team delle meraviglie Major Food Group – Mario Carbone, Rick Torrisi eJeff Zalaznick – è ispirata alla cucina giapponese. Due anni fa il gruppo rilevava gli spazi dello storico Four Seasons di Manhattan (la primavera scorsa il passaggio di consegne ufficiale). Ambizioso il progetto per far brillare di luce nuova le sale mitologiche del Seagram Building, nel rispetto della storia del luogo. A maggio scorso la prima riapertura, il Grill, con un menu dedicato alla carne. Poi, alla metà di luglio, la celeberrima The Pool, concentrata sulle suggestioni del mare. Da qualche giorno, al piano strada, l'ultima trasformazione, nei locali dell'ex Brasserie, che più degli altri spazi hanno subito l'impulso creativo del team. In cucina c'è Tasuku Murakami, in arrivo da esperienze stellate. La sala – il progetto è di Peter Marino - è un tripudio di colori sgargianti, divanetti verde acido e poltroncine salmone, con un pavimento sopra le righe ispirato al dripping di Jackson Pollock. In menu tempura, gyoza, pietanze cotte sulla griglia (robata). Ma pure ostriche, alette di pollo, cocktail d'aragosta, ovviamente sushi e sashimi, pur consapevoli di non voler rappresentare un autentico sushi bar. Di tradizionale, del resto, ci sarà ben poco. E il locale è destinato a diventare un ritrovo di tendenza in città, con la sua voglia di fare festa, condividere, farsi vedere. A prezzi contenuti, per chi non se la sente di spendere 200 dollari al piano di sopra.
Bouley at Home | New York | 31 West 21st Street | www.davidbouley.com
The Lobster Club | New York | 98 East 53rd Street
a cura di Livia Montagnoli