Quando parliamo di Toscana ci riferiamo a una delle prime regioni italiane a capire le potenzialità di un sistema che valorizza contemporaneamente l’economia agricola locale legandola a doppio filo con quella turistica e paesaggistica. Nello specifico la Toscana olivicola è una delle aree che meglio riesce a valorizzare i propri prodotti attraverso una comunicazione efficace sia sul fronte interno sia su quello estero, grazie all’esperienza accumulata sul vino e sull’aspetto paesaggistico e rurale che viene percepito, anche qualitativamente, come valore aggiunto.
Carciofo, mandorla, sensazioni di erba tagliata, note balsamiche e vegetali. Questi sono solo alcuni dei sentori che caratterizzano la trama aromatica dei migliori oli toscani recensiti sulla guida Oli d'Italia 2024 di Gambero Rosso. Oli di grande eleganza e potenza, figli di una sempre crescente attenzione sia per quanto riguarda il lavoro nell’oliveto, sia dal punto di vista della fase di lavorazione delle drupe grazie a un utilizzo sempre più attento del frantoio e delle ultime tecnologie a disposizione.
Le tracce storiche dell'olivicoltura toscana
La Toscana, che detiene vari primati anche come territorio olivicolo: tra i primi a mettere a punto l’arte del blending per creare oli che andassero incontro alle esigenze dei consumatori, ma anche i primi a scoprire i pregi e il valore aggiunto della produzione di oli monovarietali. Il merito va alla sua tradizione agricola di lungo corso che vede le prime tracce storiche sull’olivo risalenti al VII secolo a.C. in quella che prima era conosciuta come Etruria. Un primo periodo di sviluppo si ebbe nel Medioevo con le ricche famiglie fiorentine e senesi che lasciavano i poderi a mezzadria, ma la vera svolta si ebbe nel Settecento con l’Accademia dei Georgofili che introdusse nuove tecniche agronomiche.