Le condizioni meteorologiche estreme fanno prefigurare una campagna olearia disastrosa in tutta Europa. Intanto, tra prezzi alle stelle e incognite sul futuro dell’oro verde italiano, c’è chi prefigura una produzione di olive da piante geneticamente modificate.
Le stime di produzione europee e del Mediterraneo 2023/2024
Lo scorso 11 luglio la Commissione DG AGRI (la Direzione generale per l'agricoltura e sviluppo rurale della Commissione europea) ha presentato la situazione del mercato nei settori dell'olio d'oliva e delle olive da tavola. Una situazione non felice dato che per la campagna di commercializzazione 2022/23, la produzione mondiale è stimata in circa 2,5 milioni di tonnellate, in calo del 26% rispetto alla campagna precedente e del 23% rispetto alla media quinquennale. La diminuzione è guidata dalla bassa produzione nell'UE.
Per quanto riguarda invece le stime di produzione della campagna 2023/2024 la faccenda comincia ad assumere toni drammatici: si prevede che la produzione di olio d'oliva dell'UE diminuirà del 39% a quasi 1,4 milioni di tonnellate, il livello più basso dalla campagna 1994/95. Mentre in Grecia la produzione dovrebbe riprendersi raggiungendo le 340.000 tonnellate, il vero problema comincia a essere in Spagna dove si prevede che la produzione diminuirà fortemente del 56% a 663.000 tonnellate, a causa dell'impatto negativo della siccità sulle rese delle olive. Una situazione pericolosa per il primo produttore al mondo di olio di oliva che già in quest’ultimo anno aveva quasi dimezzato la produzione, rispetto alle 1,48 milioni di tonnellate del 2021/2022. Non meno preoccupante il panorama italiano dove il calo si dovrebbe attestare intorno al 27% con 241.000 tonnellate. Nei paesi extra UE la produzione è prevista stabile a 1,1 milioni di tonnellate, con un calo in Tunisia (del 25% a 180.000 tonnellate) e in Marocco (del 22% a 156.000 tonnellate).
Il vertiginoso aumento dei prezzi e il problema spagnolo
Sul fronte prezzi il confronto è impietoso. Se si mettono vicini i prezzi del listino olio della Borsa Merci di Bari nelle rilevazioni del 2 agosto 2022 e quelle dell’1 agosto 2023 si può constatare un netto raddoppio delle quotazioni dell’olio italiano che sono passate da 4,5 euro a 9. Le cause sono soprattutto da identificarsi in primis con l’aumento delle temperature e della mancanza di precipitazioni in Spagna, il più grande produttore mondiale, così come in Italia e Portogallo. La questione sta diventando una questione nazionale in Spagna, dove l'olio d'oliva è un prodotto di base con un'influenza enorme sull’economia del paese. In questo contesto alcuni grandi investitori stanno realizzando che il cambiamento climatico potrebbe rivelarsi un supporto a lungo termine all'inflazione globale, impattando in modo consistente sui prezzi alimentari e sulle economie nazionali che devono contrastarla in ogni modo possibile.
La crisi olearia e la domanda estrema: gli olivi OGM potranno essere una soluzione?
Di venditori di fumo nel settore olivicolo l’Europa ne ha avuti tanti. Ad esempio di impianti superintensivi non adeguatamente progettati e risultati poco produttivi dopo pochi anni ne sono stati segnalati tanti tra Spagna, Portogallo, Italia e Grecia. La tendenza alla standardizzazione dell’olio attraverso un’omogeneità varietale è una realtà che nella penisola iberica conoscono molto bene e con gli anni ha portato a quello che vediamo oggi. Nonostante di cambiamento climatico si stia parlando da decenni, negli ultimi anni la Spagna (e non solo) si è resa protagonista di uno dei più impattanti piani olivicoli che con il tempo ha provocato disastri ambientali come quello relativo al Rio Aguas nel deserto di Tabernas. In sostanza si è verificato quello che viene chiamato “il paradosso di Jevons”: più le innovazioni tecnologiche accrescono l'efficienza con cui una risorsa viene utilizzata, più è probabile che il consumo di tale risorsa aumenti.
Ora, per far fronte a quella che dovremo imparare a percepire come una continua e costante carenza di olio da olive, c’è chi mette in mezzo anche gli ogm. A tal proposito il presidente dell’inglese NEODA - National Edible Oil Distributors Association - Gary Lewis, uno che si preoccupa fondamentalmente del fatto che ci sia grasso vegetale per tutti, non importa quale, ha dichiarato a FoodNavigator: "Il mercato semplicemente non può produrre abbastanza per soddisfare la domanda e, di conseguenza, i prezzi rimarranno alti per il prossimo futuro, almeno fino alla fine del 2024”. Come possiamo mitigare l'impatto delle condizioni meteorologiche estreme? “Non ci sono proiettili d'argento”, ha detto Lewis. “Le varietà commerciali che utilizziamo sono già molto robuste e progettate per resistere a grandi fluttuazioni di temperatura e meteorologiche. Una parte della soluzione potrebbe essere quella di rivolgersi a soluzioni OGM che vengono usate ampiamente negli Stati Uniti. Modificando geneticamente le colture è possibile renderle più robuste e aumentare i raccolti". Per queste persone non esiste quindi un problema di natura ambientale che fa affrontato alla radice, ma l’obiettivo è quello di arginare la catastrofe con sotterfugi improbabili. Tanto l’importante è produrre olio. Non importa se da Coratina o da Nocellara, non importa se extravergine o vergine o di colza o di girasole. Bisogna fare olio.
La ricerca italiana sugli olivi geneticamente modificati
Risale a giugno 2012 l'ultima notizia che si ha relativa a un'operazione di questo tipo sugli ulivi. In quel periodo, infatti, l'esecuzione di un'ordinanza del Ministero dell'Ambiente, spinta dalla Fondazione Diritti Genetici di Mario Capanna, mise fine a una ricerca trentennale dell'Università della Tuscia su ulivi, ciliegi e kiwi geneticamente modificati. Si perché fino a poco tempo fa la sperimentazione in campo aperto degli ogm era vietata in Italia; una normativa che è cambiata proprio pochi mesi fa. In quell'occasione però si notò gli ulivi (modificati per aumentare la resistenza a malattie fungine) non avessero prodotto alcun fiore, neanche nel periodo dal 2009 al 2012, a causa di un ringiovanimento delle piante subìto durante la permanenza in vitro.