La ristorazione francese in agitazione
Mangiare al ristorante è più sicuro che farlo in casa. È questo il passaggio saliente estrapolato dalle parole che Alain Ducasse ha rivolto al Presidente Emmanuel Macron in occasione dell’incontro dello scorso 24 aprile, per perorare la causa della ristorazione francese. Mentre in Italia i ristoratori metabolizzano la doccia fredda di una riapertura posticipata al 1 giugno (e solo se per allora ci saranno le condizioni necessarie per ripartire in sicurezza), anche in Francia il settore è in agitazione da giorni. All’annuncio di Macron sulla necessità di attendere fino al mese di luglio per pianificare la ripartenza delle attività di ristorazione, diciassette tra i più grandi chef del Paese, riuniti nel College Culinaire de France (che rappresenta solo l’apice del comparto con 1800 insegne su 160mila attive nel Paese, e 900 artigiani di qualità), hanno dapprima risposto con un appello accorato, portando all’attenzione del Governo l’importanza strategica del settore, non solo per il suo valore culturale e simbolico, ma pure per l’impatto economico e occupazionale del comparto: “Molti di noi potrebbero non riaprire più, se la sospensione dell’attività proseguirà a lungo”, sottolineano i cuochi francesi riuniti a sostenere istanze non dissimili da quelle che agitano cuochi e ristoratori italiani (pronti pure a protestare per chiedere attenzione, rispetto e adeguato sostegno economico).
A rischio il 40% delle attività di ristorazione
In Francia, il Presidente Macron ha annunciato che un progressivo allentamento delle misure di lockdown inizierà a partire dall’11 maggio, ma prima di luglio non sarà possibile tornare a frequentare bar e ristoranti. Per l’Umih, principale associazione di categoria, questo significa condannare a morte il 40% degli esercizi francesi (in Italia Fipe stima invece la chiusura di 50mila imprese con 350mila posti di lavoro persi, e danni economici pari a 34 miliardi di euro dall’inizio della crisi, chiedendo “risorse a fondo perduto, da subito”). E la soluzione proposta dai cuochi per superare l’impasse è un protocollo sulle “nuove pratiche di eccellenza in materia di salute alimentare” che il settore dovrebbe impegnarsi a rispettare con il supporto e l’approvazione del Ministero della Salute, in funzione della sicurezza del cliente. Ma nella videoconferenza con il Presidente Macron di venerdì scorso, Alain Ducasse è stato ancora più esplicito, sviscerando le quattro convinzioni che alimentano l’appello del College Culinaire de France.
L’appello di Alain Ducasse
A partire dall’ammissione che non esiste la possibilità di azzerare il rischio, “ma il rischio per la salute siamo persuasi di poterlo tenere sotto controllo, mentre non è così per il rischio economico cui andiamo incontro se non riapriamo le attività. Quindi sì, chiediamo la riapertura dei ristoranti”. E continua, Ducasse, facendo appello al senso di responsabilità di ciascuno: “L’autorizzazione a ripartire non sarà certo un obbligo. Che riapra solo chi si sente in grado e sicuro di poterlo fare. Chi avrà bisogno di più tempo dovrà essere sostenuto. E se la situazione sanitaria dovesse nuovamente peggiorare si faccia presto a fermare nuovamente le attività, garantendo però assistenza e sostegno economico”. Con lo stesso impegno, e prontamente, “è necessario stabilire misure sanitarie rigorose e condivise, che tutte le attività siano in grado di applicare, con l’aiuto degli esperti scientifici, indicando per esempio 5 regole per chi lavora al ristorante e altrettante per i nostri clienti”.
Il ristorante è un luogo sicuro
“Il problema non è insormontabile: ricordiamoci che il settore della ristorazione è abituato ad applicare regole d’igiene e sicurezza. Quelle contro il Covid-19 s’integreranno facilmente con le nostre abitudini”, ha spiegato Ducasse in un passaggio fondamentale, ripreso con più forza nell’intervista rilasciata poco dopo all’Agenzia France Presse. “È meglio mangiare in un ristorante che ha preso tutte le misure di sicurezza che in casa, dopo essere usciti per fare la spesa in un piccolo supermercato di quartiere dove le persone non possono mantenere le distanze di sicurezza, toccano la frutta e non sempre indossano le mascherine”, ha ribadito lo chef nell’intervista, ipotizzando la possibilità di riaprire in sicurezza in un periodo compreso tra il 2 e il 20 giugno. La decisione del Governo francese arriverà alla fine di maggio: “La situazione è catastrofica, in queste condizioni si potrà andare avanti ancora per qualche settimana, e solo con l’assistenza del Governo”, chiosa Ducasse.