Dalla bottega al ristorante
Ha aperto da pochi mesi ma ancora nessuno ne parla. Eppure questo ristorante defilato, a pochi metri da Campo de’ Fiori, porta nel panorama capitolino una ventata di freschezza. A cominciare dall'idea visionaria con cui esordì, ormai qualche anno addietro, Marco Galli gestore della piccola bottega MyAle nella centralissima via dei Cappellari.
All'idea di partenza, “un po’ beer shop, un po’ gastronomia e un po’ panineria”, sì è aggiunto ora un piccolo ristorante, pochi portoni più in là. Del resto, già all'epoca (era il 2014), il proprietario anticipava l'intenzione di sviluppare un'operazione su larga scala. E il suo nuovo progetto procede in questa direzione.
MyAle Restaurant & Club ricorda quei locali swing nell'America degli anni '20. L'accesso dal piano strada introduce a un piccolo corridoio, arredato con qualche seduta. Scendendo le scale si accede alla sala. Pochi coperti, circa una trentina, sono ben distribuiti e, seppur concentrati in una manciata di metri quadrati, offrono ampio respiro. Siamo in un piano interrato della vecchia Roma, con soffitto a volta e mattoncini a vista. Un peculiare sistema di areazione attivo h24 combatte l’umidità tipica di questo genere di locali. Un dettaglio tutt'altro che trascurabile, se si pensa che questo piccolo particolare altro non è che la prima tessera di un domino tutto incentrato sul benessere dell'avventore.
La cucina su misura di Andrea Congiusta
La doppia cucina, progettata per garantire anche una proposta gluten free, è gestita dal giovanissimo Andrea Congiusta (classe 1996, in arrivo da esperienze importanti: il Pagliaccio di Anthony Genovese e la Terrazza dell'Eden nella Capitale, prima di approdare al Reale di Niko Romito nel 2016. Per lo chef abruzzese aveva già lavorato da Spazio Milano, nella brigata della Niko Formazione) e propone un format inusuale. Qui infatti non c'è un menu. La carta consente di scegliere un percorso composto da una, due, tre o quattro portate. Tutto parte dalla lista degli ingredienti. Il commensale si esprime per esclusione, depennando dall'elenco ciò che non desidera ritrovare nel piatto. Allo chef il compito di accontentarlo con originalità. Si possono eliminare tuberi, formaggi, legumi, carni o granaglie ma anche quinto quarto o frutta e verdura. Insomma, ogni piatto che esce dalla cucina è unico e sartorialmente adattato sui gusti di ogni palato. Qualche esempio? Capocollo con funghi cardoncelli e pomodoro arrosto; maialino in crosta soffiata: guancia brasata, ma anche una classica carbonara (“rappresenta la mia parte tradizionale, quella parte che non va mai abbandonata, quella che è l'inizio della nostra passione, ciò che si mangia a casa e che con studio e applicazione diventa un piatto da ristorante”) ben eseguita, e con ottime materie prime. Andrea ha le idee chiare sulla direzione da seguire: “una cucina etica che rispecchia il territorio, e lo rappresenta”.
Tra i dessert, un crumble di farina di riso, con pere cotte, gelato alla ricotta, crema di cioccolato e cacao in polvere.
In ultimo la musica: un pianoforte accordato e funzionante è a disposizione di ospiti estrosi o musicisti per animare serate principalmente orientate al jazz. Gli ingredienti che non piacciono si possono eliminare, un buon accompagnamento musicale no.
MyAle Restaurant&Club – Roma – via dei Cappellari, 74 – 0668808934 - www.myale.net/restaurant/myaleclub.html
a cura di Saverio De Luca
Foto di Enrico di Giamberardino