Votano gli chef. Ma solo se hanno le stelle
Michelin, 50 Best Restaurants, La Liste… E l’elenco potrebbe continuare, tra classifiche e riconoscimenti più o meno accreditati nel mondo che determinano un anno dopo l’altro gli equilibri dell’alta ristorazione internazionale. Ma i veri addetti ai lavori, gli chef, cosa pensano l’uno dell’altro? E a chi riconoscono la palma della vittoria? A raccogliere il pensiero dei cuochi di tutto il mondo ci pensa da tre anni il magazine Le Chef, sommando le votazioni anonime – 5 nomi per ciascuno – dei tristellati e bistellati Michelin. E certo che qui casca subito l’asino di questo approccio Michelin-based, considerando che la Francia da sola detiene un numero almeno pari al doppio delle stelle di ogni altro Paese recensito dalla Rossa: nel 2016 sono state 600 le insegne stellate, contro le 343 appena confermate dell’Italia, che in classifica ottiene il secondo piazzamento, ma di molto staccata dal podio della cugina d’Oltralpe. E pure se consideriamo solo i ristoranti che detengono due o tre stelle il risultato non cambia di molto, anzi il divario si accentua. Facile prevedere, quindi, il predominio evidente della compagine francese in testa alla lista, che di nomi ne mette in fila 100, dal più autorevole – quello che meglio rappresenta la professione e il talento in cucina per i colleghi – a scendere per numero di voti ricevuti.
Il predominio francese. Trionfo di Alain Passard
Così come non stupisce ritrovare per il terzo anno consecutivo uno tra i grandi veterani della cucina francese in cima alla top 100: prima è toccato a Pierre Gagnaire, l’anno scorso a Michel Bras, mentre quest’anno le preferenze dei 534 giurati d’eccezione si appuntano su Alain Passard, grande protagonista dell’anno appena trascorso, che il maestro de L’Arpege l’ha visto premiato in tutte le salse. Con lui, sul podio, salgono lo chef più stellato di Spagna, Martin Berasategui (fresco trionfatore della Michelin Spagna 2017) e Pierre Gagnaire. Ma la top 10 registra la presenza di altri tre conterranei del primo della lista: Michel Bras (quarto), Eric Frechon (sesto) ed Emmanuel Renaut (nono); con loro anche il giapponese Seiji Yamamoto (quinto), il belga Jonnie Boer (settimo), Renè Redzepi per la Danimarca (ottavo) e a chiudere il gruppo di testa Joan Roca, decimo, in rappresentanza della Catalogna tristellata. E pure ad ampliare l’orizzonte, per considerare la top 20, il vantaggio schiacciante della Francia non fa che confermarsi, con altri otto piazzamenti utili, da Alain Ducasse a Yannick Alleno, a Michel Troisgros.
L’Italia in classifica. Bottura & Co.
Per trovare il primo italiano, invece, è necessario scendere in 35esima posizione, dove si assesta il più votato degli otto chef tricolori presenti in lista: Massimo Bottura. Con lo chef modenese, a rappresentare la ristorazione d’autore made in Italy, Enrico Crippa (37), Massimiliano Alajmo (41), Nadia Santini (58, una delle due donne in classifica, insieme alla francese Ann Sophie Pic), Heinz Beck (61), Stefano Baiocco (75), Mauro Uliassi (80) e Ciccio Sultano (90). Mentre quest’anno non si classificano Annie Feolde, Davide Scabin ed Enrico Cerea, presenti nel 2016.
In questo gioco delle cucine nazionali, il primo per gli Stati Uniti è Daniel Humm, quattordicesimo con il suo Eleven Madison Park, per la Svizzera c’è Andreas Caminada (28), per la Germania Sven Elverfeld (40). Mentre solo al 77esimo posto si classifica il papà della cucina peruviana Gaston Acurio (e per il rotto della cuffia entra Virgilio Martinez, al 97).
a cura di Livia Montagnoli