C'è una generazione che si svegliava all'alba, grembiule sporco di farina e mani in pasta, per servire i clienti uno a uno, e ce n'è un’altra che raccoglie ordini online, perché i tempi cambiano e con loro il lavoro. La storica pasticceria San Gregorio di Milano, un'istituzione da oltre 62 anni, abbasserà definitivamente la saracinesca. A dare l'annuncio è il titolare Angelo Bernasconi, 80 anni, simbolo di una Milano che non esiste più, quella dei sacrifici senza orologio e dei personaggi che fanno la storia.
«Mio figlio e mia nuora lavorano con Internet, ma non vogliono svegliarsi all’alba come me», racconta Bernasconi al Corriere della Sera. «Io punto la sveglia alle due di notte, alle cinque apro alla clientela, perché voglio essere a disposizione di chi entra. Senza passione, non ti svegli a 80 anni quando è ancora buio…». La sua voce tradisce la nostalgia di un mestiere artigianale che si mescolava a storie e volti. Fernanda Pivano entrava per le caramelle al rosolio, Carla Fracci per i marrons glacés, e la pasticceria diventava una piccola cittadella di relazioni.
Ma è il presente a pesare: 200 mila euro l’anno di affitto, rincari insostenibili e, anche, un conflitto generazionale. Angelo e il figlio non sono più in sintonia nella gestione. Da un lato, la dedizione maniacale e la notte in laboratorio come rifugio; dall'altro, la modernità delle piattaforme online e un modello che risparmia ore di lavoro fisico: «Io ho bisogno di stare in pasticceria, di vedere i clienti, di parlare con loro».
Angelo è l’ultimo custode di un mestiere che si nutriva di contatti umani, di strette di mano e di alzatacce condivise. A gennaio, o al massimo entro giugno, quel mondo chiuderà per sempre. Con lui, se ne va un pezzo di città.
