Nato in Sicilia ma ormai da anni tra i punti di riferimento del bartending fiorentino, Paolo Ponzo è uno di quei personaggi che sembrano usciti da un’epoca passata. Sempre elegante, nel modo di vestire come nel modo di porsi, è un valido esempio di amore per il proprio lavoro. Passione, sì, ma anche una vastissima conoscenza.
Perché Paolo, al lavoro dietro il bancone affianca quello di ricercatore e studioso della storia del bartending, che lo porta a girare librerie antiquarie e biblioteche inaccessibili in giro per l’Italia. Un minuzioso lavoro di ricerca che gli ha consentito di riportare alla luce due opere perdute, destinate a riscrivere la cronologia della storia dei bar così come l'abbiamo conosciuta a livello italiano ed europeo.
Il ritrovamento di Cocktails Portfolio
Poco più di un anno fa, presso una libreria antiquaria, Ponzo ritrova un piccolo ricettario sconosciuto, scritto da un bartender toscano di nome Elio Cavallari, che dalle sue ricerche risulta essere il quarto in assoluto della storia italiana. Invece di pubblicarlo e prendersi il merito della scoperta, il bartender si è dedicato anima e corpo alla sua analisi, ricostruendo non solo la storia del libro, ma anche quella dell’autore.
Mentre procede alla stesura delle proprie ricerche, si imbatte in un secondo titolo ancora sconosciuto agli addetti ai lavori, ovvero Cocktails Portfolio. Nonostante nominalmente il volume risulti ancora presente nel catalogo della Biblioteca Nazionale di Firenze, l’acqua dell’Arno non lo ha risparmiato durante la famigerata alluvione del ‘66. Ma per fortuna, una seconda copia è disponibile, sperduta in una biblioteca marchigiana, e dopo vari viaggi e altrettante richieste, Ponzo finalmente è riuscito ad aver accesso all’opera. Quello che ne è risultato (e che è stato presentato nella kermesse Milanese Aperitivi&co) è stata un'incredibile scoperta.
Amedeo Gandiglio storia di un barman sconosciuto
Scritto a Milano e pubblicato nel 1947 a Torino (da “la Orma”, Tipografia Artistica Nazionale), Cocktails Portfolio è un ricettario indissolubilmente legato all’uomo che lo ha scritto e al periodo storico della sua pubblicazione. Per capire al meglio l’opera, infatti, bisogna partire dal suo autore, Amedeo Gandiglio. Curiosamente, questo bartender non è rimasto nella memoria collettiva, nonostante nella sua carriera abbia goduto di discreti successi, forse perché non apparteneva a quell’elite di barman che un paio di anni dopo fonderà l’AIBES. La sua vita è a tutt’oggi in buona parte avvolta nel mistero, e quello che è stato possibile ricostruire riguarda principalmente la sfera lavorativa.
Dalle informazioni raccolte da Ponzo, riusciamo ad abbozzare il ritratto di un uomo deciso e intraprendente, mosso da una grande voglia di emergere. Le sue prime tracce lavorative sono ad Aix-Le-Bains, città termale della Savoia (che, ricordiamo, era stata italiana fino al 1860) che aveva conosciuto un fiorente turismo fatto di personaggi illustri e membri dell’alta società prima dello scoppio della Grande Guerra. Successivamente Gandiglio comincia una carriera internazionale, spostandosi tra Costa Azzurra, Londra, Scozia e Bermuda. Rientra in Italia solo nel 1939, e viene assunto al Casinò di San Remo, ma la sua esperienza come barman nella città dei fiori finisce presto a causa della guerra: il casinò verrà chiuso nel giro di un anno per il sopraggiungere del secondo conflitto mondiale.
Gli altri volumi storici sui cocktail
“Se qualcuno oggi mi chiedesse quale sia il più bel libro di cocktail mai scritto nella storia del bartending mondiale, non avrei alcun’ombra di dubbio ad affermare che è italiano!” dichiara Paolo Ponzo. “La ricercatezza artistica è proprio ciò che contraddistingue questo volume rispetto ai testi analoghi già conosciuti. Il confronto con i pochi testi a disposizione fino ad oggi, quali quelli di Ferruccio Mazzon ed Elvezio Grassi, non regge infatti sotto questo aspetto, mentre il libro Cocktails di Piero Grandi è costituito soltanto dalle pagine pubblicitarie e dalle illustrazioni riguardanti gli american bar degli hotel membri di U.N.I.T.I. (potente associazione turistica internazionale con sede a Roma negli primi anni ’20). In quest’opera invece c’è una vera e propria ricercatezza artistica, una volontà di elogiare il bello oltre che di raccontare la società contemporanea”.
