Come si diventa Masseto? Cerchiamo risposte in una fredda serata londinese. “Si parla di tradizione quando si ha paura di guardare il futuro”. Parla Lamberto Frescobaldi, trentesima generazione e 700 anni di storia vitivinicola di famiglia. Siamo nelle sale del Raffles London Hotel at the Owo, un vecchio edificio di guerra a pochi metri dalla colonna dell’ammiraglio Nelson in Trafalgar square. Qui era di casa Churchill. Un unico tavolo raccoglie una decina di giornalisti internazionali e master of wine, da Jancis Robinson a Patrick Schmitt. Per una verticale di Masseto il tempo lo trovano tutti. “Non dobbiamo avere paura del cambiamento. Ce lo chiediamo ogni giorno: stiamo facendo la cosa giusta? Come quando abbiamo piantato gli alberelli per il merlot, non proprio la tradizione dalle nostre parti”, prosegue Frescobaldi.
Le iconiche etichette gialle sono aperte in un’ordinata fila, il viaggio ci porta indietro di 30 anni, dall’ultima annata in commercio, la 2021, per chiudere con la 1995. Il caso Masseto non ha eguali nella storia del vino italiano, un rosso che è riuscito a conquistare i mercati di tutto il mondo, lavorando spesso da apripista. Ha fatto più Masseto per il vino italiano, con la sua immagine, che anni e anni di eventi dell’Ice. Ha trasportato un’idea diversa del vino italiano, con un posizionamento – l’ultima annata in commercio costa oltre 1.000 euro – che solo i grandissimi di Bordeaux e Borgogna hanno conosciuto. Ciò detto, Masseto non è per tutti anche a livello di gusto. C’è chi lo trova eccessivamente maestoso e concentrato e chi lo esalta a priori. Negli assaggi emerge forte un’identità e una continuità stilistica incredibilmente riconoscibili. La solidità della sua struttura è la solidità della sua immagine.

“Masseto non vuole emulare nessuno, ma lo sai mettere nella geografia del mondo. Perché ti riporta proprio lì”. Lì dove un tempo c’era una fabbrica di mattoni, la collina di Masseto, proprio dietro la strada Bolgherese, salendo verso Castagneto Carducci. La terra sembra sollevarsi giusto quel che serve per dare una sbirciata alle onde del Tirreno. Luce accecante, brezza marina costante e un grande segno distintivo: l’argilla blu. Masse sviluppate nell’era Pliocene, figlie di un substrato marino profondo. Era il 1981 quando l’enologo André Tchelistcheff con Lodovico Antinori misero a dimora meno di un ettaro per sperimentare il primo merlot in purezza della zona. Oggi gli ettari sono 7. Tanti nomi hanno accompagnato la fortuna di questo rosso, nato come una scommessa: Rolland, Schuster, Staderini, Gal, Duroux. Gli ingredienti del successo sono molteplici. “Anche ai parenti non è permesso di comprare più di 3 bottiglie ogni anno”. I dettagli concorrono alla creazione di un mito, come lo stile di una comunicazione essenziale, diretta, studiatissima, poco sfarzosa. L’accento non è mai sull’enologo e sul singolo, anche se in casa ci sono talenti straordinari come quello della giovane Gaia Cinnirella. Marco Bassinelli, direttore di produzione, è preciso nei riferimenti vendemmiali ma anche lui preferisce far parlare il vino. Ci racconta il profondo lavoro di precisione in risposta al cambiamento climatico, sul fogliame, sulla densità d’impianto, sulle tostature. “Perché non lavoriamo per le tonneliere ma per il vino!”, gli risponde Lamberto. La costanza identitaria nel tempo è netta anche nelle annate meno felici, come la 2009. Masseto l’umore del millesimo lo sente tantissimo. Quel “grip and push” torna sempre nei commenti del tavolo. Più che di sentori, magari di marasca o caffè, c’è una modulazione di sapore: entra morbido e opulento, comprime il palato con una portentosa pressione tannica e poi si distende. I tre tempi sono molto ben distinti. Riempiono la bocca, danno la sensazione di assaggiare un vino diverso. Masseto.
