Risaliamo una delle valli che da Tortona si dirigono a sud verso l’Appennino per arrivare a Fabbrica Curone dove un caseificio tiene viva la tradizione del Montebore, il raro formaggio la cui produzione è attestata fin da Medioevo. Si imbocca la Val Curone fra le dolci colline dove nasce il Timorasso, con le vigne che si alternano ai frutteti, perché Volpedo (il paese natale di Giuseppe Pellizza, l'autore de Il Quarto Stato) è una delle capitali della peschicoltura italiana fin dagli anni Dieci del Novecento. E, ancora adesso, oltre alle pesche qui si coltivano ciliegie, albicocche, prugne, pere e mele. C'è un altro tesoro nascosto sotto le case dei paesi arroccati sulle colline. È il Salame Nobile del Giarolo, un insaccato preparato con le parti "nobili" (da qui il nome) del suino e la sosta presso il punto vendita dell'azienda agricola Terre di Sarizzola, in una piccola frazione di Costa Vescovato, per scoprire la grotta di affinamento dei salumi è quanto mai consigliata. Oltre San Sebastiano Curone, la strada si arrampica decisamente verso l'Appennino. Siamo in una terra di confine: a sette chilometri c'è Varzi, in Lombardia, oltre le creste è già Liguria e le valli piacentine sono poco più in là.
La rinascita del Montebore
Matteo Grattone, classe 2000, è l'anima di Terre del Giarolo da quando, nel gennaio 2021, ha fatto ripartire la produzione in un caseificio fermo dal 2014. "Con l'aiuto fondamentale della mia famiglia ho rilevato l'attività della Cooperativa Vallenostra, che era fallita ma deteneva la ricetta originale del Montebore" spiega Matteo accogliendoci nel punto vendita aziendale a Ponte del Molino, frazione di Fabbrica Curone. Anche se la storia del Montebore risale a secoli addietro, la sua rinascita è molto recente. La leggenda vuole sia stato il solo formaggio servito a Tortona nel 1489 durante le nozze fra Isabella d'Aragona (studi recenti sostengono sia lei la Gioconda) e Gian Galeazzo Sforza, nipote di Ludovico il Moro, cerimoniere del banchetto niente di meno che Leonardo da Vinci. In anni più recenti, lo spopolamento delle valli appenniniche nel secondo dopoguerra rischiava di far perdere tutte le tradizioni, compresa quella di preparare un formaggio che prende il nome da un piccolo villaggio della Val Curone situato sullo spartiacque con le vicine valli del torrente Grue e del fiume Borbera. Sul finire del secolo scorso solo alcune vecchie signore mantenevano viva la tradizione casearia. Una di queste, Carolina Bracco, trasmise le sue conoscenze alla Cooperativa Vallenostra che, con l'aiuto delle condotte Slow Food locali, riesce a produrre alcune forme presentate a Cheese di Bra nel 1999. Attraverso la stampa internazionale, la storia del formaggio a forma di torta nuziale fa il giro del mondo e la seconda vita del Montebore ha, fra alti e bassi, inizio.
Invecchiamento e latte crudo
Chiediamo a Matteo Grattone quali siano le criticità nella produzione del formaggio locale. "La principale è la scarsità di latte: noi ogni mattina partiamo con i nostri furgoni per raccoglierlo negli allevamenti della Val Curone, Val Borbera, Val Staffora nell'Oltrepò Pavese, nel Piacentino, ma la stagionalità determina una certa discontinuità nei rifornimenti, anche se la domanda è in crescita e nell'ultimo anno sono nati un paio di altri caseifici". La tradizione e il disciplinare prevedono che si usi circa il 70 per cento di latte vaccino e il 30 per cento di pecora. Ma in alcuni casi, come al Caseificio Terre del Giarolo, si preferisce aggiungere un 5 per cento di latte di capra, "come facevano un tempo, quando si utilizzava tutto quello che era disponibile" precisa Matteo.
La lavorazione si fa esclusivamente con latte crudo (scaldato a 36°) a cui viene aggiunto caglio naturale. Dopo la cagliata e la scolatura nelle formelle di diametro diverso che andranno a comporre la tipica forma di torta nuziale, si procede manualmente alla salatura. Sale marino, perché ci troviamo sulla "Strada del sale" e la costa ligure, anche se siamo in Piemonte, è vicinissima. La stagionatura, con le forme già impilate una sull'altra, va dalle poche settimane ai quattro cinque mesi. "Alcune forme le porto fino ad un anno di maturazione in una cella dedicata in cui, dopo vari esperimenti, ho ricreato l'ambiente di una grotta naturale, con muffe e contaminazioni spontanee" spiega Matteo Grattone. In degustazione il formaggio lungamente invecchiato si presenta con un'anima ancora morbidissima, cremoso e dai delicati sapori che rimandano al latte. E gli strati quanti devono essere? "Tradizionalmente sono tre, ma io preparo il Montebore anche a quattro strati e in occasioni eccezionali mi spingo a cinque".
Il Montebore in tavola
A tavola il Montebore può essere usato per condire paste ripiene, gli gnocchi o il risotto. Classico poi l'abbinamento in degustazione con noci, fichi, miele di castagno o con la cugnà, la tipica confettura piemontese a base di mosto d'uva. Curioso e interessante il confronto con i prodotti della Montemarzina, un'azienda agricola locale che produce frutta fresca e trasformati. A guidarla c'è Marco Ravazzano, un altro giovane simbolo della vitalità agricola dei Colli Tortonesi. Insomma su queste colline non c'è solo il Derthona Timosasso, un vino che ha avuto il merito di attirare l'attenzione mondiale su un'area piemontese fino a vent'anni fa abbastanza defilata. Se le pesche sciroppate sono il fiore all'occhiello della Montemarzina, con il Montebore si abbinano perfettamente le composte di zucca e zenzero, di peperoni rossi, o quella di cipolle, susine e aceto balsamico.
Gli indirizzi
Caseificio Terre del Giarolo, Frazione Ponte del Molino 5 Fabbrica Curone (Alessandria); www.caseificioterredelgiarolo.it
La Montemarzina, Frazione Reguardia, 6 Montemarzino (Alessandria); IG @lamontemarzina
Terre di Sarizzola, Via Appennini 6 Frazione Sarizzola Costa Vescovato (Alessandria); www.terredisarizzola.com
Orizzonti Guest House, Strada Montegualdone, 3 Sarezzano (Alessandria); www.vignetirepetto.it Le camere dell’azienda vinicola che produce Timorasso e Barbera.