Tante passioni (vino, cioccolato, caffè, conserve dolci) e un’unica fonte: la materia prima agricola. “I processi di lavorazione sono simili: origini, terroir, fermentazioni, acidità, zuccheri, tannini, ossidazioni”, spiega Marco Colzani, enologo con il pallino per la sperimentazione. Sperimentazione che applica nei suoi succhi di frutta, nel cioccolato, nelle confetture.
Chi è Marco Colzani?
Brianzolo, neanche quarantenne, laureato in Agraria, specializzato in enologia ma con una passione smodata per la sperimentazione e il desiderio di unire la conoscenza agronomica a quella di famiglia: la tostatura del caffè (il bar pasticceria Colzani a Cassago Brianza è un 3 Chicchi e 3 Tazzine nella guida Bar d’Italia del Gambero Rosso). Ma non solo. Il suo laboratorio, a Carate Brianza, è infatti diviso in due: da una parte caffè e cacao, dall’altra frutta e ortaggi. Nascono così anche le tavolette di cioccolato – Marco Colzani è un fiero rivoluzionario nel panorama dell’oro nero italiano di qualità che scommette su un cioccolato puro e senza compromessi fatto solo con due ingredienti, cacao e zucchero di canna, senza burro di cacao aggiunto, lecitina o vaniglia - le sublimi confetture e i magnifici nettari e succhi in circa una ventina di gusti.
La trasformazione di qualsiasi materia prima giocando di sottrazione
“Sono un artigiano, uno di quelli che trasforma tutto quello che gli passa tra le mani”, si descrive così Colzani. “Lo sono da sempre, da quando da piccolo, nella pasticceria di famiglia, ho assaggiato una confettura di pesca di una famosa azienda italiana. Era strana. Lontano dai sapori di pesca fresca che avevo sempre mangiato. Così scrissi una lettera e mi risposero che, per motivi legati all’automazione del processo, utilizzavano frutta non completamente matura. Non mi persuase e mi rimase dentro come un tarlo per anni”. Un tarlo che prima si è trasformato in una Laurea in Agraria, poi in una specializzazione in enologia e successivamente in una ricerca continua volta a trasformare qualsiasi materia prima agricola in maniera quanto più rispettosa possibile, lavorando per sottrazione. “Dal cacao, ad esempio, ho tolto lecitina, vaniglia e aromi, decidendo di fare una spremuta di fave di cacao e zucchero di canna, nient’altro. E ho fatto la stessa cosa con qualsiasi tipo di frutta”. Sempre eliminando il superfluo e ispirandosi al processo di vinificazione.
I succhi e le confetture di frutta prodotti come fossero vino
“Facciamo i succhi e le confetture come se facessimo del vino”, ci spiega, “dunque seguendo la maturazione della frutta (diversa per succhi e confetture, ma poi affronteremo la questione delle seconde, ndr) e raccogliendola manualmente come se fosse uva, a seconda del grado zuccherino”. Alcuni frutti sono da filiera, come i frutti di bosco e le mele, altri provengono da degli accordi, sempre di filiera, con i loro fornitori. “Passiamo dal mango di Sant'Agata di Militello, al cassis (varietà di ribes nero, ndr) della Valtellina, e per controllare il grado di maturazione andiamo direttamente in loco”. Ecco perché Colzani usa principalmente frutta italiana. “Parto dall'idea che l'Italia sia il mio frutteto, salvo per l'ananas proveniente dall'Ecuador, ma ci ostiniamo a farlo perché è essenziale, per noi e per i nostri clienti, avere questa referenza”. Tranne che per l'ananas, dunque, la frutta viene lavorata entro le 24, massimo 48 ore, dalla raccolta, evitando così di lavorare frutta congelata.
