Matteo e Salvatore Aloe, trasferitesi da Maida a Bologna per studiare Economia, aprono la prima pizzeria Berberè nel 2010 a Castel Maggiore, hinterland di Bologna. Oggi, a Modena, toccano quota 18 punti vendita.
Intervista a Matteo e Salvatore Aloe di Berberè
18 punti vendita in Italia + 2 a Londra: ora possiamo parlare di franchising (o confermate quanto detto in questa intervista)?
Direi di no. Il nostro modello di impresa è sempre stato e rimane quello diretto. Tutte le nostre pizzerie sono gestite direttamente da noi, è come avere una pizzeria diffusa su più luoghi. Oramai siamo infatti oltre quota 300 persone coinvolte direttamente in Berberè.
Siete sempre solo voi due o avete altri soci?
Io e Matteo controlliamo la maggioranza delle quote del brand, ma il lavoro che ha fatto tutto il team in questi anni ha creato le condizioni per attrarre investitori che credono nel modello che abbiamo messo in piedi. Questo è fondamentale per supportare la crescita e il percorso che abbiamo in mente di fare. Qualche settimana fa abbiamo avuto un ingresso in minoranza di un investitore indipendente, Hyle Capital Partners, che ha seguito il nostro lavoro per diverso tempo prima di decidere di supportarci. Penso che il team di Berberè abbia dato prova di saper gestire le complessità e costruire un modello che non si basa sulla semplificazione e banalizzazione estrema, ma sulla gestione delle conoscenze, la formazione e la gestione delle risorse umane. Credo che Hyle, come tutti i fruitori e le fruitrici di Berberè, abbiano visto e riconosciuto in primis questa abilità.
Come riuscite a garantire una qualità così elevata in tutti i locali?
La gestione diretta è faticosa, come dicevo prima è come gestire una grande pizzeria diffusa in luoghi anche molto diversi e distanti tra loro, ci vogliono dedizione, professionalità e un grande lavoro di squadra. Rispondendo alla domanda, riusciamo a garantire la qualità del nostro prodotto e dell’esperienza complessiva della clientela nelle nostre pizzerie attraverso la gestione delle nostre risorse umane.
Spiegaci meglio
Quando abbiamo capito che il nostro prodotto aveva del potenziale e che era possibile immaginare uno sviluppo e una diffusione su aree geografiche più ampie, la prima cosa che abbiamo fatto è stata dotarci di una struttura umana forte, coesa e competente. Sembra una banalità ma non lo è. Lo abbiamo fatto costruendo rapporti di fiducia con le persone che sono cresciute in azienda, applicando la formazione on the job ma soprattutto investendo in “mezzi” culturali fondamentali, come ad esempio corsi di formazione sulla gestione economica e la leadership, o corsi sulla comunicazione di genere, perché la crescita professionale non ha senso se non è ancorata ai valori aziendali.
Come è strutturato l'organigramma aziendale?
Oggi Berberè è gestita da circa 30 persone che lavorano fuori dalle pizzerie in ruoli di Hr, amministrazione finanziaria, controllo, qualità del prodotto, comunicazione e marketing, tra cui una responsabile “operations”, con noi da 13 anni, coadiuvata da 5 area manager. Tutto deve funzionare secondo un processo codificato e armonioso, non basta avere le migliori figure dedicate nei posti giusti. La struttura e gli standard rappresentano la vera sfida. È come avere i migliori giocatori o giocatrici a disposizione in uno sport a squadre. Senza una visione di gioco comune e una strategia condivisa da applicare in campo è molto improbabile la vittoria finale.
Nel concreto cosa significa?
Che ad ogni livello ci sono dei processi da seguire, in cui tutte le persone in azienda lavorano con un unico obiettivo chiaro: persone gentili che servono pizze buonissime in posti bellissimi. La qualità del nostro prodotto è ovviamente la cartina tornasole di tutto: tutto l’organismo aziendale si prende cura della qualità dalla mattina alla sera, tutti i giorni dell’anno.
A Londra avete adottato qualche accortezza specifica?
Ad eccezione di qualche adattamento di “gusto” nelle proposte, stiamo portando avanti la stessa organizzazione, importiamo direttamente gli ingredienti dall’Italia, facciamo programmi di formazione esattamente come per le squadre italiane.
C'è una città che vi dà più soddisfazione di altre?
Tutte! Davvero, io adoro sentirmi un “locale” ovunque abbiamo una pizzeria, mi piace vivere le città e ne traggo sempre soddisfazione. Se proprio devo citarti una città oggi direi Verona. Perché quando abbiamo aperto nel 2018 abbiamo iniziato male: abbiamo realizzato che era colpa nostra perché avevamo sbagliato layout e stile del locale. Lo abbiamo stravolto, approfittando di uno dei lockdown Covid, e ora è quello che ha la crescita più forte e i risultati più sorprendenti. Insomma una bella storia!
La città più “difficile”? Tiriamo a indovinare: Roma?
Forse, ma anche la pizzeria di Roma cresce, come ci disse Bonci all’apertura, Roma crescerà ogni settimana di pochissimo, ma crescerà. Aveva ragione.
Cosa ci dobbiamo aspettare da questa nuova apertura a Modena?
