Era il 2008 quando due imprenditori romagnoli innamorati della loro terra e della sua cultura, decisero di comprare 125 ettari di terra a Zattaglia, sulle colline che sono tra Brisighella e Riolo Terme, nel cuore del Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola. Li animava una passione sfrenata che era diventato un progetto: allevare la mora romagnola, il maiale di razza nera salvato dall’estinzione da un gruppo di piccoli allevatori, all’aperto in un contesto naturalistico meraviglioso.
Le origini dell'allevamento di mora romagnola
I due sognatori erano Emilio Antonellini, imprenditore con esperienza nell’allevamento, e Leonardo Spadoni, imprenditore nell’agroalimentare con una passione per la qualità. Antonellini aveva cominciato già nel 1999 a comprare esemplari di un certo interesse e aveva avviato le prime esperienze di riproduzione a casa sua, a Bagnacavallo, e forte della sua esperienza costituì il primo nucleo di riproduttori.
Nel 2012 le more arrivano finalmente a Zattaglia. “Ci vorranno anni di lavoro per avere una genetica di livello assoluto, la razza è passata per una strettoia genetica che da una parte l’ha salvata, ma dall’altra l’ha costretta a una ridotta diversità”, disse Antonellini all’inizio di questa avventura. Lui purtroppo non c’è più, ma il lavoro è andato avanti fino ad arrivare ai risultati auspicati. “Oggi abbiamo otto linee di sangue che alleviamo con grande attenzione agli incroci e i maialini nascono tutti perfettamente nei canoni della razza, abbiamo raggiunto un altissimo livello di qualità e affidabilità”, le parole di Ettore Bartoletti, responsabile dell’allevamento, un uomo prezioso che per i primi anni ha trasferito la famiglia tra queste colline e che dal primo giorno lavora a questo progetto.
L’allevamento di Zattaglia è unico perché costruito su misura per le more, studiate qualche anno da Emilio proprio per capire come impostare questa “azienda agricola dei sogni”. Oggi qui da 90 scrofe nascono ogni anno 1200 maialini di mora che vengono allevati all’aperto non appena raggiungono un peso di tranquillità e restano al pascolo per almeno 450 giorni.
La filiera chiusa e la nascita di Officine Gastronomiche Spadoni
Purtroppo Emilio è scomparso e Leonardo Spadoni, che ha acquisito l’intera proprietà, ha portato avanti il progetto chiudendo la filiera con la realizzazione di una azienda di trasformazione, sempre tra queste colline, che arriva sul mercato con il marchio Officine Gastronomiche Spadoni, un marchio che si è conquistato uno spazio di rilevanza nel mondo dei salumi di qualità, a partire dal prosciutto crudo che è il prodotto di punta dell’azienda, al salame gentile, al guanciale (rispettivamente Due Fette i primi due e Tre Fette il guanciale, massimo riconoscimento nela guida Grandi Salumi del Gambero Rosso).
L'alluvione di maggio
Tutto bene? Si, tutto bene fino alla notte del 16 maggio quando a seguito di tre giorni di pioggia la Romagna è stata devastata da allagamenti in pianura e frane diffuse in collina. Ecco allora che quel prezioso gruppo di animali, che rappresenta la metà di tutti gli esemplari di mora esistenti e un nucleo di genetica prezioso, si trova isolato. A difendere questo tesoro è rimasto Ettore: “La prima ondata di piogge era prevista per il 2 e 3 maggio. Noi ci siamo preparati, scorte di cibo, gas, acqua. E in effetti quella prima alluvione è stata affrontata quasi senza problemi. Poi… chi si sarebbe aspettato l’evento catastrofico del 16 maggio? La collina franava dappertutto, la pianura è stata allagata. Sono corso su appena possibile, con qualche difficoltà. La sala parto era allagata, qualche danno sì, ma per fortuna l’allevamento era salvo".
I primi giorni e la ripresa dell'attività
"Ho subito razionato il mangime, purtroppo la prospettiva di un lungo isolamento era reale. Ho fatto preparare dei sacchi di cibo da 10 qli, quelli che eventualmente si possono trasportare anche con l’elicottero, poi con molta pazienza e un po’ di coraggio siamo riusciti ad arrivare su, a passo d’uomo, scortati dalla polizia. La corrente elettrica è mancata per dieci giorni e abbiamo messo in modo un generatore potente che abbiamo in azienda. Per alcune settimane non abbiamo potuto spostare gli animali, il nostro stabilimento di trasformazione era fermo. Per fortuna una rete di artigiani ci ha dato una mano e così ci siamo lasciati alle spalle il periodo più duro. Ora l’allevamento è ripartito a pieno regime e vedere i maiali pascolare tranquilli tra i gessi del parco regionale regala una soddisfazione doppia”. Una storia a lieto fine che racconta di una filiera unica, ma anche del carattere di un popolo straordinario.