Provocatorio, Rasmus Munk, lo è sempre stato. E anche visionario, scenografico, disturbante. Basti pensare ad alcuni dei piatti più famosi di The Alchemist come quell'occhio che ti guarda, omaggio al romanzo "1984", o a quella lingua di silicone che richiama l'attenzione sul cancro. Per lui la cucina è impegno sociale, politico, la usa per lanciare messaggi nel mondo più rumoroso possibile. E non ha fatto eccezione neanche a San Sebastian.
Rasmus Munk a Gastronomika 2023: è il momento di Hunger
Durante la sua lezione a Gastronomika 2023 ha presentato Hunger, un piatto dell’Alchemist che parla di fame nel mondo. Lo accompagna la foto di due bambini malnutriti. Un’immagine drammatica che ammutolisce l’auditorium, pieno di gente abituata a frequentare ristoranti con conti che potrebbero assicurare cibo per un anno in Africa. Munk non ci pensa due volte a usare quella foto per lanciare il suo messaggio, che è anche un monito a trovare presto una soluzione risolutiva all'emergenza alimentare. "Ci sono più di 800 milioni di persone che vanno a letto affamate ogni sera” dice “noi vogliamo cambiare questa situazione. Così ho voluto ricreare l'immagine di un bambino che muore di fame”. E poco importa se lo fa da un ambiente altamente elitario: l'Alchemist ha 50 ambitissimi posti, e una lista d'attesa infinita, circa 1000 persone al giorno. Niente male per un posto aperto da tre anni, non proprio alla portata di tutti, per costi e proposta. Alla tavola di Munk si mangia, sì, ma si riflette anche, ci si sente in disagio, si rimane talvolta pietrificati. Anche in questo caso: “questo è un piatto sconcertante" aggiunge.
Il perché non è difficile da capire: si basa su un supporto d'argento creato in 3D che riproduce il torace scheletrico di uno di quei bambini, sopra, una fettina sottile di coniglio, erbe e altri elementi che fanno da contrappunto gustativo. Coniglio che, data la facilità nell’allevamento, secondo Munk potrebbe essere la soluzione per contrastare la fame del mondo. Voleva portare l'attenzione dei suoi ospiti su questo tema, obiettivo raggiunto. “All'Alchemist si paga molto e non è eccessivo chiedere al cliente di fare una donazione quando torna a casa" spiega. Che succeda oppure no, il primo intento è stato comunque raggiunto: far parlare della questione (e di sé). Che poi la discussione riesca a superare la soglia del ristorante e portare ad affrontare il problema in modo definitivo, è tutto da vedere. Lui intanto fa sapere che sta collaborando con le Nazioni Unite per sviluppare di cibo economico e sostenibile. Tra questi anche muffe e farfalle.
The Alchemist e Rasmus Munk
Quella dell'Alchemist è una proposta spettacolare – lui si definisce un cuoco olistico - che mescola cucina, video, (con 10 laser che proiettano su una cupola di acciaio da 200 tonnellate creando ambienti sempre diversi), musica, scienza, arte, design e soprattutto idee e temi scottanti, tutti messi insieme “per modificare e trascendere la natura del cibo e della tavola” del resto ha sempre dichiarato di essersi stufato di cucinare come tutti gli altri e aver per questo iniziato a esplorare i limiti. Spesso lasciando il dubbio di aver superato la soglia dell’accettabile.
Il tutto in uno spazio stupefacente di oltre 2000 metri quadrati, un tempo magazzino di scena del Royal Danish Theatre, prima ancora cantiere navale. Un progetto faraonico, costato intorno ai 15 milioni di dollari cui ha provveduto il mecenate Lars Seier Christensen, lo stesso del Geranium.
In questo spazio i suoi ospiti possono vivere “un viaggio parallelo attraverso gli spazi fisici unici di Alchemist e attraverso i loro sensi” si legge sul sito, a patto di avere curiosità e presenza di spirito, voglia di riflettere e di mettersi alla prova. E ovviamente parecchi soldi da investire in questa esperienza immersa in 50 assaggi per 4-6 ore. The Alchemist è uno di quei posti che vende i suoi biglietti di tre mesi in tre mesi, pienissimo nonostante il menu a 4900 corone, che al cambio fanno circa 657 euro, che salgono ripidamente con le bevande – vini e non solo – con pairing che vanno dai 240 agli oltre 1000 euro a persona (l'esperienza al tavolo del sommelier, invece, sfiora i duemila euro).
Munk, dunque, nonostante sia pienamente partecipe del sistema più patinato della ristorazione (anche se Michelin, dopo le prime due stelle date a tempo record, non concede la terza), non perde occasione per calcare le tavole dei palcoscenici più in vista per offrire la sua visione della ristorazione come specchio e amplificatore per le cose del mondo. Inquinamento, malattie, immigrazione, allevamenti intensivi, donazione di sangue: nella sua cucina e nella sua messa in scena entra di tutto.
Sempre con quella spinta giocosa che però sfiora l'humor nero, corteggiando i toni più inquietanti e macabri: per Burnout Chickens, per esempio, gli ospiti devono toccare delle zampe fredde di pollo con un in sottofondo i rumori delle gabbie di allevamenti intensivi: il punto è mettere sotto gli occhi dei commensali che degli animali sono stati uccisi per fare il loro cibo. Quale sia il suo obiettivo, di certo uno l'ha raggiunto: mezzo milione di persone in lista d'attesa.