È stata presentata il 14 ottobre Osterie d'Italia di Slow Food, la guida che recensisce quella ristorazione più strettamente collegata alla cucina territoriale, al prodotto buono pulito e giusto (secondo la definizione ormai storica di Carlin Petrini), al rispetto dell'ambiente e della cultura dei luoghi, all'atmosfera calda e popolare. È il modello delle Osterie, per intenderci. Qualsiasi cosa significhi – oggi – questa parola. Non è una domanda peregrina: da sempre la cucina e i suoi luoghi sono espressione della società in cui nascono, così con i cambiamenti che osserviamo quotidianamente intorno a noi, anche i luoghi del mangiare cambiano, anche quelli più popolari e autentici, a conferma che «l’identità dell’osteria continua a evolvere al passo con i tempi ma si mantiene forte ed è scelta da sempre più giovani cuochi e ristoratori per le loro nuove aperture, anche in forme alternative». Ed è proprio su queste forme alternative che la guida segna la novità rispetto al passato, riservando loro uno spazio dedicato: la sezione Locali Quotidiani, che riunisce pastifici, pub, enoteche e gastronomie che pur uscendo dalle classiche coordinate della ristorazione propriamente detta, aderiscono ai principi tracciati da Slow Food. Si tratta di 134 insegne, new entry nella guida curata da Francesca Mastrovito ed Eugenio Signoroni, che allunga la lista della guide gastronomiche autunnali che include volumi tematici (come Pizzerie o Bar) o generalisti, focus cittadini o panoramiche su tutta la ristorazione della Penisola (come la guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso, in uscita il 21 ottobre).
La modernità delle osterie
Il «sussidiario del mangiarbere all'italiana» come lo chiamano da Slow Food, in questa sua 35esima edizione include 1917 locali caratterizzati da una cucina territoriale, dalla selezione degli ingredienti e l’accoglienza genuina; si tratta di osterie, ristoranti, enoteche con cucina e agriturismi, ci sono poi una selezione di locali tipici di alcune regioni, come il caso dei fornelli pugliesi, le piadinerie romagnole e così via, riuniti in pagine rosa. Non bisogna perciò pensare a questi posti come spazi museali irrigiditi sul passato, ma come realtà dinamiche in aperto dialogo con il mondo e capaci anche di imprimere un cambiamento attraverso scelte etiche in termini di approvvigionamento, accoglienza, lotta allo spreco, buone pratiche lavorative.
I premiati
Il Piemonte è la regione con più osterie segnalate (178) seguita da Campania (172) e Toscana (164), ma sui premiati la Campania è in testa, con 39 chiocciole – simbolo che segnala i locali particolarmente meritevoli, per l'eccellente proposte e per l'ambiente, seguito da Piemonte con 29 e Toscana 27. Ci sono poi i Premi speciali che accendono un faro sul alcune realtà, dalla Novità dell’anno (Babeuf – Cagliari) al Giovane dell’anno (Premio dedicato a Vittorio Fusari andato a Duccio Frullani di La ciottolona – Boccheggiano), dal Premio Coraggio (Osteria del Castello - Arquata del Tronto), a quello Dispensa in osteria (La Stella – Meduno) a quello Interpretazione della cucina regionale (Entrà - Finale Emilia). Al bere sono dedicati alcuni premi: Vino in osteria (Menabò vino e cucina – Roma) e Birra in osteria (Arrogant Pub – Reggio Emilia), Bere Bene (Il Michelaccio – Genova) e Oste dell’anno: Boivin - Levico Terme). Ci piace la scelta di premiare un piatto che unisce l'intera penisola, da nord a sud: è la pasta e fagioli, che ogni regione declina in modo diverso, le migliori, per Slow Food, sono Pasta e fasoi dell’Antica trattoria Bellinazzo - Villa Bartolomea (VR), Zuppa di Slow Beans di Nonno Cianco – Cutigliano (PT) e la Zuppa tradizionale di fagioli e scarole con fagiolo dente di morto di Acerra di Taverna a Santa Chiara.