Matteo Puccio, classe 1979 di Spoleto. Inizia gli studi di Giurisprudenza, ma sa di voler girare il mondo, così cambia rotta, decide di farlo dentro le cucine. Dopo aver lavorato in alcuni ristoranti, frequenta il corso professione Chef del Gambero Rosso a Roma, il trampolino di lancio per la sua professione. Il suo percorso è segnato da moltissime esperienze, dal Montenegro alla Russia, passando per i Caraibi e la Grecia, e attraversando il mondo a bordo delle navi da crociera di lusso con Regent Luxury Cruiser e con Silversea al ristorante di Relais&Chateaoux “Le Champagne”. Gestisce vari locali per società private, sotto la figura di Executive Chef e torna anche all’Academy del Gambero Rosso, ma stavolta non come studente, partecipa a Top Chef e apre una ghost kitchen. Adesso è arrivato il suo momento, quello che aspettava da tempo: in una sera di metà settembre a mezzanotte gli squilla il telefono, è il general manager dell’Hôtel de La Marine di Barneville-Carteret in Normandia. Pochi giorni dopo firma il contratto e da inizio ottobre sarà operativo ai fornelli dello stellato in terra francese, con la moglie Mila e la brigata che sta costruendo. Ecco la sua storia.
Quando hai frequentato il corso e quale era?
Corso Professione Chef nel 2012
Quale è stata la cosa più importante in quel corso?
I contatti che riesci ad avere grazie al Gambero Rosso. L’approccio vero e proprio alla materia lo devi poi fare nella ristorazione, con la pratica. Il corso serve come base per poter capire cosa farai in cucina, un’infarinatura generale su preparazioni e tecniche. Quello che ti dà in più è la conoscenza di numerosi chef di spicco, grazie alla quale instaurare rapporti e collaborazioni. Anche se già avevo fatto delle esperienze nei ristoranti, ho fatto il corso per accelerare i tempi, e per conoscere anche la parte gestionale di management.
Dopo il corso cosa hai fatto?
Inizialmente avevo iniziato a lavorare come chef alle scuole del Gambero Rosso, poco dopo però è arrivata una proposta Hotel La Posta Vecchia di Ladispoli, dove mi hanno assunto direttamente come demi-chef, senza fare lo stage. Un’esperienza “divertente” durata solo una settimana, lì mi sono reso conto che nella scuola mi avevano insegnato come entrare in una cucina ma non come rimanerci.
Cosa successe?
Preparai un amouse bouche e chiesi allo chef Michelino Gioia: “Chef lo vuole provare?”, per me era un semplice gesto per ricevere la sua approvazione, non di certo per darmi le arie, ma a quanto pare non era l’atteggiamento giusto. Io non conoscevo il sistema: venivo da giurisprudenza, non sapevo come comportarmi.
Hai detto che facevi giurisprudenza, perché questo cambio di rotta?
Non mi piaceva giurisprudenza, non era il mio. Per quanto mi riguarda quella vita è peggio di quella del cuoco, non che quella dello chef sia meno pesante, ma probabilmente lo è per me e per la mia visione: volevo girare il mondo e anche per questo ho iniziato il percorso in cucina.
Quindi poi l’hai girato il mondo?
Subito dopo l’esperienza di Ladispoli, sono partito per il Montenegro. Ho raggiunto Budva, dove avevo trovato lavoro per la stagione tramite il Gambero per un russo che apriva il ristorante Porto Maltese. Poi mi sono catapultato nel mondo delle crociere, ho ottenuto un contratto nelle navi Regent sulle Seven Seas Cruises dove ero lo chef che gestiva il ristorante italiano, con circa 400 coperti. Ho lavorato 7 giorni su 7 per 6 mesi, dormendo circa 4 ore a notte, occupandomi della colazione, del pranzo e della cena. Il succo è che se sopravvivi a questi ritmi fai strada.
E tu sei sopravvissuto?
Io sono sopravvissuto. E dopo due mesi mi sono fatto assumere Silversea sempre sulle navi da crociera extra lusso, dove c’era il ristorante di Relais & Chateaux “Le Champagne” con 35 coperti che gestivamo in due. Un’atmosfera unica, quando uscivo dalla cucina mi battevano le mani, tipo standing ovation. Ci sono stato altri 6 mesi, ma le ultime due settimane non riuscivo neanche a svegliarmi, però lo rifarei perché questo mi ha permesso di evitarmi anni e anni di gavetta.
Dopo le navi da crociera cosa hai fatto?
Sono partito nuovamente. Sono andato in Russia in un ristorante italiano di San Pietroburgo, poi in Jamaica in un resort e in Medio Oriente. Infine sono tornato in Italia per aprire il mio ristorante, in seguito ho partecipato ai programmi televisivi Top Chef e Top Chef Cup, e fatto delle docenze all’Academy del Gambero Rosso.
