Lo fanno anche gli italiani. Dai tristellati ai giovani talenti. Tutti. Lo avevano notato per primi gli americani, in verità. Il blog Eater ha dedicato a questo vezzo anche un articolo. Che cosa spinge gli chef a farsi fotografare prevalentemente con le braccia incrociate? Già, che cosa? Eppure il mestiere di cuoco è manuale per definizione. Lo chef dovrebbe esibire quando è in posa i suoi attrezzi del mestiere, invece che nasconderle sotto le ascelle o dietro i gomiti piegati. E poi le braccia incrociate fanno un po’ giorno di sciopero, disegnano un tratto anche vagamente passivo-aggressivo. Non sarebbero meglio immagini più dinamiche? Impugnare un mestolo darebbe troppo massaia? Esibire un coltello troppo aggressivo? Affettare una zucchina farebbe perdere carisma?
Tra potere e autoprotezione
Eater è andato a fondo alla questione. Prima di tutto ha considerato che farsi fotografare in questa posa è tipico delle personalità autorevoli e di potere, poi ha stilato una specie di censimento degli chef a braccia incrociate, giungendo alla conclusione che sì, lo fanno tutti. Da Jamie Oliver a David Chang. Quindi ha cercato di dare una motivazione a questa posa statuaria e vagamente polemica, e ha interpellato alcuni esperti o presunti tali, invitandoli a dire la loro.
Così si scopre che per la fotografa specializzata Melanie Dunea si tratta di «un riflesso di autoprotezione e di creazione di una certa distanza tra sé e la fotocamera», che quando è molto ravvicinata sarebbe «intimidatoria». Mentre Mark Bowden, esperto di comportamento umano e linguaggio del corpo, pensa piuttosto il contrario, che «la posa riecheggia il linguaggio della cucina professionale: aggressiva e militare». E che «le braccia incrociate si adattano all’atteggiamento da duro che chef come marco Pierre White e Gordon Ramsay hanno cercato di promuovere in passato». Insomma, «il gesto delle braccia incrociate suggerisce una grande forza della parte superiore del corpo, una barriera che non puoi oltrepassare. È un gesto non verbale che grida: “Sono armato e pericoloso. Non contrastarmi”». Un messaggio non verbale che sarebbe pertanto rivolto prima di tutto alla propria brigata.
Il fatto è che ormai si parla sempre più spesso di un’organizzazione meno verticistica della cucina, di una sostenibilità non solo ambientale ma anche sociale e lavorativa. E le cucine a vista, gli chef’s table inducono inevitabilmente a smussare gli atteggiamenti autoritari perché è quasi caduta la quarta parete delle cucine. Mica si può cazziare lo chef de partie davanti agli occhi dei clienti! E quindi, non sarebbe il caso di cambiare anche le posture davanti alla macchina fotografica, evitando atteggiamenti sottilmente battaglieri?
Certo, c’è anche il fatto che chiunque si trovi davanti a un fotografo per un ritratto a figura intera non sa che farsene di quei due arti penzolanti che a riposo sono effettivamente un inutile ingombro. Proprio per questo bisognerebbe trovare il modo di dar loro un senso. «Di solito realizzo i ritratti verso la fine delle riprese, dopo aver osservato gli chef per un po’ - dice il fotografo canadese Daniel Neuhaus - così ho un’idea chiara di chi sono e che tipo di azioni tendono naturalmente a compiere. E poi chiederò loro di rimetterlo in scena». Quindi il cuoco è invitato a fare quello che sa fare. «Se il ristorante utilizza tecniche culinarie interessanti, allora il ritratto potrebbe mostrare gli chef mentre li utilizzano», suggerisce Neuhaus.
Un po' di fantasia
Consigli validi anche per la scena italiana, dove la situazione non è molto diversa. Abbiamo fatto un esperimento googlando i nomi dei più importanti chef e selezionando l’opzione «immagini». Ebbene, Antonino Cannavacciuolo compare con le braccia incrociate al quarto risultato (alla seconda ha le mani giunte, quasi in preghiera). Carlo Cracco è «incrociato» già al secondo. Niko Romito ha le braccia incrociate al primo tentativo, anche se il sorriso rende la posa meno bellicosa.
Enrico Crippa, fisicità non certo da pacchetto di mischia, ha le braccia incrociate (che si intuiscono anche se non si vedono) al ritratto numero tre. Con Massimiliano Alajmo bisogna arrivare al numero nove. Norbert Niederkofler incrocia le braccia alla quinta foto e appare come quello che ne escogita di più per evitare il cliché (compresi certi fiori «maltrattati» alla numero tre. Enrico Bartolini non delude e compare nella posa marziale alle foto due e tre.
E Massimo Bottura? Malgrado il suo atteggiarsi a maître-à-penser, diventa militaresco già al quarto scatto. Mauro Uliassi lo fa allo scatto numero 13 (ma nel primo tiene disinvoltamente le mani in tasca). Heinz Beck sembra fare di tutto per evitarlo ma alla tredicesima foto eccolo anche lui cadere in tentazione. Perfino Nadia Santini, unica donna tristellata, cede alla tentazione e compare a braccia incrociate allo scatto numero otto (anche se c’è un sospetto anche alla cinque). E anche l’ultimo tristellato Fabrizio Mellino, appena trentunenne, cade nel vizio, comparendo a braccia incrociata alla seconda foto (ma c’è un sospetto anche sulla prima, anche se gli arti superiori non si vedono). Potremmo andare avanti, ma temiamo che a incrociare le braccia poi sareste voi. Però sarete d’accordo con noi nel rivolgere agli chef questo sommesso appello: la fantasia non usatela solo in cucina, ma anche negli studi fotografici.