Ai margini del borgo medievale di Cividale, lungo la strada che porta a Prepotto – noto anche come la “Terra dello Schiopettino” – esiste da pochi anni una piccola azienda agricola, dal nome evocativo e dialettale: L’Asan e La Mussa. Una delle poche realtà, qui nei Colli Orientali del Friuli, a non occuparsi di viticoltura. Infatti, nonostante il vino sia nel suo DNA e abbia rappresentato ai tempi dell’Università un’importante materia di studio, Alessia Moschioni ha deciso di percorrere la propria strada, sottraendosi a un futuro che sentiva non appartenerle. Così nel 2018, dopo la ristrutturazione di un vecchio stabile di famiglia, ha avviato la sua attività: un allevamento “misto”, di capre e asini da latte. Un’avventura che condivide con il compagno Matteo Costa Pelliciari che, sul proprio curriculum, vanta otto anni di esperienza come vice-casaro presso il Consorzio del Parmigiano Reggiano; una passione - quella per il mondo caseario - ereditata dal padre, anche lui ex collaboratore della storica società consortile. Tuttavia, come talvolta accade per le idee più brillanti, la partenza è stata in salita: la vendita dei primi prodotti, infatti, è avvenuta in concomitanza con l’inizio della pandemia. “Il Covid-19 non ha fermato il nostro entusiasmo. Grazie alle consegne a domicilio, infatti, siamo riusciti a far conoscere il nostro marchio, seppur ancora in fase embrionale, prima alle famiglie locali e poi agli operatori della ristorazione, nonostante la proverbiale complessità del mercato friulano, dove prevale ancora una certa e ben radicata diffidenza verso le novità” afferma Alessia.
L’Asan e La Mussa: il bio oltre il bio
Il successo – tutt’altro che prevedibile – sia tra i privati che i professionisti è da ricondursi, oltre che alla qualità delle produzioni, alla trasparenza del processo produttivo, concretamente orientato alla sostenibilità, con la certificazione biologica ottenuta nel marzo del 2021. Il benessere animale - spesso utilizzato per meri scopi pubblicitari - rappresenta per Alessia e Matteo una priorità, che non si limita al solo rispetto delle linee guida fornite dall’Unione Europea ma che tiene conto anche delle specifiche esigenze di razza.
Capre Saanen e asini ragusani per L’Asan e La Mussa
Entrando nella stalla, è possibile notare un’insolita bi-partizione: da un lato, oltre 130 capre di razza Saanen, dal profilo snello e manto bianco, allevate su una superficie complessiva di 900 m2, di cui 450 m2 all’aperto; dall’altro una trentina di asini ragusani, energici e nevrili, dagli occhi grandi e neri, cerchiati da una morbida peluria di colore biancastro, che hanno a disposizione 1800 m2 di spazio in cui muoversi, con un ampio e sempre accessibile recinto esterno. Seppur diverse, entrambe le specie sono apprezzate per la produzione lattifera: non tanto in quantità, quanto in qualità. In media, le capre Saanen producono dai 2,5 ai 3 litri di latte al giorno, con un contenuto di grassi che va dal 3,5 al 4,2%. Nel caso delle asine ragusane, invece, la produzione è molto più variabile e oscilla da 1 a 3 litri di latte al giorno, con una percentuale di grasso nettamente inferiore a quella del latte di capra, attorno all’1% - che non lo rende adatto alla caseificazione. A cambiare, non sono solo le caratteristiche del latte ma anche la frequenza di mungitura. Le capre, infatti, sono munte regolarmente 2 volte al giorno (mattina e sera) mentre, nel caso delle asine, il ciclo è strettamente legato all’età del puledro: fino ai 3 mesi, l’asina viene munta una sola volta al giorno, così da evitare il completo svuotamento della mammella e consentire al cucciolo un accrescimento naturale. Al termine della mungitura, i due latti vanno in contro a un diverso destino: il latte d’asina, per le sue proprietà che lo avvicinano a quello materno, viene utilizzato perlopiù nello svezzamento dei neonati, come alternativa “leggera” al latte vaccino; il latte di capra invece, grazie anche a un maggior contenuto di grassi, è destinato alla produzione di formaggi.
In particolare, viene lavorato all’interno di un piccolo – e sterile – laboratorio attiguo alla stalla, dotato di due caldaie a vapore, rispettivamente da 200 e 600 litri: “la più piccola, la adoperiamo per lavorazioni particolari e su micro-scala mentre la seconda, più ampia e capiente, la usiamo solitamente per la produzione di quei formaggi che caratterizzano sempre la nostra offerta, come le caciottine di capra” sottolinea Alessia, mentre Matteo taglia la cagliata e dalle caldaie si levano nuvole di vapore acqueo, che profumano di latte fresco.
I formaggi caprini
Dalla finestra del caseificio, lo sguardo entra nello spaccio, per soffermarsi sul “banco dei formaggi”. Dagli spalmabili, agli stagionati, fino agli affinati: una sfilata di specialità casearie, che guardano alla Francia con ammirazione, senza sentirsi in difetto. In particolare, a far fibrillare le papille gustative è un caprino di 12 mesi, ottenuto con lo stesso procedimento produttivo del Parmigiano Reggiano e rigorosamente da latte intero: morbido e leggermente piccante, con una persistente ma delicata sapidità, a cui si aggiungono piacevoli note erbacee, ereditate dall’alimentazione fieno-prevalente delle capre. Emozionante anche il Fiorellino, un formaggio a crosta fiorita tipo Camembert, che è il risultato del lavoro in simbiosi di due funghi selezionati, il Geotrichum e il Penicillium.
“Stiamo lavorando anche a un erborinato di capra, con muffe indigene. Avrà una consistenza più compatta rispetto a quelli a cui siamo abituati in Italia. Per produrlo, ci siamo affidati alla tradizione francese e prevediamo di renderlo disponibile all’acquisto entro ottobre” aggiunge Alessia che, intanto, estrae dalla cella frigo una caciotta senza sale, tenendola orgogliosamente tra le mani. Un gusto non codificato che, inizialmente, spiazza il palato - non più abituato a cibi poco saporiti – per poi ripristinare un legame atavico con la materia prima, con l’aroma originario del latte, che rivela un grande potenziale gastronomico.
E probabilmente è proprio la capacità di uscire dagli schemi, di non conformarsi alle richieste del mercato, che conferisce ai formaggi dell’Az. Agricola L’Asan e La Mussa un’impronta estremamente personale e “ribelle”, dove il concetto giapponese del kaizen (miglioramento continuo) assume un senso profondo. “Dai libri abbiamo appreso le nozioni necessarie per iniziare ma è con il lavoro quotidiano, in stalla e in caseificio, che affiniamo le nostre conoscenze, con la consapevolezza che ogni difficoltà rappresenta un reale insegnamento” conclude Alessia.
Un’affermazione che normalizza l’errore; errore che non è più percepito come un fallimento ma come uno strumento essenziale alla crescita, all’evoluzione di un progetto che è uno straordinario esempio di zootecnia sostenibile.
L’Asan e La Mussa - Cividale del Friuli (UD) - Str. di Prepotto, 32 - 392 466 1312 - https://www.facebook.com/lasanelamussa/
a cura di Kevin Feragotto