“Le persone hanno bisogno di svagarsi”. È un Boris Johnson particolarmente pacato e benevolo quello che si è presentato in conferenza stampa a Downing Street lo scorso 23 giugno. Indetto per annunciare la ripartenza di molte attività e servizi nel Regno a partire dal 4 luglio, l’incontro si è soffermato su alcuni passaggi chiave che regoleranno la graduale riapertura del Paese. Tra i settori che si rimettono in moto c’è anche quello della ristorazione, che porta i segni di tre mesi di chiusura (dal 20 marzo scorso), ed è stato salutato dalla benedizione del Primo Ministro: “Non vedo l’ora di tornare al pub o al ristorante”, ha chiosato Johnson, enunciando le misure necessarie a contenere il rischio sanitario. Nel segno di una serie di facilitazioni che nelle intenzioni del Governo serviranno a dare respiro a un comparto colpito duramente (qui la testimonianza di alcuni addetti ai lavori italiani a Londra, durante il lockdown).
Le misure di sicurezza al ristorante
Innanzitutto, rispetto alle linee guida precedentemente tracciate con il parere dell’autorità sanitaria, la distanza di sicurezza richiesta si riduce da 2 a 1 metro (“in presenza di rischio moderato e se non è possibile garantire i 2 metri”, ma solo in Inghilterra, perché Galles, Scozia e Irlanda del Nord faranno osservare la distanza di 2 metri), con l’accortezza, però, di osservare esclusivamente servizio al tavolo nei luoghi chiusi, ottimizzando il lavoro dello staff e riducendo al minimo i contatti durante la permanenza degli ospiti (limitando, in linea generale, la permanenza faccia a faccia tra due persone, e favorendo, ove possibile, l’organizzazione del lavoro fianco a fianco, o di spalle). Consigliata, ma non obbligatoria, la registrazione dei dati dei clienti per un periodo di 21 giorni. Nel pacchetto di suggerimenti per i ristoratori, inoltre, finiscono anche una serie di misure precauzionali che abbiamo imparato a conoscere: favorire i pagamenti elettronici, assicurare la disponibilità di gel disinfettanti, curare l’aerazione del locale, incentivare il servizio d’asporto (per quel che riguardo l’uso delle mascherine invece, “clienti e lavoratori che vogliono indossarle sono autorizzati a farlo”, ma non è previsto nessun obbligo). Prediligere l’allestimento di tavoli all’esterno. Insomma, tutto molto simile al ‘modello italiano’.
Le facilitazioni per ristoranti e pub outdoor
Ricorrere al servizio outdoor potrebbe rivelarsi essenziale per pub e bar, dove sembra non sarà consentito (o caldamente sconsigliato) stazionare al bancone, com’è uso più che consolidato nelle birrerie inglesi. Spesso autentici cunicoli. Dunque, il governo inglese si muove in soccorso degli esercenti, sul modello di quanto già fatto in altri Paesi (vedi anche l’Italia, soprattutto con Milano, e New York, dove la pedonalizzazione di intere strade ha dato vita a colorati spazi per ritrovarsi seduti all’aperto nel bel mezzo della città). La procedura per richiedere l’occupazione di suolo pubblico, già rapida, sarà semplificata con decorrenza immediata (per ottenerla si passa da 28 a 5 giorni), contestualmente alla riduzione dei costi per l’autorizzazione della concessione; e pub e ristoranti potranno allargarsi all’esterno occupando anche lo spazio dei parcheggi per le auto, mentre la vendita degli alcolici sarà consentita – temporaneamente - anche nelle aree esterne adiacenti al locale prima interdette. Analogamente saranno semplificate le regole per esercitare vendita di street food e allestimento di mercati gastronomici e fiere, la cui autorizzazione dovrebbe essere concessa nei prossimi mesi senza eccessive lungaggini, “con l’obiettivo di trasformare il modo in cui le persone acquistano e socializzano”, specifica la comunicazione ufficiale del governo. Cui fanno eco le parole del ministro alle attività produttive, Alok Sharma: “I nostri pub, i ristoranti, i caffè sono la linfa vitale delle nostre strade e dei centri cittadini e faremo tutto il possibile per assicurare che si rimettano presto in piedi, nel modo più veloce e sicuro possibile”.