Chi è il Maiale Tranquillo
Immaginate un gruppo di maiali, che per due anni condividono una vita in cattività ben diversa da quella degli allevamenti intensivi, dove il rispetto per l’animale è, nella migliore delle ipotesi, solo una pratica da sbrigare. La famiglia Bettella, titolare di una storica azienda agricola nella campagna della Bassa Cremonese, ha fatto della sua diversità una missione, tanto da coniare un nome (anche marchio registrato) che identifica senza timore di smentita i 1200 capi che oggi rappresentano una scommessa vinta nell’arco di oltre un decennio, con la pazienza di aspettare per raccogliere i frutti di un’idea visionaria. Il Maiale Tranquillo non vive in stalle intensive, né è privato della libertà di godere dell’aria aperta: “Nessuno si aspetta da lui prestazioni di crescita performanti, o in tempi ridotti”, enuncia il suo identikit sul sito dell’azienda. E infatti la caratteristica che subito salta all’occhio è la sua stazza (frutto anche di una scelta genetica, da incrocio di razze tradizionali): circa 300-350 chili di peso accumulati in due anni di vita - ben oltre l’età media di un maiale da allevamento - e grazie a un’alimentazione di qualità, a base di mais prodotto ed essiccato in azienda, secondo il principio della filiera chiusa, che si traduce in un grasso di grande valore nutritivo, profumo e gusto. Tecnicamente, dunque, parliamo di un suino padano extrapesante.
La scommessa della famiglia Bettella
L’inventore del Maiale Tranquillo si chiama Giuseppe Bettella. Da suo nonno Angelo ha ereditato l’azienda, e a propria volta ha trasmesso la passione al figlio Stefano: “L’idea è maturata nel tempo, sin dagli anni Settanta, con mio cugino, appassionato gourmand; e si è concretizzata nel 2010, pur consapevoli che si trattasse di una sfida fuori dal mercato, quasi insensata. Insomma, all’epoca non abbiamo pensato al guadagno. Avevamo un allevamento di maiali, già da tempo producevo mangime in azienda, studiando quanto l’alimentazione potesse influire sulla qualità e sul gusto della carne”. Questo, in sintesi, il progetto: allevare i maiali per 22-24 mesi, senza fretta, optando poi per stagionature prolungate (anche oltre i 5 anni) per dare origine a salumi di altissima qualità, utilizzando per lo più tutte le parti del maiale, come avveniva un tempo. “Il nome è venuto di conseguenza: ci siamo accorti che questi maiali, che vivono per due anni insieme in gruppi di 10 in ambienti piuttosto ampi, sono incredibilmente tranquilli, e molto docili. Mangiano bene, trascorrono la propria vita insieme agli amici (perché il maiale è un animale gregario), non sono spaventati”. Arrivare a una linea di prodotti da presentare al mercato, però, non è stato facile: “Abbiamo iniziato da appassionati, testando i primi prodotti in famiglia. Ricordo che mio padre consumava da solo un salame al giorno, e così è vissuto fino a 90 anni. L’unico rimpianto è che non abbia assistito a questo progetto, gli sarebbe piaciuto”.
Una lavorazione complessa
La principale difficoltà nel lavorare le carni del Maiale Tranquillo è costituita proprio dalle sue dimensioni: “Ci siamo subito scontrati con problemi di macellazione: è un capo lungo quanto un bovino, una coscia pesa 35 chili (con la stagionatura scende a 20-22, ndr), al macello dovevamo andare noi per poggiare il maiale sul tavolo, con due contadini robusti. Servivano spazi e tavoli adeguati per la macellazione, attrezzature diverse per appendere… Abbiamo inventato procedura e strumenti da zero. Persino la salatura è diversa, bisogna avere molta cura per salare pezzi così grossi”.
