Le mani in pasta. I protagonisti
C’erano quasi tutti i protagonisti in sala, al Cinema Ambrosio di Torino, per la première di Le mani in pasta di Marino Bronzino uscito finalmente sugli schermi dopo circa quattro anni dall’ideazione, con il Covid che ha allungato ulteriormente i tempi di lancio. Beppe Gallina, Martino Patti, Enrico Crippa, Oscar Farinetti. Mancavano solo Bruno Ceretto, sostituito dal figlio Federico anche lui presente nel film, e Massimiliano Prete, impegnato in una docenza. Il film racconta questi personaggi di successo del mondo enogastronomico con una serie di interviste-confessioni. Davanti alla macchina da presa, tutti si sono lasciati trasportare in ricordi, anche molto intimi, della loro vita. Come quando Beppe Gallina – il re dei pescivendoli a Porta Palazzo dove la sua famiglia è presente da oltre cento anni – racconta dei rapporti con la mamma e dello sganassone che gli arrivò in faccia il primo giorno di lavoro in pescheria. “Potrai anche essere il figlio del padrone, ma qui dentro sei l’ultima delle m…”, tanto per far capire come funzionava la gavetta qualche decennio fa.
A fare da filo conduttore fra i vari personaggi è Anton Aaron Biondo che nella vita fa il cameriere da Sesto Gusto, il locale di Torino dove Massimiliano Prete sperimenta le sue lievitazioni abbinate a prodotti di altissima qualità. Chiamarle pizze è un po’ riduttivo e Anton, fra il personale di sala, è sempre stato fra i più bravi a spiegare ai clienti la filosofia di Prete. Che notoriamente è personaggio riservato: “Molto di quello che ho da dire, di me stesso e che non sempre riesco a esprimere con le parole, lo metto nel mio lavoro, nelle mie creazioni.”
Le mani in pasta. La storia e gli incontri
Nel film, Anton, ragazzo di madre filippina e padre siciliano, cresciuto ad Alba, con un diploma all’Accademia di Belle Arti, racconta come è nata la sua passione per il mondo della cucina e della ristorazione. E per trovare conferme e confrontarsi con quelle che sono ormai a tutti gli effetti delle icone dell’enologia e della ristorazione si sposta a bordo di una Vespa (immagini un po’ alla Nanni Moretti) fra le Langhe e Torino.
Ad Alba, Enrico Crippa racconta l’incontro con quello che, a quasi vent’anni di distanza, non smette di chiamare “il signor Bruno”, la svolta della sua vita. Fu infatti uno dei Barolo Brothers (copertina del 1986 di Wine Spectator) a dargli le chiavi in mano di Piazza Duomo, diventato in meno di dieci anni uno dei migliori ristoranti del mondo. “Volevo creare ad Alba un ristorante degno di Parigi” racconta Bruno Ceretto nel film, senza nascondere la soddisfazione per un risultato raggiunto “e se oggi su diecimila coperti che facciamo a Piazza Duomo, quattromila sono di clienti francesi, possiamo dire di esserci riusciti.” Parole di uno che per convincere il padre Riccardo a non vendere il vino in damigiana e a introdurre in Langa il concetto di cru se ne andò negli anni Settanta con il fratello Marcello in Borgogna a imparare dai francesi.
E, a proposito di mercati esteri, chi se ne intende come Oscar Farinetti – “sono un commerciante, dovete scusarmi” – commentando a fine proiezione ha suggerito di preparare subito i sottotitoli in francese, “perché questo è un film che piacerà in Francia e negli Stati Uniti.”
C’è spazio anche per raccontare la storia di Martino Patti, storico, percorso accademico alla Normale di Pisa, lavoro alla Treccani, che decide di mollare tutto per mettersi ad allevare capre e fare formaggi a Castagneto Po, sulle colline torinesi. Un rapporto quasi simbiotico con gli animali, perché “sono al loro servizio, come loro lo sono nei miei confronti”.
Il sogno di Enrico Crippa
C’è soprattutto una grande passione per il proprio lavoro nei percorsi di vita tratteggiati dalle immagini di Marino Bronzino, la voglia di realizzare dei sogni. E, a proposito di sogni, c’è sempre il prossimo da concretizzare. Quello di Enrico Crippa, ribadito nella sua testimonianza, è di avere un ristorante aperto solo a pranzo, “perché a pranzo c’è la luce, magari ti sei preso un giorno intero per te stesso, non arrivi stressato da una giornata di lavoro e non devi ritornare a casa col buio, di notte.” Gli risponde, indirettamente, Bruno Ceretto: “Glielo dobbiamo a Crippa, prima o poi partiamo. E lo faremo in un posto bellissimo dove si vedranno i campanili dei tre luoghi che sono nella nostra storia, quelli di Barolo, di Barbaresco, di Alba.”
A film terminato, Federico Ceretto rivolgendosi allo chef ha rinnovato l’impegno. Potremo presto avere un Crippa in versione solare? L’entusiasmo post Covid c’è tutto, vedremo se nei prossimi mesi si concretizzerà il sogno.
a cura di Dario Bragaglia