Lostu, la nuova apertura di Pasquale Làera a Monforte d’Alba
“Aprire questo locale è una forma di ringraziamento alla Langa per tutto quello che mi ha dato. Adesso mi sento pronto a dare qualcosa anche io a questa cucina”. Pasquale Làera, 32 anni, allievo pugliese di Antonino Cannavaciuolo che ha trovato la sua dimensione nelle Langhe, dà vita a un nuovo progetto a Monforte d’Alba, in provincia di Cuneo, a cinquecento metri dal suo ristorante Borgo Sant’Anna. Il nome del locale è Lostu, un’osteria con uno spirito proprio che si allontana dalla proposta dell’altro ristorante di Làera e vuole inserirsi nello scenario delle piole piemontesi, partendo dalla tradizione per creare un locale divertente “dove si sente la caciara”. Pasquale ci ha raccontato il suo nuovo progetto: “Adoro le Langhe e ormai mi sento a casa qui, specialmente a Monforte. Quello che voglio trasmettere nel nuovo progetto è una cucina locale e conviviale, lontana dall’impiattato. Non è nulla di nuovo ma è un ritorno al passato e alla tradizione di questa terra”.
Come nasce Lostu?
“L’ostu, qui, significa osteria” spiega Làera, che per il suo nuovo locale ha voluto creare un gioco di parole tra la parola del dialetto delle Langhe e l’inglese “lost”. Lo chef ci tiene a sottolineare che Lostu non è il bistrot di Borgo Sant’Anna ma un locale con un’anima propria, distinta da quella del ristorante stellato che ha aperto dopo l’esperienza al Boscareto Resort in qualità di Chef executive dei settori ristorativi. La carriera di Làera è stata influenzata dall’incontro con Antonino Cannavacciuolo, conosciuto mentre frequentava la Scuola Internazionale di Cucina Italiana (Alma) di Gualtiero Marchesi. Nel suo curriculum esperienze in Giappone, dove ha lavorto con Kako Okamoto, a Copenaghen, presso il Geranium, e in Messico, anche se quella più significativa riamane quella da sous chef di Cannavacciuolo a Villa Crespi.
Lostu ha un’atmosfera giocosa e divertente, poco impostata, un posto dove Pasquale vorrebbe che i clienti “si sentissero liberi di aprire loro le bottiglie di vino a tavola”. L’idea di Làera si inserisce in un movimento più ampio, quello di molti ristoratori under 40 che stanno cercando di far riscoprire l’esperienza delle osterie e delle trattorie in Italia con un approccio contemporaneo: “Voglio riportare i giovani nell’osteria, qualcosa che si è perso nel tempo a favore dei posti più moderni. Però con un clima nuovo il giovane è pronto a tornare nelle osterie e nelle trattorie, con i bicchieri del vino di una volta e la tovaglia a quadrettoni bianchi e rossi”.
Per il suo nuovo locale Pasquale ha pensato a un’atmosfera completamente diversa da quella di Borgo Sant’Anna, dove il servizio è un fattore importante, per creare un locale più libero e spensierato. “Le tovaglie a quadrettoni sono elementi che abbiamo riportato da Lostu in un contesto nuovo, insieme a particolarità come le pannocchie di mais sulle mura o la cucina aperta, visto che un tempo nelle piole si entrava dalla cucina e poi si arrivava in sala”. All’ingresso di Lostu un bar anni ’50 appena e un calciobalilla dove andare a fare una partita tra un bicchiere e l’altro.
Dentro la cucina di Lostu
C’è il tocco di Làera ma in cucina c’è George Uta, il suo braccio destro da cinque anni, un ragazzo di origine romene ma di Cherasco “è più piemontese di me” dice scherzando Pasquale. George ha 25 anni e la completa fiducia del suo mentore: “È un’età in cui sei ancora giovane ma se hai voglia di fare e di metterti alla prova sei in grado di prenderti delle responsabilità. I ragazzi se stanno quattro o cinque anni con me poi magari hanno voglia di cambiare e per non perdere queste persone, che hanno voglia di crescere, è giusto dargli fiducia”.
A Borgo Sant’Anna i clienti trovano una cucina più personale, dove lo chef fa avanguardia, mentre da Lostu la proposta è più verace, costruita soprattutto intorno agli antipasti piemontesi “qui una volta ne arrivavano trentatré a tavola” racconta sorridendo Pasquale. “La cucina piemontese vive della costante ricerca di acidità, soprattutto negli antipasti, a cui è dedicato un menu speciale. La proposta, che cambia ogni due o tre settimane, è costruita su qualche piatto iconico che stiamo cercando di ideare, mentre il resto gira intorno alla stagionalità”. La sala è gestita da Valeria Núñez, di origini ecuadoriane con alle spalle diverse esperienze nella scena milanese.
Il ritorno alle origini del territorio
Fornitori, produttori, allevatori e coltivatori sono gli stessi di Borgo Sant’Anna, con la possibilità di inserirne di nuovi se necessario, un compito che secondo Làera non è troppo difficile: “Se qui vuoi trovare un uovo buono fai fatica a non far offendere nessuno, perché ci sono diversi produttori spettacolari. Viviamo in un polo dove la materia prima è spettacolare, mi sento come in un parco giochi”.
Pasquale, pugliese di origini ma ormai piemontese d’adozione, ha una particolare fascinazione per la storia di questo territorio, che ha ispirato l’idea della nuova osteria. Alla base del menu c’è un vero e proprio lavoro filologico: “Voglio riprendere tutte le ricette tipiche della Langa, riproducendole come sono scritte sui libri. Da quando sono arrivato nel settembre del 2013 cerco costantemente di studiare a livelli maniacali perché sono stato ospitato da questa terra e ho una curiosità che mi spinge a capire veramente la cucina di Langa da dove arriva”.
Anche sul menu ci sarà una terminologia in dialetto piemontese con una serie di richiami alla tradizione “per ritornare a far parlare il dialetto, perché ci siamo accorti che la gente che viene da fuori è curiosa”. Così le voci del menu sono introdotte da frasi come “L'aptit 'd pi che la sausa, a rend sauria la pitansa” – ovvero l'appetito più della salsa, rende saporita la pietanza – “Grata nen el formagg prima d'avej la pasta sùita” – non grattugiare il formaggio prima di avere la pastasciutta – “L’avar l’è pej del crin, l’è mac bun dòp mòrt” – l’avaro è come il maiale, è buono solo dopo morto – e “Fate nen cap 'd la compania, përché a lè 'l cap ch'a paga a l'ostarìa” – non diventare il capo della compagnia, perché è il capo che paga all'osteria. “Mi piace il fatto che quando entri in un posto senti la caciara, una volta entravi nei ristoranti e percepivi il calore e l’allegria – chiude Pasquale – non sto facendo una cosa nuova, non voglio rivoluzionare niente, voglio proseguire la tradizione delle piole aggiungendo qualcosa di mio”.
Lostu – chiuso martedì a cena, mercoledì tutto il giorno e giovedì a pranzo – Monforte d’Alba (Cn) – Località Sant’Anna, 110 – 0173 78656 – www.lostumonforte.com
a cura di Maurizio Gaddi