“Champagne: nella vittoria un merito, nella sconfitta una necessità”. Una delle tante frasi attribuite a Napoleone. Una figura storica che continua ad affascinare, tanto che Ridley Scott ne ha fatto il protagonista del suo ultimo film. Eppure, secondo lo storico di Oxford Michael Broers, il generale francese non sarebbe stato un vero intenditore di vino, anche se il nettare di bacco ha certamente giocato un ruolo importante nella sua vita privata e sul campo di battaglia.
L’analisi dello storico
Nei tre volumi che ne ripercorrono la vita dalla nascita in Corsica alla morte sull’Isola di Sant’Elena, Broers delinea un personaggio che dava poco attenzione ai piaceri della tavola. Un uomo che dedicava solo il tempo strettamente necessario per mangiare e pressoché astemio, il vino lo beveva in quantità modesta. Al contrario del caffè di cui ne sorseggiava diverse tazze. Durante la sua vita non divenne mai un appassionato di vini, anche se la sua carriera militare e le sue amicizie lo portarono a conoscere una grande varietà di vini francesi ed esteri.
È documentato, infatti, che fosse stato un amico di Jean-Rémy Moët, nipote del fondatore della prestigiosa cantina. Secondo la maison Moët & Chandon, Napoleone avrebbe visitato più volte i loro terreni vitati di Epernay. Questo legame rimane ancora tutt’oggi: infatti il Moët Imperial è un’etichetta creata e dedicata a lui. Micheal Broers, però, afferma che il generale francese, benchè ne richiedeva diverse casse, non lo apprezzasse molto come tipologia di vino.
Il vino di Napoleone
Indugiava talvolta sul vino che poteva trovare in loco, come ad esempio, durante la giovinezza avrà probabilmente bevuto il vino corso tipico del suo paese natio, un vino rustico e spesso allungato con acqua. Nelle due campagne italiane sembra che gli piacque molto la Barbera d'Asti e la Barbera del Monferrato, quest’ultimo bevuto dopo la battaglia di Marengo.
Tra i vini, però, una sola etichetta sembra che sia stata indiscutibilmente la sua preferita. “Pel corso di quindici anni -bscrive Emmanuel de Las Cases ne Il memoriale di Sant’Elena - ebbe sempre il medesimo vino di Borgogna da lui prediletto e creduto salutare”: quello a base di Pinot Nero prodotto nel comune di Gevrey-Chambertin. Del vino non poteva mancare mai una (o più bottiglie) nei suoi viaggi.
Guerra, potere e bottiglie di vino
Se di certo non era un gran bevitore, Napoleone non sottovalutò mai il valore del vino. Lui, o meglio, i suoi consiglieri economici avevano progettato di estendere il consumo del vino di Borgogna in tutto l'impero. Anche nelle battaglie era un'importante presenza. Il 26 gennaio del 1814, prima della battaglia di Brienne, vennero distribuite 300mila bottiglie di Champagne e brandy alle truppe. Nella spedizione di Egitto si è calcolato un consumo totale di 4mila ettolitri di vino, circa 500mila bottiglie. La pratica del Sabrage - l’apertura di una bottiglia di champagne tramite una sciabola - sembra avere in questo periodo la sua origine. Istituita dagli Ussari, la cavalleria leggera napoleonica, era un modo per festeggiare una vittoria o un gesto di buon augurio prima di una battaglia.
Come collezionista poi, Napoleone non fu da meno. Alla morte dell’imperatrice Giuseppina di Beauharnais, moglie del generale francese fino al 1814, venne creato un’inventario dei suoi beni. Nel Castello di Malmaison, dove si era ritirata dopo il divorzio con il generale francese, avrebbe custodito un patrimonio enologico di circa tredicimila bottiglie. Tra le etichette troviamo vini di Bordeaux, della Borgogna, dalla Champagne e dal Languedoc-Roussillon. Non mancano eccellenze iberiche e quelle italiane come il Picolit, il Vermouth e il Rosolio e i vini liquorosi provenienti dal Mediterraneo, dal Reno, dall’Ungheria. A cui si aggiungono oltre trecento bottiglie di Rum e liquori della Martinica.
È arrivato qualcosa ai giorni nostri? Apparentemente sì. Una bottiglia che si ritiene sia appartenuto al corredo della carrozza personale di Napoleone è stata aggiudicata per venticinquemila sterline dalla casa d’aste Chirstie’s a Londra. Il vino sarebbe presumibilmente uno sherry che reca sul collo della bottiglia una “N” incorniciata da una corona di alloro, un marchio napoleonico che ne garantirebbe l’autenticità e la daterebbe all’incirca al 1810.