Verticale 2021 - 1995
Masseto 2021
97/100
Sì, possiamo parlare di Masseto 2.0: meno concentrazione e più dettaglio. Annata di luce con picchi di calore ben distribuiti e lunghe maturazioni. Si offre puro e fragrante su note di pepe, ciliegia e scorza di arancia. La bocca è un guanto: cremoso, vellutato, con gli aromi perfettamente definiti e a fuoco. Il legno è sartoriale e poco invadente, il finale disteso e balsamico. Ha grande integrità e impressionante espansione.
Masseto 2016
95/100
Naso esuberante di liquirizia, ribes e tabacco. La bocca ha il classico timbro della casa: entra morbido, imponente compressione tannica e poi rilascio di frutto e spezie. Colpisce il carattere appena agrodolce. Finale puntuale, continuo e di notevole spinta tra toni di menta e cacao, con un’acidità ancora scalpitante. Ha gamba per almeno altri 20 anni in bottiglia.
Masseto 2015
92/100
Invito dolce di amarene e vaniglia, con un fruttato intenso e di bel carattere frutto di un’annata che insiste molto su un carattere morbido e suadente nei profumi. Al palato è denso, con una forte accelerazione di tannini e sensazioni tostate, con una chiusura affidata a toni di caffè e cacao. Ha due anime gustative non del tutto risolte, ma ha profondità e sapore.
Masseto 2013
94/100
L’annata fresca e leggera si riflette in una squisita indole balsamica: menta e tè nero su macchia mediterranea e tapenada di olive. Jancis Robinson propone il confronto con uno stile Bordeaux vecchio stampo. La bocca è dura, densa, il colore ancora più compatto delle tre annate più giovani. Finale austero di cacao amaro e ritorni ancora balsamici. Grande potenziale evolutivo.
Masseto 2009
90/100
Tre passi indietro. Dà la sensazione di essere già molto avanti sia sul piano della definizione che dell’integrità aromatica. Ciliegia sotto spirito e cioccolato, con una scodata alcolica che restringe la complessità di un vino che ha sostanza e ricchezza ma non pieno equilibrio. Si ricompatta in chiusura tra sbuffi speziati e sensazioni di confettura. L’annata calda e secchissima si avverte.
Masseto 2006
94/100
Un’annata che tira in alto: è generoso di frutto, di spezie, di acidità e di note fumé. Apre su toni di chiodi di garofano e pepe nero; la bocca è impressionante per grip e spinta: sembra schioccare sulla lingua. Ha tanto muscolo e densità, ma al contempo è dinamico e articolato, per una finale molto ben risolto e prolungato. Il lato duro e dark di Masseto.
Masseto 2005
93/100
Peso medio. L’annata fresca e mite, con una raccolta a ridosso di ottobre, ci riporta un Masseto dal peso medio, leggiadro nei tratti di ginepro e sottobosco. La bocca vira su sensazioni di ciliegia e una sapidità più marcata in un contesto di notevole definizione aromatica e un carattere più essenziale rispetto ai suoi standard. Finale armonico, nitido e preciso.
Masseto 1999
92/100
Subentra una dimensione erbacea che non avevamo notato fin qui. Sensazioni di fogliame e sottobosco, insieme a toni di ciliegia sotto spirito e caffè. La bocca è ancora rigida, con una tessitura tannica imponente e rimandi di sigaro e radici che sviluppano una trama gustativa continua e profilata. Finale scuro di liquirizia e olive nere.
Masseto 1996
94/100
Quanto frutto! La struttura è media, l’intensità dell’annata esalta sensazioni ancora molto fragranti di ciliegia e fragola, arricchiti da toni di cuoio e tè verde. In bocca si distende con classe e grazia, meno profondo di altre versioni ma comunque in grado di regalare freschezza e ricchezza gustativa a dir poco sorprendenti visto l’anno in etichetta.
Masseto 1995
97/100
Masseto al quadrato. Colore ancora brillante e vivo, timbro invitante di ciliegia e caffè; l’accelerazione al palato è da manuale: tannino ma anche frutto e sapore per una trama piena e seducente. È pieno, vellutato, ricco di rimandi, alterna sensazioni appena agrodolci a toni di tè lapsang e tartufo nero. Si espande su più livelli: finale goloso e lunghissimo.