Ritratto di M.F.K. Fisher, la poetessa dell'appetito

22 Set 2024, 09:05 | a cura di
Era convinta che la cucina fosse una misura dell'anima; un'istantanea della prolifica saggista statunitense pioniera del food writing.

Quando si parla di Mary Frances Kennedy Fisher è impossibile non definirla sensuale, arguta, avvincente e unica. Nata il 3 luglio 1908 ad Albion, nel Michigan, è stata una delle maggiori autrici statunitensi sul tema del cibo. E non solo. Con 27 titoli pubblicati, Fisher crea un nuovo genere negli Stati Uniti: il saggio gastronomico. Considerando il cibo come una metafora culturale, si è dimostrata una filosofa perspicace e una raffinata scrittrice di prosa. L'intrepida ma poco riconosciuta Fisher ha contribuito a introdurre la sensibilità continentale nel fiorente mondo culinario della California. E, cosa forse ancora più importante, ha trasformato per sempre la figura di sfondo della donna in cucina degli anni Cinquanta, in un soggetto vivo e vegeto, con idee folgoranti, emozioni appassionate e appetiti insaziabili.

M.F.K. Fisher, la prolifica saggista, pioniera del food writing

Cresce a Whittier, in California in una famiglia sempre in movimento, che «si sareb­be potuta definire una famiglia di hippy, se il termi­ne non fosse stato inventato molti anni dopo» dirà lei stessa. Grazie all'infanzia passata in grandi fattorie circondata da orti, vigneti e animali da cortile, scopre presto le sue due passioni: cucinare e scrivere. D'estate aiuta il padre, direttore di un giornale locale e a furia di correggere bozze e temperare matite appuntisce anche la scrittura. L'amore per la cucina viene invece da un'amica di famiglia, la "zia" Gwen che le insegna che «l'arte del vivere e l'arte del mangiare dovrebbero essere sinonimi». Nel 1929, sposa un suo compagno di università, Alfred Young Fisher, che ha appena vinto una borsa di studio per la facoltà di letteratura francese a Digione. Lo segue in Francia, e lì scopre le gioie della cucina e della cultura francese, che riporterà nelle lunghe lettere che scrive alla madre e alle sorelle: «È una religione e un'arte questo cibo francese. E io sono già un'ardente seguace di questa fede». Tutto, durante il suo soggiorno in Fran­cia, la incanta: «In quel Paese ho imparato a fare l'amore, a mangiare, a bere, a essere me stessa e non quello che gli altri si aspettano che io sia». La coppia ritorna in California, a Pasadena, nel 1932.

Foto M.F.K. Fisher Literary Trust

Inizia la prolifica produzione di saggi

Ma quella vita le va stretta. Di fianco alla coppia vive il pittore Dill­wyn "Timmy" Parrish. I due si innamorano perdutamente. Anche lui è sposato, e all'inizio il lo­ro rapporto è difficile e clandestino. Pochi anni dopo vanno a vivere insieme vicino Vevey in Svizzera, nel 1936 si sposano. Il primo libro di saggi che celebra il cibo, Serve It Forth, è pubblicato nel 1937 con il nom de plume M.F.K. Fisher. È il periodo più bello della sua vita, nella grande casa che ristrutturano insieme. L'idillio finisce nel 1939, durante una gita a Berna, quando Parrish viene colto da un embolo. I medici gli salvano la vita ma sono costretti ad amputargli una gamba. Inizia un martirio a seguito di una malattia circolatoria rarissima e incurabile, la sindrome di Bürgen. Un calvario di amputazioni e dolori lancinanti. Meno di un anno dopo Parrish si toglie la vita. Per Fisher l'unico rifugio è la scrittura. Nel 1941 conclude il libro che stava scrivendo, la Biografia sentimentale dell'ostrica (Consider the Oyster) opera che la renderà famosa. E poi continua a scrivere, senza sosta. Per contrastare la depressione produce un libro all'anno, per anni. Senza contare le innumerevoli collaborazioni con i giornali e un breve flirt con Hollywood dove lavora come sceneggiatrice. Seguono altre opere fra cui il celebre saggio How to Cook a Wolf (Come cucinare il lupo, del 1942), un ricettario per sopravvivere degnamente in tempi di razionamento del gas e l'assenza di prelibatezze, quali bistecche di manzo, bourbon, zucchero a velo e altri ingredienti essenziali alla buona cucina; un insieme di consigli che non vuole essere altro che «il modo migliore di convivere con la tessera annonaria, l'oscuramento e le altre miserie della Seconda Guerra Mondiale».

