È successo grazie agli immigrati di fine Ottocento, ma forse sarebbe accaduto comunque: la lasagna conquista (quasi) tutti, specialmente all’estero. Tanto che sulle tavole statunitensi è diventata un classico anche per il Giorno del Ringraziamento, la festa più stellestrisce che ci sia, che però non rinuncia a un pizzico di italianità.
La lasagna che piace agli americani
Specialmente nelle cucine più contaminate, frutto di influenze culturali diverse, il classico timballo di pasta riesce a mettere tutti d’accordo. Lo chef Justin Pichetrungsi del ristorante Anajak Thai Food, per esempio, quest’anno la preparerà per il Thanksgiving (28 novembre), portando avanti una tradizione cominciata dai suoi genitori anni prima. Per chi gestisce un ristorante come la famiglia Pichetrungsi, le grandi occasioni non sono mai sinonimo di riposo: così, per celebrare il Ringraziamento, i genitori dello chef compravano una lasagna pronta al supermercato vicino, che servivano con una Caesar salad confezionata. Nonostante la semplicità degli ingredienti, per il piccolo Justin questo era uno dei momenti più preziosi da trascorrere in famiglia, e allora la lasagna – che oggi prepara in casa – è diventata per lui simbolo di festa e convivialità.
«C’erano un po’ di tendenze anglosassoni e un po’ asiatiche sulla nostra tavola» ha raccontato lo chef al New York Times. Tra questi due grandi filoni, la cucina italiana alla fine ha avuto la meglio. Quella che prepara oggi, naturalmente, non è la classica ricetta emiliana, ma il risultato dei sapori che ha conosciuto e imparato ad amare fin dall’infanzia: il gusto predominante è quello del nam prik ong, una salsa tailandese a base di carne di maiale, pomodori, salsa di pesce e peperoncini, ma poi ci sono anche il basilico italiano e quello talindese, oltre a pasta di gamberetti, salsa di soia e formaggio.
Gli immigrati che portarono la lasagna negli Stati Uniti
Quello di Pichetrungsi non è un caso isolato. Secondo la storica della gastronomia, giornalista e autrice di numerosi best-seller Amy Riolo, la grande ondata di immigrati italiani di fine Ottocento ha portato per la prima volta la lasagna sulle tavole statunitensi. Sembra che gli assistenti sociali dell’epoca consigliassero agli stranieri di non insistere troppo con le loro pietanze e adottare una dieta più americana per integrarsi meglio nel tessuto sociale: le famiglie italiane cominciarono a celebrare il Giorno del Ringraziamento per dimostrare di essersi ben inserite nella società statunitense, mantenendo però un pizzico di casa. Via libera, allora, a purè di patate e tacchino, ma non prima di aver assaporato una bella fetta di lasagna.
In fondo, si tratta del piatto di tutte le feste italiane: a Natale non mancano mai, ma le lasagne sono l’ideale anche per Pasqua, Ferragosto, qualsiasi pranzo della domenica e ricorrenza. Si preparano in anticipo, si farciscono con diversi ingredienti, si adattano a ogni situazione, Giorno del Ringraziamento compreso. Sono il piatto preferito di quella generazione di chef cresciuti negli Stati Uniti da genitori immigrati, che reinterpretano la classica ricetta a modo loro, talvolta trovando diversi punti in comune tra più culture, come nel caso di Pechetrungsi, che sia nella cucina tailandese che in quella italiana può far affidamento su peperoncini, pomodori, aglio e basilico, oltre a «un’atmosfera piuttosto matriarcale quando si parla di tecniche culinarie». Non si sbaglia mai, con la lasagna, «è uno dei pochi piatti che può passare attraverso qualsiasi lente culturale ed essere comunque buono».