I dati emersi durante la trasmissione condotta da Federico Ruffo, Mi Manda Rai Tre, sono inclementi. Uno su tutti: le gelaterie che effettuano l'intero processo produttivo all'interno del proprio laboratorio rappresenta circa il 5% sul totale delle gelaterie italiane. Come è possibile se è tutto un proliferare di gelaterie artigianali?
Sul significato di artigianale
Durante la trasmissione viene spiegato che un gelato, per essere considerato artigianale, è sufficiente venga prodotto in loco, che poi venga fatto con ingredienti “naturali” o con basi pronte, poco importa. Entrambe le cose sono lecite, sottolinea il presentatore Federico Ruffo. Ma quello che non emerge durante la trasmissione è che “artigianale” qualifica semplicemente il tipo di impresa: per il Codice Civile un'impresa è artigianale se l’imprenditore presta il proprio lavoro nell’impresa stessa e se il suo lavoro, e quello degli eventuali familiari che collaborano, prevale sia rispetto al lavoro altrui sia rispetto al capitale (proprio o altrui) investito nell’impresa. Potete ben capire quanto “artigianale” non abbia molto a che vedere con “naturale”, e non per una questione di metodo di produzione.
Il mito del “fatto tutto in casa”
Una volta appurato questo, in uno dei servizi mandati in onda durante la trasmissione viene detto che «le gelaterie che effettuano l'intero processo produttivo all'interno del proprio laboratorio rappresenta circa il 5% sul totale delle gelaterie italiane». Ma cosa si intende per intero processo produttivo? Un gelatiere dovrebbe autoprodursi il cioccolato (il cioccolato è di per sé è un semilavorato!)? Certo, c'è chi lo fa partendo dalla massa di cacao ma non reputiamo meno “artigiani”, rimanendo in tema, i gelatieri che selezionano un cioccolato di qualità prodotto da terzi per fare il proprio gelato. Idem per il pistacchio, ci sono dei produttori di pasta di pistacchio eccellenti che facendo questo lavoro garantiscono degli standard qualitativi nettamente superiori alla maggior parte delle paste di pistacchio “home made”.
Occhio a generalizzare
E se proprio dobbiamo dirla tutta, le gelaterie che possono permettersi di autoprodursi le paste di frutta secca, dunque con laboratorio abbastanza grande e possibilità di tostare, macinare e stoccare, sono spesso gelaterie che non rientrano nella definizione di “impresa artigiana”. Non sempre, sia chiaro. Quel che è certo è che in un settore come quello della gelateria non si può generalizzare, neppure quando si parla di stagionalità. Se doveste trovare il gelato alla fragola a dicembre, che fate, scappate perché siete certi che quel gelato sia fatto con aromi e coloranti? Non è affatto detto. Magari il gelatiere si è premurato di preparare una composta di fragole quando queste erano al massimo della loro maturazione, per poi utilizzarla in altri periodi dell'anno. Insomma, in gelateria (come nella vita) cerchiamo di non mitizzare o demonizzare per partito preso, neanche quando si tratta dei “famigerati” additivi contrassegnati con la lettera E (ad esempio con E410 si indica la farina di semi di carrube, ingrediente naturale con funzione addensante).
Pretendete la tabella degli ingredienti
Siete più confusi di prima? Probabile. Dal canto nostro possiamo serenamente affermare che quest'anno durante la mappatura di oltre 800 gelaterie (mappatura che serve a redigere la guida Gelaterie d'Italia) i nostri collaboratori hanno riscontrato un livello altissimo. Per molti collaboratori non si è mai mangiato in Italia un gelato così buono. È un dato sufficiente per tranquillizzarvi sullo stato di salute della gelateria italiana? No perché in Italia ci sono 39mila gelaterie (noi ne mappiamo una minima parte). Come potete tutelarvi? Quando entrate in una gelateria chiedete la tabella degli ingredienti, dal 2011 per legge deve sempre essere presente. La richiesta della tabella degli ingredienti è il primo punto delle linee guida che diamo ai nostri collaboratori, su questo (almeno su questo) siamo d'accordo con Mi Manda Rai Tre.