Questo ha significato anche coinvolgere realtà selezionate che fossero disposte a condividere la scommessa (e la fatica!): “Una volta impostato il lavoro, abbiamo selezionato i norcini che potessero garantirci il prodotto migliore, prima di terminare l’affinamento in azienda. Abbiamo cambiato cinque prosciuttifici prima di sceglierne uno di Langhirano, la culaccia invece veniva meglio altrove. Per le affumicature e i wurstel siamo andati in Val di Fassa e Val di Non, per coppa e pancetta nella Bassa Piacentina, per la mortadella a Bologna. Molti si rifiutavano di prendere in carico il lavoro per i costi: ‘Non possiamo vendere una mortadella al prezzo di un prosciutto cotto’, dicevano”.
Resistere sul mercato
Il capitolo costi, come lascia immaginare la cura e la complessità del lavoro, infatti, costituisce un’altra voce fuori dal coro: “I costi sono enormemente diversi, marginalizzi di meno rispetto a un prodotto normale, ma non bisogna ricorrere a compromessi. All’inizio abbiamo cercato di collaborare con realtà più grandi, per entrare su un mercato già stabile. Ma non siamo riusciti a comunicare: l’errore che facciamo noi produttori è svenderci, all’inizio è stata durissima, adesso non siamo arrivati, ma stiamo in piedi da soli. E proprio nei primi mesi del 2020 stavamo crescendo in modo esponenziale. Poi, si è bloccato tutto. Si tratta di resistere, sperando di non ritrovarci circondati da sabbie mobili: è fondamentale che si salvi tutto il sistema”. Il principale cliente di Maiale Tranquillo, infatti, è la ristorazione, anche se negli anni si è estesa in tutta Italia la rete di botteghe che richiede i prodotti per una clientela disposta a spendere qualcosa in più in cambio di qualità: “Oggi riforniamo più di seicento clienti, tutte piccole realtà, e vendiamo molto bene soprattutto nel Sud Italia, dove c’è più attenzione per la qualità del prodotto. Ma ricordo gli inizi: mio figlio si occupava di vendere il prodotto, raccogliendo molte perplessità, per il prezzo, ma anche per come si presentavano i salumi. La nostra culaccia, per esempio, pesa 10 chili e ha quattro dita di grasso… Proprio lì sta la sua bontà, ma ancora oggi qualcuno ce la rimanda indietro, chiedendone una più magra. Non c’è una grande preparazione sui salumi da parte del consumatore, che è abituato al prodotto standard. La tonalità del gusto è sempre la stessa, il prodotto è quello uniforme imposto dalla grande distribuzione. Figurarsi presentare i nostri salumi, così diversi da tutto il resto”.
I salumi di Maiale Tranquillo
Eppure, la soddisfazioni non mancano: “I nostri prosciutti oggi sono esposti nelle migliori gastronomie di Parma… E noi siamo di Cremona!”. Tra i prodotti più apprezzati del catalogo, Giuseppe Bettella segnala la culaccia – “molto riconoscibile, racconta la nostra identità” – la pancetta affumicata, il salame, “che pure io non volevo produrre, perché qui da noi tutti hanno in mente il ricordo di quello prodotto in casa, che per loro è sempre il migliore, anche quando è cattivo”.
Ma c’è spazio anche per un esperimento più estremo, che è il vanto della casa, prodotto in quantità ridottissime: “L’abbiamo chiamato Cotto di gioia, richiede una lavorazione notevole e le persone sono disposte a spendere qualunque cifra per averlo. Giovanni Rana, per esempio, ne va matto. Ma ne produciamo talmente poco che per noi è difficile accontentare le richieste. La particolarità? Il grasso contiene il 52% di acido oleico, una percentuale vicina a quella dell’olio di oliva, e fonde a temperatura ambiente”. A più di dieci anni dall’inizio del “gioco”, insomma, Giuseppe non ha perso lo spirito che l’ha sempre animato: “Ho settant’anni, mi piace dare un senso alla vita. E quando assaggio i nostri salumi ricordo sempre l’espressione di mio padre quando mangiava. Lui era un tipo straordinario, lo chiamavano “il nobile”, perché andava sempre in giro cercando cose buone. E questo è lo spirito che vogliamo preservare e trasmettere”.
Maiale Tranquillo, Azienda agricola Bettella – Gabbioneta Binanuova (CR) – Cascina Casamento - 0372 844464 - www.salumibettella.it
a cura di Livia Montagnoli