Quanto impattano le stelle sul turismo italiano? Il paradosso Michelin secondo Visintin

24 Set 2024, 12:20 | a cura di
Il commento del critico gastrononico mascherato sui dati relativi all'indotto delle stelle sul territorio, presentati durante i festeggiamenti a Torino per l'arrivo della 70esima edizione della Guida Michelin Italia

Perché Mrs. e Mr. Patterson residenti a Chattanooga, Tennessee, un bel giorno decidono di accollarsi mille ore di volo in direzione di Roma? È chiaro. Per cenare in un ristorante stellato della capitale.

Forse daranno un’occhiata distratta alla Fontana di Trevi, al Colosseo o a qualche altro rudere mentre gli apparecchiano il tavolo. Ma non c’è dubbio che il loro viaggio intercontinentale sia ispirato dalla voglia irrefrenabile di uno di quei ristoranti italiani benedetti dalla Michelin.

È quanto emerge dallo studio che la Guida Rossa ha offerto in pasto a un estatico consesso di chef e camerieri. Interpretati, questi ultimi, dai più fedeli tra giornalisti e comunicatori del fuff, lembo estremo del food.

Eventuali scetticismi sono fuori luogo. Sia pure con l’impaccio contrito di chi ha imparato l’allegria in un seminario aziendale, Marco Do, Direttore delle comunicazioni Michelin, ha mostrato agli astanti cifre inoppugnabili elaborate dalla Jfc di Massimo Feruzzi.

La tesi è che gli stellati generino in proprio un generoso indotto di incassi a beneficio di tutto il territorio, attraendo i turisti, a prescindere dal panorama circostante. Si parla di 438 milioni per il 2023, che diverranno 500 milioni entro la fine dell’anno corrente. Tanti, ma non tantissimi, a dir la verità, visto che ci attestiamo allo 0,6% di un comparto, quello turistico, che vale 85 miliardi di euro.

Napoli, Roma e Milano sono le tre province in cima alla speciale classifica degli indotti. Si potrebbe obiettare blandamente che in quelle tre città il turismo è un tratto endemico, che prospera a prescindere dalle quotazioni Michelin. Ma, se accettiamo di credere che qualcuno possa estrarre chirurgicamente una singola motivazione per ogni singola scelta turistica, è inutile perdersi in pignolerie. D’altra parte, in ogni suo risvolto, la Michelin è un atto di fede che non ammette esitazioni.So che Feruzzi è una persona seria. E voglio pensare che si sia fatto prendere la mano dal committente, scambiando per oro colato quel che risulta da una indagine a larga prevalenza demoscopica.

Sui dati oggettivi, invece, mi fido di lui e della sua Jfc. Mi fido quando dice che nel 2023 i 385 ristoranti dotati di stella hanno ospitato 2,4 milioni di clienti. Cioè: 24,9 al giorno per 250 giorni lavorativi (calcolo di Andrea Cuomo sul Gambero). Pochissimi, considerando che molte star del Vangelo Rosso accendono i fornelli a pranzo e cena. Una penuria che rinfocola un indicibile sospetto: che il firmamento della Michelin interessi a una conventicola di fondamentalisti, tra i quali spiccano gli sponsor, i poveri chef e qualche professionista della forchetta.

Giungono, però, nuove voci di corridoio, secondo le quali la leggenda dell’indotto sarebbe soltanto il primo passo di una escalation comunicativa. Marco Do e la sua contagiosa vivacità hanno in serbo per la stampa nuovi scoop da snocciolare nei prossimi anni. Nel 2025, si dice, proclameranno che la stella verde contribuisce a combattere il riscaldamento globale e soprattutto la forfora.

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