È morto a 70 anni lo chef David Bouley. Doppia cittadinanza, statunitense e francese, Bouley è stato un pioniere del New American Style, quell'orientamento gastronomico che proietta i fondamenti della Nouvelle Cuisine in un contesto a stelle e strisce. Nato nella campagna del Connecticut da una famiglia di origini francesi, ha studiato alla Sorbonne di Parigi, pur avendo cominciato a lavorare nei ristoranti da giovanissimo, anche in Francia dove fu allievo dei grandi maestri d'oltralpe: Roger Vergé, Paul Bocuse, Joel Robuchon, Gaston Lenôtre e Frédy Girardet con cui condivideva la passione per la stagionalità della materia prima, della bellezza e la precisione della cucina giapponese.
David Bouley e il New American Style
A Bouley si riconosce il merito di aver dato un nuovo alfabetico gastronomico ai clienti della Grande Mela: fragole invece di caviale, prodotti coltivati localmente invece di quelli d'importazione, sorbetti, aceti e salse vegetali al posto di quelle a base di burro, fondi o panna, svecchiando la cucina d'autore d'impronta francese (il passo successivo sarebbe stato quello di emanciparsi dalla Francia come patria unica dell'alta cucina), quella della grandeur francese come veniva proposta a Le Cirque, Le Périgord e La Côte Basque dove pure aveva lavorato. I riconoscimenti conquistati sono stati dunque anche riconoscimenti per la cucina moderna, in cui l'opulenza di certi piatti cedeva il posto al sapore puro, meritevole ugualmente di ricevere tre stelle Michelin.
Ora pare scontato, ma un tempo non lo era: i codici erano quelli della grande scuola francese, il resto sarebbe arrivato dopo, anche grazie a precursori come Bouley che ha percorso "sentieri che nessun altro ha battuto. E si è spinto più lontano di chiunque altro" come scrisse nel 2016 sul New York Times Pete Welles. La sua filosofia la sintetizzava nei suoi ristoranti, nelle mele che prendevano il posto dei fiori recisi nei vasi di cristallo a voler simbolizzare semplicità, freschezza, naturalezza come fondamenti della sua cucina.
La carriera
La sua filosofia gastronomica comincia a emergere nei due anni alla guida del ristorante Montrachet, ultima tappa prima di aprire un suo locale nel 1987, il Bouley (chiuso nel 1996) trasformando TriBeCa in una meta gastronomica oltre che artistica: la moglie Nicole Bartelme è la fondatrice del TriBeCa Film Festival.
All'attivo ha avuto diversi format, alcuni casual, più accessibili e democratici, per esempio la Bouley Bakery che nei giorni degli attentati dell'11 settembre ha lavorato per vigili del fuoco e agenti di polizia. Ebbe un contratto da 5,8 milioni di dollari con la Croce Rossa per cucinare per le squadre di soccorso e ricostruzione insieme a un esercito di dipendenti e volontari, fornendo tra i 20.000 a 30.000 pasti al giorno, anche in questo caso rifiutando prodotti confezionati in favore di quelli freschi prodotti e donati da tutto il paese.
La Bakery è poi diventata semplicemente Bouley, come il ristorante Danube (con cucina dell'Europa centro orientale) è stato trasformato in collaborazione con lo Tsuji Culinary Institute di Osaka, in Brushstroke e poi nell'omakase Ichiura a Brushstroke, a testimonianza dell'intraprendenza imprenditoriale di Bouley che in 30 anni ha duettato non solo con altre tradizioni gastronomiche – europea e giapponese soprattutto, ricevendo premi e riconosocimenti nei rispettivi paesi – ma anche con agricoltura e medicina, convinto sostenitore del ruolo della tavola nel benessere delle persone. Tra i molti concept gastronomici anche lo Chef's Pass, sorta di private room per una decina di ospiti che potevano vedere in diretta il lavoro dello chef e conoscere fornitori e artigiani con cui lavora. Ci sono stati poi il Bouley at Home, incontri, lezioni di cucina e mie alte iniziative volte a diffondere la cultura della cucina naturale, della cucina della salute e del sapore.