«Lu passi a prenne lu pane a Strettura?», chiedono genitori e nonni in dialetto folignate o spoletino, con una buona dose di "u" a storpiare le parole, tutte le volte che da Roma figli e nipoti tornano in Umbria in macchina. Quindi da anni fuori sede, ma anche avventori, turisti (soprattutto romani), amanti del trekking e dell'arrampicata, quei pochi ed eroici residenti dell'Appennino deviano dall'antica via Flaminia per rendere omaggio alla genuinità della Macelleria Martinelli che il pane di Strettura ce l’ha sempre. E già che ci si arriva, si chiede un panino volante alla vecchia maniera, da mangiare prima di rimettersi in auto: due semplici fette di pane sciapo alte un dito con in mezzo vari strati di prosciutto di Norcia tagliato a mano, spesso quanto basta per far triplicare la salivazione. Ci vuole gomito perché ogni fetta esca del giusto spessore, avanti e indietro dall'inizio alla fine della coscia di maiale. Se si è fortunati durante il rito del taglio può arrivare in regalo una fetta servita appesa direttamente al coltello che sta lavorando per voi, da mangiare ovviamente con le mani. Una merenda straordinaria.
Il valico verde d'Italia
La piccola norcineria è immersa nei boschi umbri, poco distante dal Valico della Somma, a un'ora abbondante da Roma. Colline su colline che si intrecciano l'una sull'altra. Strettura sta lì in mezzo, immobile, è un luogo del silenzio: l'ultimo censimento - più che datato - contava solo 127 abitanti. Probabilmente oggi ce ne sono molti meno. La strada principale, stretta stretta, porta il nome del paese. Ci si arriva, come detto, dalla via Flaminia, tutta curve e alberi sempreverdi. Era la strada che univa lo Stato Pontificio con la Repubblica fiorentina; i mercanti che vi passavano erano spesso derubati e, con l'inasprirsi dei rapporti tra i due stati, Papa Bonifacio decise di far costruire una caserma e delle torri di avvistamento in difesa dei territori. Quindi in località Palazzaccio, a pochi km da Strettura, sorge una fortezza risalente alla fine del XIII secolo.
La macelleria di Lorena ed Enrico
Ma la macelleria di Lorena ed Enrico, in cui lavora anche il figlio Marco, paradossalmente, è più frequentata da chi passa in auto per l'arteria dell'Antica Roma che dal centinaio di abitanti della frazione. A casa allevano galline e qualche altro animale per la sussistenza delle proprie famiglie, della macelleria sembrano non averne bisogno. Per chi vi passa, invece, diventa un posto del cuore.
È un piccolo tempio da omaggiare. Marito e moglie sempre lì, sotto il peso della fatica di lavorare in un paesino microscopico, in una regione che (ingiustamente o fortunatamente, dipende dai punti di vista) non ha l’hype della vicina Toscana. Il Covid non li ha di certo aiutati, quel via vai di automobilisti si è interrotto bruscamente con i divieti regionali, ma con tanta forza di volontà di stanno riprendendo.
Carni autoprodotte e salumi artigianali
Stanno lì col camicione bianco e tagliano, scartano, impacchettano. Molte carni sono della loro azienda agricola, agnelli e capretti, o selezionati nei dintorni. I salumi gustosissimi (santissimi ciauscolo e prosciutto di Norcia tagliato al coltello), le salsicce secche spaziali, al pepe, al peperoncino, di cinghiale, di fegato, la porchetta mai asciutta. Bistecche giganti, hamburger e pure arrosticini.
Ode al pane sciapo
Dicevamo del pane, quello sciapo, cotto a legna, non ha niente da invidiare a quelli salati sparsi in Italia, perché è perfetto con prosciutti e salami, aglio e olio, patè di fegato, coratella e ogni ben di Dio preparato in queste zone. Non è invadente, è il companatico perfetto. E quello di Strettura è fatto alla vecchia maniera, con la crosta dorata che profuma di buono, nella parte bassa qualche "macchia" color cenere a ricordare il forno e la legna che lo hanno cotto. Il panino-merenda di cui sopra si può gustare al momento anche a suon di lonze, lonzini, salamelle e formaggi. Per quest'ultimi c'è una piccola selezione, soprattutto di pecorini. Inutile continuare, è meglio andare, magari muniti di borsa frigo.