In Corea del Sud, la notizia del disegno di legge sul divieto della carne di cane ha soddisfatto diverse associazioni animaliste oltre che le giovani generazioni del paese, sempre più inclini alla salvaguardia del mondo animale. Come è vero che, dall'altra parte, ha reso invece scontenti alcuni: tutti gli operatori del settore della carne di cane. Così, nella città di Seoul, allevatori e altre parti in causa che verrebbero danneggiate dal provvedimento si sono riversati in piazza per mostrare la loro totale disapprovazione. Una protesta cui non sono mancati persino alcuni momenti di tensione.
La protesta
Giovedì scorso circa 200 allevatori di cani destinati al consumo alimentare si sono raccolti nei pressi degli uffici della Presidenza della Repubblica per chiedere alle istituzioni di fermare la proposta legislativa che prevede di sopprimere in 3 anni il relativo segmento di mercato, ovvero allevamenti e macelli di canide. A caratterizzare la “manifestazione” però non solo slogan e striscioni di dissenso, ma anche un camion contenente un carico ignoto: decine di cani rinchiusi in microscopiche gabbie di metallo e nascosti sotto alcune coperte. L’idea dei manifestanti era quella di liberare gli animali all’interno della sede istituzionale. Un tentativo loro malgrado fallito. Infatti, dopo aver provato invano a forzare il cordone di sicurezza della polizia, gli stessi son stati respinti in blocco dagli agenti. Con il risultato che la colluttazione fra i due fronti è stata inevitabile e per uno dei due non si è certo esaurita nel migliore dei modi: qualcuno è finito addirittura in caserma.
Le ragioni del dissenso
Una sparuta parte del paese crede ancora che la pratica secolare di mangiare carne di cane sia una tradizione che non debba essere abolita in quanto per secoli ha contribuito a definire la cultura culinaria sudcoreana. Difficile in effetti negare che le vecchie generazioni siano cresciute a cucchiaiate di Bosintang, la zuppa di cane più famosa al mondo. A partire da questo, è arrivata la condanna nei confronti della misura governativa da parte di Ju Yeong-bong, uno dei promotori della manifestazione e rappresentante di un gruppo industriale: “non siamo d’accordo con il definire barbara questa pratica; è ancora oggi in uso”. Un dato testimoniato dal fatto che ogni anno in Asia circa 30 milioni di cani finiscono al macello.
Eppure, le ragioni dietro la protesta di molti degli operatori non sarebbero propriamente ideologiche. L’origine del loro dissenso sarebbe piuttosto pratica: una ingiusta indennità, ovvero un risarcimento misero e non commisurato rispetto alle perdite che deriverebbero dalla chiusura delle attività che il progetto di legge impone, e il mancato coinvolgimento della categoria nel tavolo di discussione del disegno legislativo.
Questa legge s'ha da fare
Mentre l’industria della carne di cane minaccia il governo di rilasciare in futuro 2 milioni di cani qualora si procedesse con l’iter legislativo, una parte sempre più nutrita della Corea del Sud si schiera invece a favore del divieto. Fra l'altro, un sondaggio del 2022 dell'istituto di ricerca Gallup Korea registra che solo l'8% dei sudcoreani ha mangiato carne di cane nell'anno precedente, un netto calo rispetto al 27% del 2015. A cominciare dai più giovani; impensabile per molti nutrirsi del loro "migliore amico" a quattro zampe. Senza trascurare che nel paese vi sono 6 milioni di famiglie ad avere cani come animali domestici. A sostenere fortemente la legge anche la first lady Kim Keon-hee e il presidente Yoon, proprietari di ben 6 cani. Inoltre, l’opinione pubblica sul tema sarebbe così pressante che l’appoggio al disegno di legge verrebbe anche dall’opposizione.
La direzione presa dalle istituzioni sembra essere quindi univoca: abolire per legge allevamento, macello e consumo di carne di cane allineandosi in questo modo al percorso già intrapreso da alcuni stati asiatici come Singapore, Taiwan e Filippine. La Corea del Sud ha preso così la sua decisione. E all’orizzonte non sembrano esserci ripensamenti. Con buona pace di tutti, allevatori e integralisti inclusi.