L’Italia in 10 selfie. Il rapporto di Fondazione Symbola
Come ogni anno, la Fondazione Symbola racconta l’Italia che si fotografa in 10 “selfie”. Un rapporto che la fondazione guidata da Ermete Realacci elabora per presentare i primati del nostro Paese. Anche a seguito di mesi molto difficili, che rischiano di fiaccare ogni entusiasmo. Eppure, puntuale, Symbola stila un documento che tocca tutti gli spunti più virtuosi emersi nell’ultimo anno, nonostante la pandemia. I primati riguardano settori anche molto diversi tra loro, ma complementari nell’ambito di una visione d’insieme orientata alla qualità, alla sostenibilità, all’innovazione e alla responsabilità: economia circolare, energie rinnovabili, made in Italy, green economy, design, nautica da diporto, legno arredo, agricoltura sostenibile, produzione farmaceutica, biciclette. L’Italia, spiega Realacci introducendo il rapporto 2021, è “presente sui mercati internazionali grazie alla capacità di tenere insieme competitività, ambiente e coesione sociale, innovazione e tradizioni antiche, empatia e tecnologia, bellezza, capitale umano e comunità”. E la pandemia, paradossalmente, ha spinto molte aziende a perseguire questi obiettivi con impegno maggiore, evidenziando la necessità di un cambiamento.
I primati dell’Italia
Molti hanno colto questa opportunità, e i dati raccolti da Symbola confermano la bontà del percorso intrapreso. Basti pensare che, in Europa, l’Italia è il Paese con la più alta percentuale (79%) di riciclo sulla totalità dei rifiuti; e in fatto di sostenibilità, il made in Italy vanta un 31% di imprese che nell’ultimo anno hanno investito in tecnologie green. Se calata nel contesto delle realtà under 35, la percentuale sale addirittura al 47%. E il rapporto lo conferma: le imprese che investono nel green esportano di più, innovano di più e creano più posti di lavoro. Poi c’è il primato del design: l’Italia vanta 34mila imprese di settore, capaci di generare oltre tre miliardi di euro di valore aggiunto. Ancora una volta, questa abbondanza rappresenta un caso senza eguali in Europa. Oltre al più curioso primato raccolto dall’industria delle biciclette (l’Italia è il primo esportatore europeo di biciclette per un valore complessivo di 609 milioni di euro e una crescita del 15,2% rispetto all’anno precedente), uno dei selfie evidenziato da Symbola si concentra sul ruolo e i numeri dell’agricoltura nazionale.
Le virtù dell’agricoltura italiana
L’agricoltura italiana è tra le più sostenibili in Europa, con una quantità di emissioni pari a 30 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti, nettamente inferiori a quelle di Francia (76 milioni), Germania (66 milioni), Regno Unito (41 milioni) e Spagna (39 milioni). Il settore ha ridotto del 20% l’uso di pesticidi (nel periodo compreso tra 2011 e 2018), aumentando l’utilizzo e la produzione di energie rinnovabili e riducendo i consumi di acqua. Per quel che riguarda lo specifico della produzione, il settore vanta 313 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 524 vini Dop/Igp, oltre a 5.155 prodotti tradizionali regionali. E può annoverare anche il maggior numero di aziende agricole biologiche. Nel 2020 l’agroalimentare ha saputo resistere, confermando il trend positivo delle esportazioni, per un valore di 46,1 miliardi (+1,8% sul 2019). Incoraggiante anche il capitolo dedicato ai giovani, in un Paese che deve fare i conti con la galoppante disoccupazione giovanile: in agricoltura, l’Italia detiene il primato comunitario per numero di under 35 alla guida di un’impresa agricola (in totale sono oltre 56.000). Stesso dicasi per la presenza delle donne: un’azienda agricola su quattro (28%) è guidata da donne, quasi 210mila imprenditrici che danno linfa al settore.
Le difficoltà del settore
In questo quadro di speranza per il futuro non bisogna dimenticare le difficoltà del presente, sottolineata da un’analisi Coldiretti concomitante con la pubblicazione del rapporto di Symbola. Facendo riferimento ai dati Istat raccolti nell’ultimo anno, Coldiretti evidenzia come il 9,5% delle imprese agricole italiane ritenga impossibile tornare alla situazione antecedente alla pandemia, schiacciate dall’aumento dei costi di produzione e dalla mancanza di liquidità, dovuta anche alla contrazione della domande di prodotti per la chiusura forzata di bar e ristoranti e per il crollo del turismo.