L’eventualità che venga proposta una diversa rappresentazione del cibo, così come dell'arte, ci sconvolge. Obnubila il nostro pensiero, legato a modelli e costruzioni cognitive consolidate con l’esperienza. Ma se le due dimensioni "artistiche" si abbracciassero lontano da logiche convenzionali? A partire da questa visione muove i suoi passi il food artist gallese Nathan Wyburn che, in un certo qual modo arcimboldesco, si è reso autore di quattro opere che riproducono alcuni scenari da cartolina del Regno Unito adoperando solo generi alimentari.
La commissione artistica
Su incarico dell’azienda britannica Yeo Valley Organic che per la commissione ha dotato l’artista di circa 67 kg di cibo biologico, Wyburn ha realizzato in 48 ore tele edibili che rimandano a paesaggi iconici del Regno Unito come lo Stonehenge, il Ponte Sospeso di Clifton a Bristol (ossia l’Avon Gorge), Il Selciato del gigante nell’Irlanda del Nord e il Viadotto Ribblehead con l’aiuto della chef di Yeo, Ali Pumfrey. L’idea dietro questa galleria di capolavori è di celebrare la fine della stagione del raccolto, al pari della provenienza del cibo. Infatti, a ispirare il lavoro sembra sia stato lo studio condotto da One Poll.com, secondo cui il 49% degli individui preferisce colture britanniche rispetto a prodotti provenienti dall’estero; così come il 45% sostenere le produzioni di agricoltori locali. In particolare, in base alla ricerca, a condizionare l’acquisto dei consumatori sarebbe il desiderio del 35% di questi di venire a conoscenza delle origini degli ingredienti.
Prospettiva dei protagonisti
Nei lavori del gallese, che talvolta attinge per le sue creazioni anche ad articoli per la casa, i ricordi rivestono un ruolo decisivo: “da bambino visitavo l’Avon Gorge e rimanevo incantato dallo straordinario paesaggio naturale, quindi è stato un processo davvero divertente pensare a come avrei potuto dargli vita attraverso i prodotti locali”. Il legame con il vissuto di Nathan ritorna quindi nella realizzazione di quest’opera, costruita con ingredienti commestibili e organic come fragole, mirtilli, lamponi, barbabietola rossa, porri e cavolo riccio.
Sposa il profilo creativo che segna l’esperienza in questione, insieme alla consapevolezza che la strada giusta sia quella della produzione agricola sostenibile e alternativa alla GDO, anche la cuoca Pumfrey: “La natura è bella e pensiamo che anche il cibo che mangi dovrebbe esserlo. Ci auguriamo che i paesaggi che abbiamo creato ispirino le persone a sostenere l’agricoltura biologica locale, per contribuire a mantenere i nostri paesaggi naturali e consentire ai nostri prodotti di essere i migliori possibili”.
Zero waste
Alla fine, nonostante l’impiego massiccio (kilogrammi appunto) di alimenti, Ali Pumfrey ha sfruttato gli ingredienti rimasti per eseguire alcune ricette di modo che nessuno dei prodotti venisse sprecato; quelli inutilizzati poi sono stati donati all’organizzazione benefica City Harvest, che ha contribuito così a rifocillare con 143 pasti diverse famiglie bisognose.
Perché trasmettere dei messaggi che abbiano un valore sociale significativo ed educhino i consumatori è cruciale, ma farlo con estro e a "costo zero" è tutta un'altra storia.