Margarita e burrito. A Roma
Maybu è un nome esotico, e fin qui il gioco è semplice. Più difficile invece sciogliere l'acronimo prima di aver varcato la soglia del fast food inaugurato in via Candia, quartiere Prati a ridosso delle mura vaticane, appena 24 ore fa. Un piccolo aiuto, dunque, per introdurre la storia di Diana Beltran Casarrubias a Roma: Margaritas y burritos, Maybu per farla breve. E subito la bussola si orienta verso il Messico e una delle sue specialità di strada più celebri, il burrito, praticamente un wrap ripieno di ogni ben di Dio, una proteina (chili di manzo, pollo o maiale) e riso a giocare nella parte del leone, e poi fagioli, formaggio fuso, pico de gallo, salse d'accompagnamento a piacere. Originaria di Acapulco, Diana vive a Roma da oltre 25 anni, e nella Capitale, a pochi passi dal locale appena inaugurato, gestisce uno dei ristoranti messicani più apprezzati in città, La Cucaracha, ha scritto libri sul tema e per Gambero Rosso Channel è protagonista da un paio d'anni del format Sapori dal Messico (le prossime puntate saranno in onda a breve, girate proprio all'interno di Maybu). È lei il motore sorridente e volitivo del locale che ha scelto di dedicare a una formula sdoganata in molte città latine degli Stati Uniti, ma pure in grandi capitali europee, da Londra a Madrid, e invece ancora inedito a Roma, dove un fast food messicano di questo tipo non s'era ancora mai visto: “Non abbiamo inventato niente, ma abbiamo cercato di metterci del nostro per fare di Maybu un locale funzionale, divertente, di qualità. E molto attento all'ecosostenibilità, dall'allestimento degli spazi al packaging, totalmente compostabile, in foglia di mais”.
Maybu. Il fast food messicano
Lo zelo che ha guidato l'ideazione del progetto si ritrova all'interno del locale, ancor prima che nel piatto. Perché se di fast food si parla - “e così dev'essere, perché questo è uno spazio pensato per il consumo veloce e a prezzi accessibili, aperto no stop dalle 11 del mattino a mezzanotte, tutti i giorni” - la cura del dettaglio ha guidato i buoni propositi di Diana e della sua squadra, che ora chiarisce accogliente e precisa tutte le curiosità dei primi avventori che si avvicinano al banco per l'ordinazione: “All'inizio avevo intenzione di fare di questo spazio una taqueria, è sempre stato il mio sogno. Ma non sono sicura che il mais incontri il gusto dei romani, e per cominciare avevo bisogno di una formula che facesse presa su un pubblico trasversale. Così abbiamo pensato al burrito, che ha molto successo al ristorante. Qui lo presentiamo in una variante più popolare, proposto per il consumo sul posto o da asporto, grazie al packaging studiato ad hoc”. E con grande attenzione alla soddisfazione del cliente, “che non deve uscire affamato: il nostro burrito costa 7 o 9 ore, in base al formato scelto, e il ripieno dev'essere generoso!”.
Burrito. Istruzioni per l'uso
L'approccio è semplice, e guidato dalle istruzioni stampate sopra al banco degli ingredienti: tutti gli ingredienti sono lì, sotto gli occhi del cliente, che sceglie ciò che preferisce. Dietro si intravede la cucina, uno spazio attrezzato con piastre e canna fumaria per le preparazioni calde, “mentre ancora stiamo lottando per avere la fornitura di gas, in attesa da mesi, ma sappiamo aggirare gli ostacoli: amo Roma, ma in questa città c'è bisogno di ingegno per fare impresa”. Al banco, invece, si sceglie tra chili di manzo, pollo con carote piccante (o in versione baby, non piccante), sfilacci di maiale. Poi il riso, bianco o piccante, i fagioli neri, il cheddar fuso, le verdure miste (per la variante vegetariana). Al secondo step, poco più in là, arrivano le salse e i condimenti d'accompagnamento: guacamole, salsa di chipotle, peperoncini verdi, pico de gallo. Quando il burrito è completo, con pochi rapidi gesti uno dei ragazzi del team lo chiude preparandolo all'uso.
Il frozen margarita
Nel frattempo si sceglie cosa bere. Per stare sull'abbinamento tradizionale, non può mancare un bicchiere di margarita, servito in plastica con cannuccia in versione frozen, “come va di moda oltreoceano, abbiamo preso dei mantecatori per shakerarlo, praticamente sconosciuti qui in Italia. Ma il gusto è quello di un margarita tradizionale, con ingredienti freschi. Assolutamente bandite le preparazioni in bustina!”.
In alternativa, insalata di nachos (chips di mais croccanti, queste purtroppo non fatte in casa, condite con formaggio fuso, fagioli e salse, ma attenzione alla quantità, davvero abbondante: meglio condividere) e bibite proposte in versione free refill. L'ambiente, luminoso e giocato sulle tonalità del verde e del nero, è pulito e curato, una sessantina i coperti a disposizione tra le diverse salette, e qualche scultura in ceramica che celebra l'iconografia della tradizione messicana. La formula, già in fase di rodaggio, ci sembra vincente e ben eseguita, la materia prima di qualità. Ma Diana non esclude sorprese, perché il sogno di servire tacos homemade è sempre nel cassetto. E presto ai burritos potrebbe affiancarsi la proposta della taqueria.
Maybu - Roma - via Candia, 113
a cura di Livia Montagnoli