Ecco la vera storia del Negroni, il cocktail dell’aperitivo all’italiana

12 Nov 2024, 17:58 | a cura di
Dai salotti fiorentini ai bar di tutto il mondo, l’invenzione di questo cocktail è diventata leggenda e icona mondiale dell’aperitivo italiano

Chi avrebbe detto che un semplice twist su un Americano sarebbe diventato il simbolo dell’aperitivo italiano? Così, in un giorno poco definito tra il 1917 e il 1920, al bancone della Drogheria Casoni di Firenze, il conte Camillo Negroni chiedeva un drink speciale, un Americano «più forte» che finì per stravolgere la miscelazione tradizionale. A oltre cento anni di distanza, il Negroni è diventato uno dei cocktail più amati al mondo, secondo solo all’Old Fashioned. Eppure, come spesso accade, la sua storia è un puzzle affascinante.

Luca Picchi, l’investigatore del Negroni

Luca Picchi, barman e storico del Negroni, intervistato in una puntata di Viaggio di spirito su Gambero Rosso Tv dal bartender Julian Biondi (per vedere ), ha dedicato anni a riportare alla luce la storia del celebre drink. Toscano di nascita e fiorentino d’adozione, Picchi non si è accontentato di servire semplicemente un Negroni preparato a regola d’arte; ha preferito cercare nelle biblioteche e negli archivi, setacciare i cimiteri e risalire agli atti notarili per scoprire la vera identità del conte Camillo Negroni. Così, come un buon investigatore, ha ricostruito passo dopo passo la vita del conte, scoprendo la storia di questo uomo avventuroso e affascinante, come il cocktail a lui intitolato.

Le sue ricerche, condensate nel libro Negroni cocktail: una leggenda italiana, hanno rivelato nuovi dettagli sulla vita del conte, uomo avventuroso e cosmopolita, appassionato di gin e di vita mondana. Un personaggio da romanzo, vissuto tra gli Stati Uniti e Firenze, capace di destreggiarsi tra i salotti dell’alta società e i bar di ogni tipo, e per nulla avverso a drink forti e partite di poker. «Il conte era un gran bevitore», racconta Picchi. Pare che riuscisse a bere fino a quaranta drink in una sera, senza mai perdere compostezza.

Tutto nasce dal cocktail Milano-Torino

Secondo la tradizione, il Negroni nasce quasi per caso quando il conte chiede al suo barman di fiducia, Fosco Scarselli, di rendere il suo Americano «più forte». E quindi Firenze la madre patria di questo cocktail a base di gin, vermouth rosso e bitter in parti uguali, guarnito da una scorza d’arancia. Un semplice cambiamento, che trasforma un classico leggero e rinfrescante in un drink decisamente più robusto, con il gin che sostituisce la soda, creando un bilanciamento di sapori che ancora incanta generazioni. «Il Campari è l’unica costante», spiega Picchi, mentre il gin e il vermouth, con i loro botanical, variano notevolmente. Così, a distanza di cento anni, il Negroni è divenuto una tela per i bartender di tutto il mondo, pronti a reinventarlo con nuovi twist, come il Negroni Insolito di Picchi, aromatizzato ai chicchi di caffè.

Ma qual è la differenza tra l’Americano e il Negroni? Inizialmente chiamato anche Milano-Torino o Mi-To, l’Americano è uno dei cocktail più tradizionali della cultura italiana, composto da Campari e vermouth rosso, con l’aggiunta di soda per alleggerire il drink e renderlo più rinfrescante. Divenne popolare tra i turisti americani che, visitando l’Italia all’inizio del Novecento, cercavano un cocktail meno forte per abituarsi ai sapori intensi dei liquori europei. Il Negroni, sostituendo la soda con il gin, diventa così una versione più alcolica e decisa, con una fetta d’arancia che aggiunge un tocco di eleganza al bicchiere. In un certo senso, il Negroni conserva l’eleganza dell’Americano, ma con una robustezza che lo rende unico e subito riconoscibile.

 Il Negroni conquista gli Stati Uniti

Come spesso accade per i prodotti italiani, anche il Negroni ha trovato il suo successo all’estero prima di essere celebrato in patria. Il concetto di effetto Negroni nasce proprio per indicare questo fenomeno: il successo di un prodotto che viene prima riconosciuto fuori dai confini nazionali e solo dopo celebrato in Italia. Negli anni Cinquanta, il cocktail diventa un simbolo di stile oltreoceano, grazie anche alla sua diffusione tra le celebrità: l’attore Orson Welles, girando in Italia, definisce il Negroni «un equilibrio perfetto tra un ottimo bitter e un gin pessimo». In patria, solo negli anni della dolce vita il Negroni esplode come icona del bere italiano, guadagnando la fama che lo accompagnerà fino ad oggi, diventando parte di un’epoca d’oro della miscelazione. Il Negroni inizia così a rappresentare un immaginario italiano che si lega a doppio filo con il cinema, la moda e il design, facendone uno dei rappresentanti dell'Italian style.

Copia di VINTAGE NEGRONI

Twist, evoluzioni e l’eredità del conte

Il Negroni ha ispirato numerose variazioni che ne hanno arricchito la leggenda. Dai ricettari storici emerge già negli anni Quaranta una versione codificata, mentre negli anni Settanta il Negroni Sbagliato sostituisce il gin con lo spumante, diventando a sua volta un classico. Nel 1950 nasce anche il Cardinale, un altro twist che dimostra come il Negroni ispiri infinite variazioni, diventando una sorta di archetipo per la sperimentazione in miscelazione. Nessun cocktail è un’isola, sostengono gli storici Jared Brown e Anistatia Miller, e il Negroni deve il suo successo anche a una combinazione fortunata di intuizioni, passione e scambi culturali. Così, da una ricetta nata quasi per gioco, il cocktail del conte Negroni ha costruito un mito capace di attraversare epoche e confini, divenendo, a tutti gli effetti, patrimonio condiviso della miscelazione globale. È la forza di una ricetta che sa adattarsi e cambiare pur restando sé stessa, un vero classico che non conosce età né latitudini.

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