Ettore Sottsass per Cocktail Porfolio
Il merito è senza dubbio da attribuirsi alle tavole di Ettore Sottsass, poliedrico architetto, pittore, designer e fotografo nato ad Innsbruck e cresciuto a Torino, tra i più celebri designer italiani, passato alla storia anche grazie alla sua collaborazione pluriennale con Olivetti. Il rapporto con l’azienda d’Ivrea iniziato nel 1958, e durato oltre trent’anni, porta Sottsass a disegnare tra l’altro il primo calcolatore elettronico italiano, Elea 9003 (1959). Ciò gli frutterà numerosi premi, tra cui tre Compassi d’oro. Molto amato anche all’estero, Sottsass è stato selezionato da Emilio Ambasz per rappresentare il nuovo design italiano all’epocale mostra del MoMA intitolata “Italy. The new domestic landscape” (1972), ed è stato protagonista di numerose mostre.
Le tavole originali di Ettote Sottsass
Il suo apporto a questo volume è notevole, avendo realizzato per Cocktail Portfolio numerose tavole originali, che raccontano il passaggio tra ‘800 e ’900, e il conseguente cambio di costume tra le due epoche. Non sappiamo come le storie di questi due personaggi, così diversi tra loro, si siano incrociate, ma il risultato è unico al mondo, e possiamo dire che l’affermazione iniziale dello storico del bar sulla bellezza dell’opera è decisamente condivisibile.
Cocktail: il drink che unisce due secoli
L'opera è un ricco ricettario composto da 325 ricette, oltre a un’introduzione dell’autore e alle già citate tavole di confronto tra i due secoli. E questa tematica trova una spiegazione proprio nelle prime righe del libro, dove Gandiglio esordisce scrivendo che “il cocktail è un prodotto del nostro secolo, ma che fece la sua apparizione nel secolo precedente”. Questa liaison tra passato e futuro lo accompagna per tutta la stesura dell’opera, nel più canonico dualismo tra innovazione e innovazione.
La prima ricetta del Negroni
Se già il ritrovamento di un’opera del genere sarebbe sufficiente a fare scalpore, nell’anno del centenario del Negroni l’eco di questo libro ha le potenzialità per superare i confini nazionali. L’opera infatti, contiene ben due ricette del cocktail italiano più amato al mondo. Un dettaglio bibliografico non secondario: fino a oggi la cronologia conosciuta della codifica dell’aperitivo del Conte Camillo Negroni (leggendario padre putativo del cocktail che porta il suo nome) cominciava a Cuba nel 1939 con il libro di Costante Ribailagua, ed arrivava in Europa solo un decennio dopo grazie al ricettario El Bar dello spagnolo Jacinto Sanfeliu Brucart nel 1949.
Il libro di Amedeo Gandiglio del 1947 dunque cambia le carte sul tavolo, collocando le due ricette al primo posto nella cronologia storica, sia italiana che europea. Ma perché parliamo di due ricette? Nel libro compare la ricetta classica del cocktail così come la conosciamo e con il suo nome attuale, ma anche un (come lo chiameremmo oggi) twist sulla ricetta, una sua variante chiamata Asmara Negroni (in epoca fascista era piuttosto comune usare nomi che celebrassero le grandi imprese del regime, ad esempio chiamare un cocktail Mussolini o, come in questo caso, con il nome di una città del neonato Impero). Ferma restando la data di invenzione del 1919 – da qui i cent’anni che si festeggiano in questo 2019 – esistono poi tutta una serie di date di pubblicazione ufficiale e di codifica della ricetta. Timeline che questo ritrovamento potrebbe modificare.
Una storia italiana che coinvolge quattro uomini e tre epoche, partendo dal Conte Camillo e gli ultimi bagliori dell’età monarchica, passando per il ventennio attraverso le parole di Amedeo Gandiglio, per poi toccare il boom economico attraverso il design di Sottsass. Fino ad arrivare a oggi e a Paolo, simbolo di un mondo che guarda al passato con rispetto e accuratezza, cercando l’ispirazione che guidi il Negroni nel suo prossimo secolo di vita, come un’eccellenza italiana che da sempre va di pari passo con la storia del Paese.
a cura di Federico Silvio Bellanca