Quanto conta andare all'estero?
Andare all’estero è fondamentale per imparare a essere rispettato in Italia. Lavorativamente parlando, l’Italia è il paese in cui mi sono trovato peggio, soprattutto per i proprietari dei ristoranti che pensano di sapere tutto, anche se provengono da altri ambiti. C’è troppa gestione familiare e non si sa cosa sia la divisione delle mansioni, che è fondamentale per lavorare bene e rispettare i ruoli e poteri altrui. L’esperienza all’estero serve per investire su sé stessi, imparare la professionalità e l’inglese, per poi tornare, perché non c’è niente come casa tua.
Chi è stato il tuo primo maestro?
Tutte le persone che mi hanno aiutato e insegnato, e che hanno avuto un ruolo importante per la mia crescita e per la mia carriera. Primo fra tutti Davide Mazza, che era lo Chef del Gambero Rosso e adesso insegnante alla scuola di formazione di Niko Romito a Castel di Sangro. A lui riconosco l’inizio della mia carriera e le basi della mia formazione.
Adesso cosa fai?
Mi ero un po' rotto le scatole di certi ritmi, così con mia moglie ci siamo inventati un nuovo format, aprendo Cucina Centrale a Torvaianica. Un progetto di ghost kitchen che garantisse più tipi di cibo possibile per take away e delivery: poke, sushi, crudi di pesce, hamburger, cous cous e dolci. Abbiamo aperto quest’estate ed è andato molto bene, dovremmo replicarla a Roma.
Quindi ora punti verso Roma?
In realtà adesso c’è una novità molto importante per me, qualche giorno fa a mezzanotte mi ha chiamato il general manager dell’Hôtel de La Marine in Normandia, dove andrò a svolgere il ruolo di chef de cuisine, con l’obiettivo di mantenere la stella Michelin dopo la separazione con lo chef precedente. Adesso ho appena firmato il contratto, sto costruendo il mio staff per iniziare a ottobre.
La cena o il pranzo che ti ha colpito di più e perché?
Sicuramente l’esperienza da Mauro Uliassi, che è stata la prima volta in cui sono stato in un 3 Stelle. Ho mangiato piatti fantastici, ha una capacità di gestire i sapori e il loro equilibrio in modo assurdo, forse sul pesce al bergamotto ho pianto. Un’esperienza che per il mio lavoro è stata fonte d’ispirazione ma, detto ciò, è stato meno fantastico di quanto pensassi. Voglio dire che forse avevo mitizzato troppo la cucina dei tristellati in generale, ho capito che comunque è solo cibo e in qualche modo è arrivabile.
Quale è, secondo te, la cucina del futuro?
La cucina ormai è diventata un mercato di lusso, per questo secondo me si sta andando in una direzione più smart come quella dello street food e del delivery, non a caso ho avviato quest’anno un’attività del genere. Poi mi sento di dire che torneranno in auge i ristoranti caserecci, c’è una forte esigenza di ritorno alla semplicità. Non si perderanno per strada i ristoranti gourmet, ma saranno sempre di più all’interno di hotel e catene alberghiere, perché altrimenti non sono sostenibili economicamente.
Le qualità che deve avere un cuoco, oggi.
Imparare a dire sì, anche quando diventi chef. Nelle logiche per far funzionare un ristorante non conta solo quello che vuoi tu singolarmente. Per avere più libertà devi far funzionare tutto il resto, la libertà è un punto di arrivo non di partenza. Sono fondamentali lo studio e la conoscenza costanti, non serve studiare le ricette ma capire cosa succede tra i vari ingredienti…e imparare l’inglese, soprattutto se si vuole lavorare all’estero.
Quale è il piatto, tra quelli di altri chef, che ti ha colpito di più?
Sogliola al vapore, lattuga e bergamotto dedicato a Pier Giorgio Parini di Uliassi, per i motivi spiegati prima.
Quale è il piatto o l'esperienza di cui sei più orgoglioso?
Quando mi sono guadagnato il posto per Relais & Chateaux, e la chiamata che ho ricevuto qualche giorno fa per portare avanti il progetto dell’Hotel La Marine. Non sono orgoglioso invece del programma tv, in cui fondamentalmente non viene messa in risalto la professionalità ma il personaggio. Non lo rinnego ma mi è dispiaciuto lavorare così, detto ciò, senza quella esperienza non avrei conosciuto mia moglie Mila. Anche lei fa la chef, stiamo insieme tutti i giorni 24h su 24. Il suo sogno è quello di prendere una barca e scappare, e spero di farlo dopo aver chiuso il mio percorso divertendomi, e non potevo desiderare di meglio che farlo tra i grandi, all’Hotel de la Marine.
a cura di Vivian Petrini