“Ho trovato Michael Jordan!” esclama Gatto Silvestro in una delle scene di Space Jam: New Legends, uscito nel 2021 e sequel della pellicola cult del 1996, diventate immediatamente virali sul web. L’annuncio scatena urla di giubilo da parte del resto dei Looney Tunes e del protagonista, la stella del basket americano odierno, LeBron James. Entusiasmo che si tramuta istantaneamente in indignazione quando a palesarsi non è il leggendario numero 23 che ha fatto la storia dei Chicago Bulls ma il (quasi) omonimo attore, Michael B. Jordan.
Michael Jordan, l'educatore di vini che ha stregato l'Nba
Un simile incidente diplomatico, se non fosse per la riconosciuta “ossessione” che la National Basketball Association (Nba) e i suoi tesserati hanno per il vino, si sarebbe potuto verificare quando una degustazione online aperta ai campioni delle più grandi franchigie del basket oltreoceano organizzata da tal “Michael Jordan” ha visto alla conduzione un 65enne con una coppola in testa e ben lontano dai quasi due metri d’altezza di “Sua altezza aerea”, declinazione italiana coniata da Bugs Bunny del celebre soprannome His Airness appuntato alla star del primo Space Jam. Nessuna truffa o raggiro, soltanto un altro curioso caso di omonimia che, tuttavia, è stato l’innesco per la partnership annunciata tra la Nba e Kendall-Jackson, un’azienda vinicola di Sonoma, hub dell’intera filiera californiana, all’interno della quale Jordan lavora come educatore di vini.
Degustazioni e corsi di formazione ad hoc
Un parallelo accordo è stato siglato tra la divisione femminile della lega, la Wnba e La Crema, altra azienda vinicola fondata a Sonoma tre anni prima della Kendall-Jackson, nel 1979. Le due collaborazioni prevedono un ampio, e ancora in fase di sviluppo, ventaglio di esperienze incentrate sui prodotti vinicoli in occasione di partite ed eventi. Tra di esse, degustazioni pop-up durante il seguitissimo All-Star Weekend, contesto nel quale si radunano i migliori giocatori della Eastern e della Western Conference, e corsi di formazione su misura per i fan. Vere e proprie lezioni alle quali continuerà a presenziare anche il Michael Jordan declinato ai vitigni californiani. Una passione, la sua, come raccontato ad Espn, che si deve anche alle sue origini italiane.
Basket e vino
Proprio l’innegabile legame riscontrabile tra il Belpaese e alcune delle etichette più riconosciute a livello mondiale ha portato diverse stelle del basket americano a fare tappa in Italia per degustarle in prima persona. Cestisti del calibro di Stephen Curry, Carmelo Anthony, James Harden e Kevin Love si sono spinti fino a lanciare le loro personali aziende vinicole, mentre C.J. McCollum e Chris Paul hanno presenziato a panel specifici nel corso del Aspen Food & Wine Festival, uno tra i più popolari eventi a tema negli Stati Uniti. Un bicchiere di Barolo direttamente dalle cantine private di un ristorante nel Greenwhich Village di New York era servito invece a consolare il già citato LeBron James, Dwayne Wade ed Isaiah Thomas dopo la sconfitta dei loro Cleveland Cavaliers contro la squadra locale dei Nets.
Lo stesso King James non ha mai nascosto la sua passione per il vino, non sbilanciandosi su un’etichetta in particolare ma, sui suoi profili social, limitandosi ad affermare come ami berlo: “È una cosa bellissima”, aveva affermato. Una passione che sconfina anche al di fuori del parquet di gioco, o per meglio dire, appena all’esterno. “Mi emoziono solo quando ho un vecchio Bordeaux francese che temevo poco adatto e che invece scopro essere veramente perfetto”, era stato il commento dello storico allenatore dei San Antonio Spurs, Gregg Popovich, a chi gli chiedeva un parere sul privilegio di potere allenare la 20enne promessa Victor Wembanyama.
Dai vitigni al parquet dei palazzetti
A spiegare i motivi dietro questo dualismo così anticonvenzionale eppure in apparenza così efficace è la Chief Growth Officer della Wnba, Colie Edison, che ha sottolineato come la sua lega occupi uno spazio “unico” all’interno del quale convergono sport, moda, un corretto stile di vita e cultura, e che fosse quindi “essenziale” identificare un partner i cui valori fossero in accordo anche con la missione di “women empowerment” promossa dalla Wnba.
Le cinquanta casse che cambiarono tutto
Tornando alla divisione maschile, la ragione all’origine dell’accordo risiede nell’intuizione di Bill O’Connor, vicepresidente esecutivo e responsabile delle vendite di Jackson Family Wines, un’azienda agricola che fa capo alla Kendall-Jackson. Estate 2020: nel contesto della pandemia mondiale, le franchigie dell’Nba sono riunite all’interno di una vera e propria “bolla” ad Orlando, in Florida, dove i contatti con l’esterno sono ridotti all'osso per limitare i contagi di Covid e, al contempo, garantire il regolare svolgersi della regular season. In un articolo pubblicato da Espn, la guardia dei New Orleans Pelicans, J.J. Redick, si lamenta della scarsa qualità dei vini offerti nella piccola enclave. O’Connor raccoglie il passaggio e va a canestro, spedendo 50 casse all’interno della bolla che vengono apprezzate trasversalmente, al di là della squadra di appartenenza. È l’inizio delle prime degustazioni e del terzo, inaspettato e strano “ritorno”, dopo quelli del 1995 e del 2001, di Michael Jordan in Nba.