La giovane guardia della ristorazione londinese. Le origini
James Lowe, Ben Greeno, Isaac McHale. Solo una piccola rappresentanza – la punta di diamante - di quel “collettivo” di giovani chef che qualche anno fa meritò sul campo l'appellativo di Young Turks, i giovani turchi della ristorazione londinese. A loro il merito di essersi imposti in un panorama gastronomico già di per sé ricco di stimoli, regalando una nuova prospettiva alle dinamiche gourmet della capitale inglese, che la sua scalata alle classifiche della ristorazione mondiale l'ha decisamente perfezionata nell'ultimo decennio. All'epoca poco più che ventenni, giovani e ambiziosi, di ritorno da esperienze internazionali nei più grandi ristoranti del mondo, i giovani turchi marcavano la differenza tra il prima e il dopo, scalzando gli schemi più compassati dell'alta cucina alla ricerca di un nuovo approccio alla tradizione inglese, che tenesse conto delle esigenze di un ristorante contemporaneo fin quasi sfruttando in positivo quell'inquietudine operosa che li accomunava tutti (in parallelo a quanto stava accadendo in tante altre capitali internazionali). Non solo fame di arrivare, ma voglia di riscrivere le regole. Insieme. Oggi ognuno di loro ha davanti a sé una strada ben tracciata e al drappello della prima ora si è unita una generazione di giovani talenti che ai “padri fondatori” del movimento fa riferimento per raggiungere l'obiettivo. E lo scenario gastronomico londinese ringrazia. Lo stato dell'arte l'ha fotografato con parole efficaci Tokyo Cervigni per Piattoforte all'indomani della presentazione dell'ultima guida Michelin UK, salutando positivamente quella sinergia che gli ispettori della Rossa sembrano aver trovato con gli esiti più interessanti e moderni della ristorazione inglese (mentre lo stesso non può dirsi in altri contesti).
The Clove Club. Storia di un successo annunciato
E in questo panorama di insegne da non perdere The Clove Club ha saputo ergersi a tempio del nuovo corso gastronomico, trainato dal talento di Isaac McHale – premiato pure come miglior chef straniero dalla guida Identità Golose 2016 - scozzese di nascita con influenze che spaziano dalla Nordic Cuisine alla reinterpretazione della tradizione locale, senza tralasciare suggestioni francesi e italiane. Il ristorante che non fa nulla per nascondere la sua anima da supper club ha trovato una dimensione permanente nel 2013 a Shoreditch e oggi è una delle mete più gettonate in città, con la sua cucina a vista, l'atmosfera casual e rilassata, il servizio attento e mai troppo formale, un menu di grande personalità (ricordando che il degustazione più accessibile costa solo 35 sterline), una buona carta dei vini e una bella selezione di cocktail. Tutte qualità che sono valse al progetto di Daniel Willis, Johnny Smith e Isaac McHale riconoscimenti univoci e un solido piazzamento in 26esima posizione nella World's 50 Best Restaurants 2016 (con il relativo “Highest new entry award 2016). Tanto che i tre hanno deciso di replicare lanciandosi in una nuova sfida, che presto li vedrà alle prese con la cucina italiana, o meglio con una rivisitazione in chiave “britalian” di una tradizione culinaria che non smette di affascinare i più grandi chef del mondo (pensiamo al caso di Nishi, ibrido italo-americano-coreano spinto fin quasi all'eccesso ideato a New York da David Chang).
Luca. Cosa significa britalian
Il nuovo ristorante sorgerà a Clerkenwell nel mese di novembre e si chiamerà Luca; l'idea alla base è quella di proporre “cibo italiano moderno utilizzando ingredienti del territorio inglese”, senza preoccuparsi in realtà di interpretare il mood tricolore in modo pedissequo. E d'altronde anche stavolta sarà la personalità della casa a fare la differenza: “Sono entusiasta di potermi cimentare con una tradizione così radicata per esplorarne le potenzialità”, rivela McHale, proprio a cominciare dalla pasta (con un laboratorio a vista dedicato). Non a caso già si segnalano alcuni signature dish che sui primi piatti “all'italiana” scommettono molto, dai ravioli ripieni di carne con patate e salsa al whisky agli spaghettini con gamberi e burro alla noce moscata, ai più tradizionali gnocchi sardi con salsiccia, pomodoro, acciughe e menta. In carta anche pasta e fagioli e cannelloni, fritto misto di mare e costolette di agnello con crumble al rosmarino, prosciutto di Parma e olive ascolane. A guidare la cucina lo chef Robert Chambers (trascorsi alla Locanda Locatelli e The Ledbury), a supervisionare il lavoro del gruppo Johnny Smith in persona, che si dedicherà a tempo pieno al progetto.
Il concept, gli anni Cinquanta, il bar
E per vivere un'esperienza più informale, un ambiente di Luca sarà riservato al bar – mentre la sala ospiterà 60 coperti intorno alla cucina a vista - aperto con orario continuato dalle 8 della mattina (ma solo da gennaio, per i primi mesi operativo dalle 12) alla mezzanotte (7 su 7), per colazione, pranzo, aperitivi a base di finger food e piatti da condividere, cocktail, vermouth, limoncello e nocino home made. Per l'estate già si profila l'opportunità di cenare nel Garden Space, una sala riservata con tetto apribile. L'elaborazione del concept è stata affidata ad Alexander Waterworth – già interior designer per tanti ristoranti londinesi e newyorkesi – che ha scelto di ispirarsi all'Italia degli anni Cinquanta, tra marmi, ottone, tonalità che virano al blu e verde. Con l'idea di servire in tavola anche quell'ospitalità genuina che ha reso l'Italia famosa nel mondo.
Luca | Londra | 88, St. John street - Clerkenwell | a novembre 2016 (prenotazioni aperte dal 1 novembre) | www.luca.restaurant
a cura di Livia Montagnoli
Foto di George Daniell