Finita la guerra si trasferisce con la figlia Anne avuta da Parrish a New York, dove accetta la corte del suo nuovo editore, Donald Friede, e in sole due settimane lo sposa. Nasce un'altra bambina, Kennedy, ma il matrimonio durerà poco. Cresce da sola le figlie, spostandosi sempre tra il sud della Francia e la California.
La sua traduzione del 1949 de La fisiologia del gusto del gastronomo francese Jean Anthelme Brillat-Savarin è considerata la versione inglese definitiva. An Alphabet for Gourmets (1949) è superbamente spiritoso, e A Cordiall Water (1961), che è un discorso sui rimedi popolari, diventa immediatamente un classico di culto. È nota la sua collaborazione con Julia Child per un libro di cucina provenzale del 1968. Di Fisher, Child racconta di come la sua descrizione del mangiare, facendo l'esempio di una sogliola alla mugnaia cotta nel burro, fosse puramente erotica e passionale. Lei era così, straordinariamente aperta sui bisogni umani, il desiderio, il piacere, il sesso e la sessualità, in netto anticipo rispetto ai tempi.

I libri che usano il cibo come metafora della vita

Fisher parla di cibo per parlare d'altro, tratto che l'ha resa famosa e al tempo stesso l'ha un po' penalizzata dal punto di vista letterario. Sarebbe potuta essere una grande scrittrice (e per molti lo era: W.H. Auden la definì «la più grande prosatrice americana del secolo», e per John Updike era «la nostra poetessa degli appetiti») ma per certi critici restava prigioniera del tema; la grave colpa di scrivere sempre e solo di cibo e fame, anziché d'amore o di guerra. «Secondo me», ribatteva divertita, «i nostri tre bisogni fondamentali di cibo, sicurezza e amore sono così intrecciati fra loro che non possiamo pensare a uno senza gli altri». Prima che della cucina, infatti, i suoi scritti parlano di esperienze: viaggi, amori, incontri, colori, profumi. E di sapori, certo, costellati da molte ricette, ma appoggiate qua e là casualmente, come pensieri leggeri.

Foto Paul Fusco/Magnum Photos/Contacto

Gli ultimi anni

Fisher continua a cucinare e a scrivere anche quando il morbo di Parkinson lo rende difficile. I suoi testi sono sempre punteggiati dai sensi: ad esempio come scacciare la malinconia con tre arance, da sbucciare con delicatezza a forma di fiore e mettere a seccare sul calorifero. Si interroga poi sullo stato sociale delle verdure e del sale contenuto nelle lacrime. Una meditazione sull'invecchiamento e sulla saggezza del corpo, che anche nella disperazione continua a vivere è al cuore del libro Sister Age del 1983, «Anche nell'angoscia della morte e del dolore e delle brutture resta la fame e insieme alla fame la vita inestinguibile, con tutta la sua pace». The Boss Dog del 1991 è la sua ultima fatica: un libro per bambini. Con la sua opera omnia ha elevato la cucina da lavoro domestico a studio critico di ciò che significa essere umani.
«Non sono debole, delicata, ma sono fragile, così come è fragile l'acciaio» scriverà verso la fine. Mary Frances Kennedy Fisher si spegne all'età di 84 anni il 22 giugno 1992 nel suo piccolo ranch nella Napa Valley.

The Art of Eating, il documentario sulla sua vita

Il documentario del 2022 The Art of Eating: The Life of M.F.K. Fisher racconta la vita e l'impatto duraturo della scrittrice californiana sulla società statunitense. Il film ha vinto il premio come miglior lungometraggio ai Taste Awards 2024 di Los Angeles. Nell'opera, il regista Gregory Bezat alterna brani tratti dagli scritti di Fisher con interviste a noti personaggi del mondo culinario come Alice Waters, Jacques Pepin, Ruth Reichl e molti altri.

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