One Chip Challenge, è questa la causa di morte di un quattordicenne americano che nel Massachussetts ha perso la sfida social: mangiare la tortilla più piccante e resistere il più a lungo possibile senza bere né mangiare altro che possa attutire il piccante assassino. La storia ha fatto il giro dei media americani, raccontata dalla mamma del ragazzino che era anche un atleta della Doherty Memorial High School di Worcester. Sì, della cittadina che porta il nome della salsa, molto piccante.
Patatina killer, in attesa dell’autopsia
In realtà, il ragazzo è morto dopo aver accusato dei malori al ritorno dalla scuola dove avrebbe mangiato la patatina – così ha raccontato alla madre – e prima di uscire nuovamente di casa per andare alle selezioni scolastiche della squadra di pallacanestro. “Ritengo che a uccidere mio figlio sia stata la patatina piccante”, ha detto la madre alla tv NBC 10 Boston. Ma l’autopsia non è ancora stata effettuata e sarà l’esame a determinare con esattezza la causa del decesso.
Prima dell’autopsia c'è una cultura sbagliata
I media Usa ne hanno parlato molto, rilanciando la notizia però più come una curiosità e come un fatto di cronaca nera piuttosto che come un episodio su cui riflettere. Sì, perché se è vero che la patatina (o tortilla) più piccante può decisamente essere la causa di una morte prematura, ciò che rende (o dovrebbe rendere) ancora più inaccettabile questa morte assurda è la cultura che ci sta dietro. Che è la cultura dei social estremi, delle sfide estreme, delle salse estreme e del cibo estremo. Tutto così estremo da non risultare più umano. Né culturalmente, né fisicamente.
15 euro per la patatina killer, su Amazon
Alla base della sfida americana ci sono diverse patatine. Per esempio, su Amazon si trova la Hot Chip Challenge a 15 dollari che vanta il record di essere la più piccante al mondo. Cosa c’è nel prezzo? Una chip – one shot – una sola perché mangiarne più di una potrebbe essere letale e, all’interno del pacchetto, un paio di guanti in lattice per non toccarla con la pelle nuda e rischiare di rimetterci poi un occhio se per caso la mano sfiora l’iride! È una patatina “condita” (ma sarebbe meglio dire armata) con la polvere di Carolina Reaper, il peperoncino che ha il contenuto di piccante più alto l mondo con 1.569.300 Scoville (l’unità di misura per il piccante). Poi ce n'è un'altra, su eBay a 29 sterline circa che si proclama "artisanal" e ce n'è anche una da "collezione", una tortilla da 120 sterline.
La cultura delle sfide (e dei cibi) estremi
Ecco, se la patatina è questa, ce n’è di cui temere da parte dei genitori. Il punto però è anche quello di capire di cosa sia figlia questa patatina. A partire dalla cultura degli adulti, tra cui del resto questa stupida sfida ha cominciato a girare e a prender peso. Del resto, comunque, potremmo anche buttar là un pensiero per alcuni aspetti “consolatorio”: tanto, prima o poi, di patatine fritte in busta si muore. Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Harvard e pubblicato sull’American Journal of Clinical qualche anno fa, mirava a stabilire il limite massimo di patatine per nn avere conseguenze negative sulla salute. Il prof Eric Rimm, leader del progetto, non ha avuto dubbi: si tratta di un cibo così malsano e dannoso che dovremmo mangiarne non più di 6 al giorno. In un periodo di 8 anni, chi ha partecipato a questo progetto di studio ha visto raddoppiare il rischio di morte consumando patatine fritte due-tre volte a settimana.
Il junk food uccide
Parliamo di patatine fritte, perché le patate bollite non avevano assolutamente lo stesso effetto letale in qualsiasi modo fossero consumate. Dunque, le patatine fritte – ovvero uno dei simboli del junk food – portano alla morte. Fanno male. Ma continuiamo a consumarne, a farne un uso smodato. Anche se per fortuna un pochino le cose stanno cambiando. Verto, però, l’unione tra junk food, sfide social, sottocultura dell’estremo portano a effetti brutti. La giovane vittima americana ne è purtroppo l’oggetto sacrificale. Speriamo che non diventi anche capro espiatorio, per permettere all’industria dello junk food di continuare a lucrare sulla vita di persone ordinaria che hanno – che abbiamo – la carne debole e che sappiamo resistere a tutto ma non alle tentazioni!