“Premettendo che io non ero presente, che non l'ho invitata e non sapevo neanche chi fosse, ma mi sembra di aver capito che questa pseudo influencer sia stata a mangiare nella nostra pizzeria sul lungomare. Contenta e soddisfatta del servizio e della pizza ha fatto delle storie su Instagram ma poi dopo averle presentato il conto le ha cancellate. Ditemi che è uno scherzo”, scrive Errico Porzio, dell'omonima pizzeria, in risposta al messaggio ricevuto dalla influencer che lo informava di essere stata costretta a cancellare video e foto dalle sue storie perché il suo è un lavoro e dunque non sponsorizza gratuitamente aziende, al massimo si occupa di cambio merce/servizio. La influencer – che evitiamo di menzionare per evitare eventuali shitstorme, tanto ai fini del racconto poco importa chi sia – poi scrive: “Recensisco positivamente l'azienda o il prodotto da sponsorizzare in cambio del servizio o del prodotto stesso offerto GRATUITAMENTE. Apprezzo la vostra cordiale accoglienza, però insomma, capirete che il lavoro è lavoro!”.
Il lavoro è lavoro
Un assunto su cui siamo tutti d'accordo. Il lavoro va retribuito. Ma qui ci sono due nodi da sciogliere: è vero che l'influencer non è stata invitata? Non lo sappiamo, quel che sappiamo è che capita, a volte, che i ristoratori “invitino” per poi far pagare il conto. Per sciogliere questo nodo, dunque, la soluzione è semplice: ristoratori, non utilizzate più la parola “invitare” se poi, come giusto che sia, avete intenzione di far pagare il conto.
Influencer, un mestiere che andrebbe regolamentato maggiormente
Seconda questione: mettiamo che l'influencer alla fine non abbia dovuto pagare il conto, in questo caso lo avrebbe dovuto specificare sia nelle stories che nell'eventuale post (è un obbligo giuridico). E a onor di cronaca nei post della influencer in questione non abbiamo trovato molti hashtag che fanno riferimento a #ad, #adv, #gifted o #suppliedby. Quest'ultimo, nel caso specifico, sarebbe stato perfetto perché si usa principalmente quando non si percepisce alcun compenso in denaro e il prodotto o il servizio presentato nel brandend content è usufruibile dall’utente, come un viaggio, una vacanza o per l'appunto una cena. Se si omette l'hashtag siamo nel campo della pubblicità occulta.