Manuelina. Da osteria e tavola ambita
A Recco, diecimila abitanti sulla Riviera ligure di Levante in provincia di Genova e una fama planetaria legata ai piaceri della tavola, Manuelina esiste dal 1885. In origine osteria di ristoro sulla strada per la città, negli anni del boom economico, dopo la metà del Novecento, il ristorante divenne punto di riferimento del panorama gastronomico ligure, grazie alla capacità imprenditoriale del suo patron dell’epoca, Gianni Carbone. Che all’Italia e al mondo ha fatto conoscere la celeberrima focaccia di Recco, quella ripiena di formaggio filante riconosciuta Igp qualche anno fa, proprio grazie all’impegno di Carbone (a lungo sindaco della cittadina). E da ieri Recco piange il suo cittadino più illustre, scomparso a 88 anni dopo una vita lunga e soddisfacente, che nei decenni scorsi l’aveva portato a ricevere il plauso di tanti ospiti illustri, che alla sua tavola – e alle serate gastronomiche inaugurate per valorizzare la tradizione gastronomica locale – non sapevano proprio resistere, da Aldo Fabrizi a Ciriaco De Mita, a Umberto Eco (che pure nel Pendolo di Focault immortalava il ricordo di quella tavola sempre affollata: “Prima di Uscio c’è Manuelina, che ha dodici stelle sulla Michelin, tutto il pesce che vogliamo. Manuelina era pieno, con una fila di clienti che guatavano i tavoli dove stava arrivando il caffè”). E prima di loro erano stati Gabriele D’Annunzio e persino Albert Einstein.
La cucina della tradizione e la focaccia di Recco
Clienti che hanno contribuito a rinsaldare il mito del ristorante oggi in via Roma, senza offuscare però i meriti conquistati sul campo, per una cucina di pesce che presto seppe diversificare l’offerta, in memoria della bisnonna Manuelina e della sua missione di un tempo: sfamare chiunque bussasse alla sua porta, carrettieri, viandanti, pellegrini, giocatori di tresette. Poi, dagli anni Venti, fu la volta di intercettare il turismo più benestante della Riviera, che a Recco si spingeva in cerca di una tavola genuina, una fetta di focaccia filante e un bicchiere di vino. E nel secondo Dopoguerra la palla passa di mano a Carbone, marito di una delle nipoti di Manuelina, Maria Rosa (per una vita al suo fianco, scomparsa solo qualche mese fa): arrivano i primi riconoscimenti della critica, il pubblico premia ancora una volta la semplicità. E sui menu dell’epoca della Costa Crociere la focaccia di Recco – ripiena di crescenza freschissima, da latte ligure - diventa “Manuelina”. Dagli anni Novanta in poi, col trasferimento di sede, si cambia anche passo: Manuelina è maturata abbastanza per diventare un marchio, hotel, banqueting, store… E Focacceria, dotata di una propria autonomia e pronta per l’esportazione oltre i confini di Recco. Dal 2014 anche alla Rinascente di Milano, in centro città, e più recentemente al Mercato Metropolitano di Londra, in rappresentanza della tradizione della focaccia ligure.
Una storia di famiglia, in cucina
Nel 2011, per celebrare i 125 anni di vita, la famiglia Carbone mise in scena una mostra fotografica che di tanti anni di tavole imbandite ripercorreva la storia; un viaggio tra “le tovaglie con le toppe che usavamo negli anni '60, e i gotti verdi e rossi, le cerate sui tavoli, e i piatti con la palma disegnata, o le stoviglie casuali con cui la bisnonna Manuelina serviva la focaccia al formaggio ai notabili che frequentavano le notti brave”, raccontava allora il patron Gianni, che per l’occasione aveva riunito tanti celebri chef – da Perbellini a Chiappini Dattilo, a Massimo Spigaroli – tutti insieme per celebrare la buona cucina ligure e la focaccia di Recco, la cui invenzione si fa risalire al XIX secolo, anche se fu proprio la bisnonna Manuelina a divulgarne la fama. E ora sarà compito della quinta generazione di famiglia – Cristina, Gloria e Cesare - onorarne la storia, “consapevoli di saper proporre una cucina ricca di sapori antichi e nuovi, che si ispira a questi principi: sapiente elaborazione del patrimonio gastronomico ligure, costante ricerca di ricette che seguono i ritmi naturali delle stagioni e dell'evolversi dei tempi, valorizzazione dei prodotti locali, scrupolosa ed attenta scelta delle materie prime”, come amava ripetere papà Gianni Carbone.
a cura di Livia Montagnoli