Elia, che alleva galline ovaiole in Toscana, Federico, che coltiva patate di montagna in Val d’Aosta, Giorgia, che fa coltivazioni idroponiche nel Lazio, Nino, che produce vini pre-british in Sicilia sono quattro contadini, versioni moderne di una parte antichissima della nostra economia, così antica da essere definita “settore primario” (mentre la manifattura è il secondario e i servizi, ultimi arrivati, il terziario). Per moltissimo tempo il loro lavoro, nella sua versione più ancestrale, faticosa, a tratti inumana, ha definito non solo come le persone si nutrivano, ma i luoghi dove vivevano, l’organizzazione politica e sociale, la religione.
L'agricoltura nell'età contemporanea
Nell’età contemporanea, l’agricoltura si è meccanizzata, ingentilita, allontanata dalla prossimità e infine industrializzata: il progresso in Occidente è coinciso con la lotta a qualunque cosa fosse sporca, dal grasso dell’officina alla terra del contadino, magari nobili ma grazie non per noi. Oggi però molti segnali ci dicono che quel progresso che tra le altre cose ha allontanato le persone dalla terra non regge più dal punto di vista ambientale, economico ed esistenziale: la caccia allo sporco ha reso noi e la nostra società più fragili e meno felici, oltre ad avere reso più fragile il pianeta.
È dunque il momento di riconsiderare quello che mangiamo e beviamo, cos’è, come è fatto, chi lo fa, da dove viene, non solo per la nostra salute, ma per quella del pianeta e per la nostra identità culturale e sociale. Tra l’altro, siamo fortunati, noi gran parte dei lettori de il Gambero Rosso, a vivere in un Paese che da questo punto di vista è una miniera infinita di storie, di biodiversità, di culture, di facce.
Dobbiamo conoscere i volti del nostro cibo
Dobbiamo conoscerle, raccontarle, cercarle anche nel tempo tiranno della vita in città, magari imitarle cambiandola quella vita. Soprattutto, come consumatori e cittadini dobbiamo tornare a capire che i nostri consumi, la frutta e la carne che compriamo o non compriamo, sono un atto non solo economico, ma politico fortissimo. Senza metterla giù dura, queste scelte sommate nel tempo rappresentano il nostro potere di indirizzo delle cose della società e della politica quasi come il voto, posto che possiamo decidere se comprare limoni argentini o siciliani molte più volte di quanto sceglieremo i nostri rappresentanti in Parlamento.
Informazione no-stop tutti i giorni
Informare, educare, distinguere entrando non solo nell’eccezionalità del fine dining, ma sempre più nella normalità del quotidiano e nella cruda sostanza del guardare anche al portafoglio continuando a mangiare bene, sano e consapevole è anche una grande responsabilità per media come questo, alle cui pagine mi onoro di fornire un modestissimo contributo di idee e passione. Credo fermamente che sia un tema assai serio: dal mercato e dalla tavola si possono oggi, almeno per un pezzetto, costruire persone più felici e un paese migliore, più sano, sostenibile, sorridente, un piatto e un calice alla volta. E poi, non è più bello pensare che anche mangiando si cambi un po’ il mondo?