Piatto – anzi, cibo da viaggio; anzi, da transumanza – nato lungo i tratturi abruzzesi e oggi diventato di tendenza, occasione di convivialità e di un mangiare semplice e gustoso. L’arrosticino di storia ne ha tanta e ha anche le sue “regole”: poche, ma precise, a partire dalla carne fino al carbone e alla griglia… Nel Gambero Rosso di maggio, ora in edicola, il racconto di un piatto antico, alla moda, e dove trovarlo al meglio.
Chiamateli arrosticini!
Potete chiamarli arrosticini (ma mai spiedini!) e se volete sentirvi abruzzesi veri per un giorno, allora imparate le parole dialettali rustell’, rustelle, arrustelle: sono le più comuni lungo le diverse province con cui si fa riferimento all’espressione culinaria della pastorizia stanziale e transumante. Il ruolo della pecora è sempre stato protagonista nel sostentamento alimentare quotidiano dei pastori e delle classi meno abbienti; dunque centrale seppur non così illustre. Oggi, invece, gli arrosticini sono molto diffusi e apprezzati, e non hanno più classi sociali di riferimento, ma anzi costituiscono una delle più sincere espressioni di convivialità per chi li consuma insieme. Con qualche problema di identità, però, che per un cibo fortemente identitaria non è poca cosa: da dove vengono le carni? Non certo dall'Abruzzo! Ma neppure dal resto d'Italia: nella maggior parte dei casi vengono da Paesi dell'ex Est europeo. Anche se - e ve lo raccontiamo nel mensile in edicola - sono diversi i progetti che puntano ad allevamenti di qualità per arrosticini di livello e con una senso e una storia maggiori.
Scoprite, nel mensile Gambero Rosso in edicola, dove trovare i migliori arrosticini, in Abruzzo e nelle diverse città italiane, dove acquistarli e cosa berci insieme: 10 giovani sommelier abruzzesi (Maurizio Neri di Zunica1880, Mariachiara Guastadisegni di Tamo, Gianni Sinesi del Reale, Alessio Spadone de La Bandiera, Pascal Tinari di Villa Maiella, Valentina Centofanti de L’Angolo d’Abruzzo, Gabriella Cercone della Taverna de li Caldora, Filippo de Sanctis di Essenza di Mare, Barba Di Geronimo de La Corniola e Mirko Di Muzio del D.One ) ne parlano e consigliano le loro etichette. E i migliori chef abruzzesi raccontano le loro varianti e le loro reinterpretazioni.
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parole di Giovanni Angelucci – scatti di Massimo Colombo