Da McDonald’s a L’Apres M
La caratteristica M gialla - icona pop nata dalla stilizzazione degli archi dorati premonitori del successo planetario della catena di ristorazione veloce lanciata da Ray Croc – campeggia ancora sull’insegna dell’ex fast food di Saint Barthelemy, quartiere popolare del quadrante nord di Marsiglia. Ed è la traccia di un passato recente, fatto di cheeseburger ed Happy meal, best seller di uno degli innumerevoli punti vendita della catena McDonald’s in Francia. Oggi, però, l’insegna completa recita “L’Apres M”, a comprendere tutto quello che verrà dopo McDonald’s. Alla fine del 2019, il tribunale sanciva la liquidazione fallimentare della società titolare del franchising del punto vendita, lasciando senza lavoro oltre 50 dipendenti. Negli ultimi mesi, nonostante la pandemia, un collettivo che riunisce ex dipendenti, abitanti del quartiere e associazioni del terzo settore si è ingegnato per ottenere l’usufrutto dei locali altrimenti destinati all’abbandono, per mettere in piedi un progetto sociale destinato a impattare positivamente sulle sorti di un’area di Marsiglia dove il tasso di povertà supera il 40% e si è aggravato ulteriormente in questo frangente.
L’idea del fast food solidale
Dunque dove fino a poco tempo fa c’era un fast food, ora nasce un centro di ristorazione solidale che mette insieme banco alimentare, mensa e spazio formativo finalizzato all’inserimento professionale di persone svantaggiate. La distribuzione dei pacchi alimentari, a partire dal centro di smistamento approntato all’interno dell’edificio, è già iniziata da qualche mese, durante il primo lockdown primaverile. Ma negli ultimi giorni il fast food popolare ha avviato anche il servizio di ristorazione (per ora solo da asporto, nel rispetto delle restrizioni imposte dal lungo lockdown, che in Francia si protrarrà almeno fino al 20 gennaio), proponendo i primi menu a base di hamburger biologici o vegani, ideati col supporto dei ristoratori e produttori locali, che hanno fornito gratuitamente il proprio aiuto e le materie prime. Capofila del progetto, che si propone non solo di offrire un luogo di aggregazione sociale al quartiere ma anche di migliorare l’alimentazione di chi difficilmente può permettersi di acquistare cibo sano e di qualità, è, non a caso, l’ex parlamentare europeo José Bové, attivista, sindacalista ed esponente del movimento no global, che – ironia della sorte – “espugna” un luogo simbolo della globalizzazione dei consumi per farne un polo calato sulle necessità della realtà locale e votato alla democratizzazione del cibo e alla sovranità alimentare (Bové stesso è stato in passato rappresentante dei contadini francesi, fondatore del sindacato agricolo Confederation Paysanne, e in prima persona allevatore di ovini e produttore di formaggio Roquefort. Con la sua Confederazione, nel 1999, intraprese lo smantellamento di un Mcdonald’s in costruzione a Millau, per reagire alle restrizioni statunitensi all’importazione di Roquefort). “Questo spazio diventerà un simbolo di come un luogo deputato a vendere cibo spazzatura possa trasformarsi in luogo di solidarietà” ha spiegato Bové in occasione dell’inaugurazione dell’Apres M “Se è successo qui, può succedere ovunque”.
Cibo sano e buono per tutti
Per questo l’attivista rilancia con una proposta provocatoria, chiedendo a McDonald’s France di cedere il locale di Saint Barthelemy – ancora di sua proprietà - a una cifra simbolica (1 euro) per favorire la sopravvivenza di questo progetto di fast food sociale appoggiato anche dalle istituzioni pubbliche. Nel frattempo il collettivo di quartiere che ha reso possibile l’apertura del primo centro Apres McDo si è costituito in Società Cooperativa di interesse collettivo: tutti i ricavi e le donazioni ricevute saranno reinvestiti nella crescita del progetto sociale. I prezzi di vendita delle pietanze sono stati stabiliti sulla base delle possibilità economiche degli abitanti del quartiere e garantiranno loro di acquistare buon cibo a un costo ragionevole (uno dei modelli più celebri di fast food solidale arriva dalla California di Daniel Patterson, che con Roy Choi ha fondato nel 2016 Locol, avventura durata due anni, prima di rivelarsi non sostenibile), mentre i corsi formativi offriranno a molti l’opportunità di riscattarsi e accedere al mondo del lavoro.
a cura di Livia Montagnoli