All'apertura delle carte segrete estensi custodite dal 1598 all'Archivio di Stato di Modena e l'Archivio di Stato di Ferrara, emergono documenti che mostrano un diverso ritratto di Lucrezia Borgia che va oltre i soliti luoghi comuni a lei legati. Ne viene fuori una coraggiosa imprenditrice dotata di molte più capacità e spirito innovativo di quanto riferisca la oscura reputazione tramandata nei secoli. Definita dai suoi detrattori come una virago corrotta e dissoluta, frequentatrice di orge in Vaticano, avvelenatrice, e perversa, Lucrezia Borgia è invece tra le figure femminili più affascinanti e controverse del Rinascimento. La sua fama di assassina e di avvelenatrice era in realtà alimentata da "fake news" inventate dai suoi rivali politici. Al contrario emerge il profilo di un'abile politica e diplomatica. La sua unica colpa è stata appartenere a una delle famiglie più potenti e corrotte dell'epoca. Dai documenti che elencano i lussuosi beni di Lucrezia Borgia, oltre a fornire preziose informazioni sulle ricchezze personali della duchessa e sulla straordinaria quantità e qualità di gioielli, vesti e arredi sacri che le appartennero, si scoprono le sue attività imprenditoriali: emerge infatti il ritratto di una saggia amministratrice, fautrice di opere pubbliche e imprenditrice nel settore agroalimentare. Per centrare i suoi obiettivi in campo zootecnico arrivò persino a vendere alcuni gioielli.
Le mozzarella di bufala di Lucrezia Borgia
La figlia illegittima terzogenita di papa Alessandro VI, nata dalla relazione dell'allora cardinale Rodrigo Borgia con la cortigiana lombarda Vannozza Cattanei, come attestano i documenti dell'Archivio, nel 1516 vende una catena d'oro per sovvenzionare il rifacimento degli argini di un fiume; poco tempo dopo fa lo stesso con una perla e un rubino per avviare nelle campagne ferraresi un allevamento di bufale, e la costruzione di una produzione di mozzarelle di cui era particolarmente golosa. Non privilegi, vanità e "doppia vita" machiavellica, quindi, bensì un notevole spirito imprenditoriale e grande lungimiranza.
Come si attesta nel Memoriale di Computisteria, Lucrezia fece giungere da Roma dieci bufale con l'aiuto dell'amico e banchiere Agostino Chigi nel 1517 con l'intento di promuoverne l'allevamento. A questa curiosa testimonianza se ne devono collegare numerose altre, conservate presso gli Archivi di Stato di Modena e Ferrara. L'impegno della duchessa si manifestò infatti con l'opera di bonifica di alcuni territori paludosi nelle valli del Polesine, Conselice e Argenta, per citarne solo alcuni. I terreni che Lucrezia Borgia acquisì vennero tutti, nell'arco di alcuni anni, risanati e resi utili all'allevamento e all'agricoltura, e quindi amministrati direttamente o concessi a terzi. Non deve pertanto stupire leggere in alcune lettere inviate da Lucrezia durante i periodi di sua reggenza, come disquisisse con cognizione di causa su dighe e irrigazioni, interessandosi in prima persona della gestione dei propri interessi economici ma anche occupandosi di opere di utilità sociale.
Lucrezia muore di parto nel 1519 a 39 anni. Senza di lei l'allevamento di bufale, come il suo sogno, svanisce. Resta solo il mito di Lucrezia: incestuosa, intrigante avvelenatrice, spietata e degna del suo cognome. Un mito che ha nutrito fantasie e passioni di molti, arrivando all'ossessione feticistica per la sua ciocca bionda di capelli conservata in una teca della Biblioteca Ambrosiana, che fece impazzire Byron, Flaubert e d'Annunzio.