Come al solito il locale sarà bellissimo (ride). Rimaniamo convinti che la particolarità del nostro brand sia non solo servire una pizza buonissima, ma farlo con gentilezza e in luoghi in cui è piacevole passare una serata con amiche e amici o con la famiglia. E anche la pizzeria di via del Taglio a Modena sarà così: divertente e accogliente. Si trova in pieno centro storico, in un locale che dagli anni ‘70 ha sempre ospitato pizzerie. Lo abbiamo ristrutturato, mantenendo le principali caratteristiche architettoniche, e dando lo stile tipico di Berberè, garantito dalla collaborazione ormai decennale tra lo studio Avamposti e l’agenzia Comunicattive. Come sempre ci saranno la cucina a vista, l’opera muraria delle TO/LET, la boiserie che ormai caratterizza tutti i nostri locali. Sarà un bel posto.
Dal 2010 a oggi quanto e come è cambiato il settore?
Berberè è un progetto che è partito oramai 13 anni fa. Sembra ieri e di cose ne sono successe nel mercato (ci piace pensare anche grazie a progetti come il nostro) e tendenzialmente cose belle oserei dire. Il mondo della pizza e delle pizzerie ha avuto una evoluzione accelerata senza precedenti e nella direzione, generalmente parlando, della qualità e dell’innovazione, seppure, inutile sottolinearlo, l’offerta enorme quotidiana di pizze nel mondo è ancora tendenzialmente di scarsa qualità.
I clienti sono più “evoluti”?
La clientela è diventata più “preparata”, decisamente più curiosa e si è abituata a cercare la qualità soprattutto nel mondo delle pizzerie che per accessibilità hanno sostituito spesso anche altre tipologie ristorative.
Oltre alla qualità delle pizze, qual è la chiave del vostro successo?
Berberè ha un'idea precisa delle pizzerie, ci sono regole di utilizzo delle stesse che non vogliamo rompere ma interpretare, che si racchiudono sicuramente nella parola “accessibilità”: di prezzo, di comunicazione, di utilizzo.
Un esempio?
Dare il tempo in mano alla clientela il più possibile. Berberè è una scelta che puoi fare se hai un appuntamento al cinema 45 minuti dopo oppure se devi festeggiare un'occasione speciale e vuoi spendere due ore con noi. Questa per noi è una pizzeria, dove l’aspetto contemporaneo è espresso nel confort, nella qualità degli spazi e ovviamente nelle scelte e trasformazioni della materia prima. Detto ciò non significa che non ci possano essere altri format di pizzeria belli comunque e che apprezziamo come clienti, forse è l’aspetto più bello della pizza, l’infinita adattabilità.
Come definireste la vostra pizza?
Per noi è semplicemente Pizza da lievito madre vivo. Può sembrare una banalità, ma il processo della fermentazione con lievito madre vivo è una vocazione, un’identità e una scelta di campo importante, che dà la struttura a tutto il nostro modo di lavorare e all’organizzazione dei tempi in ogni locale. E soprattutto è l’unica tecnica che conosciamo e che sappiamo fare bene!
Parliamo di condimenti
Cerchiamo di rispettare sempre la stagionalità e di sorprendere spesso la nostra clientela, che stimoliamo a condividere più possibile le pizze al tavolo. Per questo la tagliamo già in 8 fette, per rendere più facile la condivisione e per incoraggiare a provare anche le guarniture più divertenti o inusuali.
Avete difficoltà a trovare personale?
In una azienda che si occupa di servizi e in particolare di hospitality, le persone sono chiaramente la risorsa più importante, senza finire nella retorica tipica. Tralasciando quello che si può fare su tale argomento in ambito politico ma che non è nelle nostre mani, così come le difficoltà del mercato del lavoro che sono innegabili, il nostro approccio è da sempre stato culturale.
In che senso?
L’idea di base è condividere più conoscenze possibile con tutte le persone che entrano a far parte della squadra. Questo chiaramente avviene su più livelli e in modo stratificato per esperienza, ruolo e percorso personale, ma posso affermare che è ciò che oggi rappresenta la spina dorsale di Berberè. Una sana cultura del lavoro, la condivisione dei valori aziendali dal primo giorno e la trasparenza che non devono rimanere solo nella teoria ma diventare processo aziendale.
È dunque possibile una “sana cultura del lavoro”?
Direi di sì. Una chiara organizzazione aziendale per tutte le persone, ad esempio, rende la gestione di ogni necessità più fluida, che significa anche non disperdere tempo e risorse economiche. Creare un sistema di responsabilità diffusa e investire in tecnologia per aiutare la gestione delle risorse umane pensiamo sia la strada corretta. Infine, per essere ancora più specifici rispetto alle risorse umane di una azienda come la nostra, è fondamentale la capacità di gestire i diversi approcci delle persone a un lavoro del genere, con una buona dose di consapevolezza che il gruppo di persone che lavorano nella ristorazione è in realtà poco omogeneo e costellato di sottogruppi che hanno motivazioni, provenienze professionali, interessi, tempo a disposizione estremamente differenti.
Quanto fatturate?
Per il 2023 ci aspettiamo un fatturato di circa 20 milioni di euro.
Quando aprirete in Calabria?!
Ride...
Modena - via del Taglio, 40 - www.berberepizza.it