La lavorazione e la differenza tra succhi e nettari
“La frutta viene lavata e mondata a mano e, a seconda del tipo, viene frullata (in questo caso avremo un succo con polpa) o pressata, proprio come si fa con l'uva”. Marco produce sia succhi che nettari. “Il succo è un prodotto ottenuto dal solo frutto, mentre il nettare è un prodotto che implica un'eventuale correzione con acqua e zuccheri. Mi spiego: alcuni frutti lavorati in succo non sarebbero propriamente piacevoli, penso ai ribes che sono parecchio acidi o all'albicocca per una questione di polpa che va allungata con l'acqua”. Ma dietro ogni nettare c'è un discorso molto onesto e trasparente. “Sempre prendendo come esempio l'albicocca, quando raccogliamo i frutti facciamo l'analisi degli zuccheri e su per giù hanno 12 gradi brix, quando li lavoriamo aggiungiamo un 25% di acqua per rendere piacevole la bevuta e dunque per raggiungere i gradi brix iniziali andiamo a correggere con lo zucchero di canna, proveniente dal Brasile. Anche se stiamo vagliando una filiera italiana di zucchero di barbabietola”, ci anticipa.
Il sidro di mele
Un'altra anticipazione riguarda la sperimentazione che sta portando avanti. “Tre anni fa siamo usciti con un sidro di mele con metodo champenoise, ma in autunno lanceremo un altro sidro, questa volta prodotto con metodo charmat, il quale consegna aromi più freschi”. Insomma, un ‘prosecco’ di mele!La scelta di usare sempre le mele è dovuta al fatto che con altri frutti, a detta di Colzani, ancora non ne è uscito nulla di interessante.
La collaborazione con i fornai per creare una confettura perfetta per le crostate
Altra novità, nel laboratorio brianzolo, è la collaborazione con alcuni dei più grandi panificatori d'Italia, tra cui Davide Longoni, Matteo Piffer e i fornai di Brisa, per realizzare una tipologia di confettura perfetta per fare le crostate e che quindi non subisca troppo la doppia cottura. “Un altro mio pallino sono le confetture che, a differenza dei succhi, provengono da frutta non troppo matura. Come dicono i piemontesi, la maturazione deve essere sull'onda, ovvero quando non si riesce ad affondare le dita nella polpa ma il frutto è già completo dal punto di vista di zuccheri, sapore e pectine”. E qual è la differenza tra una confettura da spalmare e una destinata al forno? “Quest'ultima deve essere ancora più stabile in cottura, quindi andiamo a considerare quelle varietà di frutta che hanno una polpa molto più solida (tradotto: ha più fibre e pectine naturali)”. Seguendo questo principio un'albicocca Pellecchiella del Vesuvio è molto più idonea di una della varietà Portici dell'Emilia Romagna: “La prima ha meno quantità di acqua, che in cottura porterebbe subito la confettura all'ebollizione, e ha una struttura di fibre e pectine tale da consegnare una confettura finale piacevole, evitando quell'effetto, fastidioso, elastico e gommoso”.
Come ha vissuto l'emergenza covid
Ovviamente, per produrre la marmellata perfetta ci sono voluti parecchi test, fatti con il prezioso contributo pratico di Mauro Iannantuoni, il responsabile della pasticceria di Longoni. Test e sperimentazioni, che nel laboratorio Colzani sono di casa da sempre e lo saranno sempre, compreso il periodo buio del lockdown - “Per noi il periodo di lockdown ha coinciso con la stagione dove non c'è frutta da lavorare (loro lavorano solo frutta fresca, ndr) e così ci siamo concentrati nella ricerca e sviluppo - durante il quale ha visto bloccarsi del tutto il suo canale di vendita destinato all'Horeca, specie l'hotellerie. “Se durante l'emergenza ho continuato a lavorare con i panificatori, alcuni dei quali hanno anche aumentato le vendite (un dato emerso anche in un nostro articolo dedicato ai consumi di pane durante l'emergenza covid), oggi ho ripreso a lavorare con le pasticcerie, specialmente quelle di provincia, ma non con l'hotellerie che è in assoluto il nostro mercato più fermo”. Ciononostante si mostra abbastanza positivo: “A maggio dovevamo decidere se affrontare la stagione come tutti gli anni o diversamente, alla fine abbiamo deciso di lavorare la stessa quantità di frutta dello scorso anno e di riempire la nostra cantina (sì, hanno una vera e propria cantina di stoccaggio dei prodotti) basandoci sul venduto del 2019”. I buoni propositi che ci piacciono.